La vita di milioni di civili yemeniti è in pericolo poiché la coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita limita l’ingresso nel Paese di forniture essenziali come cibo, carburante e medicinali e la loro distribuzione viene poi rallentata dalle forze Huthi (gruppo armato dello Yemen). Lo ha denunciato Amnesty International in un rapporto pubblicato venerdì scorso.
Dal 2015 la coalizione militare a guida saudita ha rafforzato a più riprese il blocco navale dei porti di Saleef e Hodeidah, controllati dagli Huthi, limitando l’ingresso di prodotti d’importazione di primaria necessità. Da subito l’Arabia Saudita ha iniziato a ispezionare le navi e a ritardare o negare l’accesso ai porti del mar Rosso, sostenendo che era necessario attuare l’embargo sulle armi deciso dalla risoluzione 2216 del Consiglio di sicurezza. Nello stesso anno, per rispettare tale embargo, è stato istituito il Meccanismo Onu d’ispezione e verifica nei confronti delle navi dirette verso i porti yemeniti.
Tuttavia, la coalizione ha proseguito a ispezionare le navi, anche quelle autorizzate dal Meccanismo a entrare nei porti del mar Rosso, col risultato che queste ultime hanno dovuto attendere una media di 120 ore nel marzo 2018 e di 74 ore nel mese successivo prima di poter attraccare.
Il 15 marzo 2018 il Consiglio di sicurezza ha sollecitato gli Stati membri a ispezionare le navi già autorizzate dal Meccanismo “in maniera efficiente e tempestiva”. La coalizione militare a guida saudita ha continuato a ignorare la richiesta e a usare il regime delle ispezioni per impedire l’ingresso nello Yemen di prodotti fondamentali e di aiuti umanitari.
Questa situazione ha aggravato la mancanza di carburante che, a sua volta, ha ridotto l’accesso al cibo, all’acqua potabile e ai prodotti igienico-sanitari contribuendo alla diffusione di malattie facilmente prevenibili. Secondo cinque operatori sanitari intervistati da Amnesty International, la mancanza di carburante ha reso più difficile il funzionamento degli ospedali che ora hanno bisogno di generatori autonomi di elettricità.
La settimana scorsa, in un’ulteriore escalation della crisi, le forze yemenite leali alla coalizione militare a guida saudita hanno lanciato un’offensiva contro Hodeidah. Isolare questa fondamentale linea di rifornimenti peggiorerebbe quella che già oggi è una delle più gravi crisi umanitarie al mondo. Amnesty International se la prende anche con le forze Huthi, che cercano di controllare in tutti i modi la distribuzione degli aiuti, dai destinatari alle aree di arrivo.
Procedure burocratiche arbitrarie ed eccessive limitano il movimento del personale umanitario e degli aiuti. La cosa più difficile è far uscire le forniture dai magazzini, una volta arrivate nello Yemen. In un caso, ci sono voluti due mesi per farle partire dalla capitale Sana’a. Molti operatori umanitari hanno raccontato che rappresentanti del governo hanno chiesto tangenti per approvare progetti o spostamenti di personale umanitario.
Sulla base del diritto internazionale umanitario, tutte le parti sono obbligate a consentire e facilitare la distribuzione rapida e non ostacolata dell’assistenza umanitaria imparziale a tutti i civili che ne hanno bisogno. Esse, inoltre, devono garantire libertà di movimento al personale umanitario autorizzato.
Pertanto, Amnesty International ha chiesto al Consiglio di sicurezza di fare in modo che tutte le parti in conflitto consentano alle agenzie delle Nazioni Unite e alle organizzazioni umanitarie di portare a destinazione rapidamente e senza ostacoli cibo, carburante, medicinali e altre forniture mediche ai civili che ne hanno necessità. Il Consiglio di sicurezza dovrebbe imporre sanzioni mirate nei confronti di chi ha ostacolato l’assistenza e ha commesso ulteriori violazioni del diritto internazionale umanitario.