Come facevano i gestori de L’Azalea a spendere “un euro e 66 a testa, pranzo e cena” per ogni richiedente asilo? Semplice: davano ai loro ospiti cibo scaduto. E’ quanto emerge dalle carte dell’inchiesta della Procura di Latina sulla gestione di alcuni Centri di accoglienza straordinaria da parte di due onlus di Fondi, nel sud pontino.
Tutto nasce il 20 marzo 2017, quando gli ospiti delle strutture create dalla onlus presieduta da Luigi Pannozzo, finito in carcere, si affollano davanti alla Prefettura del capoluogo per fare una denuncia pubblica: “Ci danno cibo scaduto o deteriorato”, lamentano e mostrano agli agenti della Digos intervenuti per calmare gli animi frutta andata a male e confezioni di carne sulla cui etichetta figurava la data di scadenza del 13 marzo. “E’ questo che ci danno, al centro d’accoglienza”, protestano.
Una circostanza confermata dagli stessi responsabili dell’associazione sottoposti a intercettazione: “Stavo con Giacomo al supermercato – dice al telefono Paolo Giovanni De Filippis, socio fondatore de L’Azalea finito ai domiciliari, a Graziano De Luca, definito nelle carte socio occulto e finanziatore della stessa onlus, anch’egli ai domiciliari – stavamo a prendere tutte cose che scadono tra 3-4 giorni… perché non le possono tenere più nella vendita (…) così ci prendiamo a prezzo di costo…”.
La protesta sotto gli uffici della Prefettura scatena il panico ai vertici de L’Azalea. “Sono andati alla Questura – dice al telefono alle 11.23 dello stesso 20 marzo Soraya, dipendente della onlus, al presidente Pannozzo – alla Questura ci hanno detto che ci hanno i cibi scaduti … fai qualcosa subito… Giacomo ha avvisato Filiberto.. ‘vai a prendermi pure le scatole vuote’, gli ho detto… leva tutto di là… leva tutto nel magazzino… mo’ faccio sparire tutto mo’…”.
Alle 11.27 Soraya racconta l’accaduto a Orlando Tucci, rappresentante legale e socio amministratore di un’altra onlus, la Philia, finito agli arresti domiciliari con l’accusa di spartirsi la gestione dei richiedenti asilo con Pannozzo senza le dovute comunicazioni alla Prefettura. A quel punto Orlando si mette al telefono. Prima chiama Francesco, dipendente: “Devi controllare se ci stanno cose scadute alle case… nella casa a San Magno… – lo avverte – stanno a venire i Nas (Nucleo Anti Sofisticazione e Sanità dei Carabinieri, ndr), hai capito?”.
Trenta minuti dopo Tucci chiama Chiara, un’altra dipendente. E la telefonata getta un’altra luce sinistra sul cibo che viene somministrato ai richiedenti asilo: “Chiara, facci buttare pure le cose che stanno nel congelatore… che non hanno una scadenza… capito?… Butta tutto“, ordina Orlando. Dieci minuti dopo, alle 12.42, la chiama di nuovo: “Il congelatore è svuotato – lo rassicura la dipendente – ho tolto la roba dal congelatore… però mo’ sta tutta quanta dentro una busta vicino la monnezza… quindi è monnezza – prosegue la donna – poi nel momento in cui se ne vanno i controlli la rimettono nel congelatore e ci fanno quello che ci pare”. Tradotto: possono anche ridarla da mangiare ai migranti. E qualcuno la chiama “pacchia“.