Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore. A forza di scoperchiare matrioske a Russia 2018 invece di trovarci gol memorabili scopriamo solo ciabattate dagli undici metri. Una più terrificante dell’altra. C’è da aver paura. Dal dischetto del rigore “di doman non c’è certezza”. Che sia lo Spartak Stadium o l’Arena di Kazan, il Telstar 18 non va in rete nemmeno a piangere. E finché a tirare è il peruviano Cueva il sussulto è ai livelli del nocciolo di ciliegia andato per traverso. Se il tiro ciofeca è dell’islandese Sigurdsson schiacci perfino un pisolino con bavetta alla Homer Simpson.
Ma quando a fare cilecca sono i campioni, le perfette macchine da gol, questi robot che non dovrebbero sbagliare nemmeno un congiuntivo, ti scappa quasi da ridere. Sarà stata colpa delle vuvuzela dei tifosi iraniani, suonate per tutta la notte davanti alla sua finestra dell’hotel, ma Cristiano Ronaldo contro l’Iran ha tirato un rigore da principiante come nemmeno Bonini in San Marino-Trinidad e Tobago. Sembrava aver fretta, Ronaldo. Una pratica burocratica da espletare veloce scavalcando la fila. Vado, tiro e torno. “Mangiato in fretta, mangiato troppo eh?”.
Anche uno spossato CR7 nella sua immensa perfezione tira una ciabattata. Forte sì, ma parabilissima. E sembra lo stesso rigore sbagliato da Messi in Argentina-Islanda. Ribaltate il tiro alla destra del portiere e il tiro loffio è identico. Perché l’alchimia del calcio dal dischetto rimane uno di quei misteri alieni che dopo cento anni non trovano ancora soluzione. Fino a poco prima di Russia 2018 chi si guadagnava un rigore all’improvviso, esultava come un pazzo, quasi l’avesse già segnato. Fateci caso. A questi mondiali quando l’arbitro assegna un rigore, dopo l’interminabile perizia del VAR (mimate pure il rettangolo del monitor, grazie), molti giocatori nemmeno alzano un avambraccio per la gioia.
Sui campi del sacro suolo russo si registrano gesti apotropaici. Si tocca ferro. Una sfregatina agli zebedei. No, guardi signor arbitro, ho simulato. Il rigore se lo sta inventando. Ero rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. La tintoria non mi aveva portato il tight. C’era il funerale di mia madre. Era crollata la casa. C’è stato un terremoto. Una tremenda inondazione. Le cavallette. Colpa del VAR. Ogni due per tre ci si ferma a dare una sbirciatina alla tv. Ieri notte dalla sala della moviola di San Pietroburgo hanno risolto il mistero attorno al gol fantasma di Hurst ai mondiali del ’66 (era gol). Poche ora fa a Kaliningrad si è scoperto che la rete di Schiavio nella finale di Italia ’34 non era valida (e che in tribuna tra Mussolini e Hitler c’era una figura che somigliava a Putin). Da ventiquattro angolazioni diverse.