Barbiana, monte Giovi, Mugello. Tira dagli Appennini un vento che si mischia al sole mentre don Giovanni Landini, parroco fino ad un anno fa di questi territori, celebra la messa in ricordo di don Lorenzo Milani, morto il 26 giugno del 1967, a 44 anni. Era un lunedì, e al funerale c’erano solo tre preti, di cui due in seguito hanno abbandonato la tonaca. Tutt’altra scena, un anno fa, quando il 20 giugno a Barbiana, 800 metri di altezza, a rendere omaggio è venuto papa Francesco e con lui uno stuolo di vescovi e preti. E Bergoglio indicò in don Lorenzo “un prete modello, da imitare”.
Ma un anno dopo, a Barbiana, nell’anniversario della morte del priore, autore con i suoi ragazzi di Lettera a una professoressa e di L’obbedienza non è più una virtù, ci sono i soliti pellegrini e due messe, celebrate da don Landini e don Sandro Lagomarsini, che nel 1968, sullo stile e i valori di don Milani, diede vita nella sua parrocchia, in un borgo dell’entroterra della Spezia, ad una scuola popolare per adulti.
Il cardinale di Firenze Giuseppe Betori invece non è salito a Barbiana. Così come i preti e i vescovi di un anno fa. E così Barbiana e il suo priore sono tornati ad essere emarginati e scomodi. Persino i gabinetti installati dalla Curia fiorentina in tutta fretta per l’arrivo del Papa, suscitando non poche polemiche per il timore che la visita di Francesco trasformasse Barbiana in un santuario con annessi alberghi e ristoranti, non funzionano perché pare che manchi l’acqua. Così il pericolo di una Barbiana santuario di Dio è stato sventato. Don Milani evidentemente non ha le stimmate della santità che attira fedeli e oboli, preghiere e affari.
A sottrarre don Milani dalla solitudine della ricorrenza mancata, ci ha pensato Sandra Gesualdi, la figlia di Michele, uno degli allievi prediletti del priore, morto nel gennaio scorso perché malato da tempo di Sla, che ha reso pubblica una lettera del padre a Matteo Salvini. Tre anni fa il leader leghista citò don Milani elogiando la sua L’obbedienza non è più una virtù, a proposito del dovere della disubbidienza nei confronti di leggi sbagliate. Gesualdi fece omaggio a Salvini di una copia del libro citato “perché probabilmente non hai approfondito nulla del suo pensiero e della sua opera e parli per sentito dire e forse sbagli personaggio”.
E aggiunse, Gesualdi: “Per stimolarti a leggerlo ti trascrivo una frase contenuta nella lettera ai cappellani militari, che fu incriminata”. La frase è agli antipodi della politica di Salvini verso gli immigrati: “ Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che nel vostro senso io non ho patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia patria, gli altri i miei stranieri”.
Così da Barbiana e dal suo priore, dimenticati dalla Chiesa, torna a soffiare il vento dell’eresia civile e nel mirino cade proprio il leader indiscusso dell’attuale momento politico: “Don Milani sarebbe stato sicuramente uno che tu avresti voluto cacciare come straniero, del resto coloro che oggi sarebbero stati tuoi sostenitori cercarono di cacciarlo in galera e non ci riuscirono unicamente perché Dio lo chiamò a sé qualche mese prima che la sentenza di appello condannasse lo scritto”, conclude la lettera Michele Gesualdi.