Quattro milioni e centomila euro. Per la precisione 4.114.112,20 euro. Sulla pelle dei richiedenti asilo. Sono i danari pubblici arrivati in poco più di due anni mezzo sui conti correnti del La Ginestra. La onlus del presidente Luca Macaro, finito in carcere nell’inchiesta della Procura di Latina, gestisce diversi centri, tra i quali Villa Luda, situato in Via Zara, a Fondi, per la quale il capo paga 6mila euro al mese di affitto, un prezzo quadruplo rispetto a quello che l’organizzazione paga per altre strutture, come quella de La Ginestra, in via Fermi, (simile per conformità e caratteristiche, annotano gli inquirenti) e superiore alla spesa per l’edificio de Piccola Africa, in via Chiarastella: 5.000 euro per una cubatura decisamente maggiore. Perché questa differenza? I 6mila Macaro li paga ai suoi genitori, proprietari dell’immobile di via Zara.
Macaro prende un sacco di soldi dalla Prefettura, ma Villa Luda – che arriva ospitare 39 migranti a fronte di una capienza di 11 certificata dalla Asl – è un porcile: durante i controlli, scrive il Giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza di custodia cautela, “è stata riscontrata la presenza di sporcizia ovunque, di ratti nei pressi degli avanzi del cibo lasciato in giacenza, nonché cibo avariato negli armadi, muffa ovunque e un forte sgradevole odore“.
Certo, la famiglia Macaro intasca un sacco di soldi che poi non reinveste per la pulizia e la manutenzione dei centri. Tanti soldi. Gli inquirenti li hanno quantificati in 537mila euro nell’arco di 30 mesi, tra il febbraio 2015 e l’agosto 2017: 102mila euro a lui in qualità di presidente, 141mila ai genitori Cinzia Agresti e Mauro Macaro per l’affitto dell’immobile di via Zara e 294mila alla madre in qualità di presidente della Coop Villa Lu.Da Onlus.
Ma i soldi sotto il cuscino Luca non li vuole tenere, punta a investire. Vuole aprire un negozio e sistemarsi comprando un immobile. Lo racconta il 13 marzo 2017 al suo contabile: “Dobbiamo aprire questa società … che dobbiamo aprire un alimentari…”. E il 20 marzo parla con il suo agente immobiliare dell’acquisto di un’abitazione: “La casa l’ho chiusa a 314mila euro e non a 325 – gli comunica Massimo – se mi mandi un documento di riconoscimento e codice fiscale… ti preparo la proposta”.
Anche Luigi Pannozzo, presidente de L’Azalea, altra onlus finita sotto la lente d’ingrandimento della Procura di Latina, sogna in grande. I soldi della Prefettura arrivano, occorre investirli. Tra il novembre 2016 e il giugno 2017 la sua “organizzazione non lucrativa di utilità sociale” incassa 630mila euro. Una parte – 168mila – vanno alla Philia, onlus con la quale L’Azalea si spartiva i migranti all’insaputa della Prefettura, il resto sono a disposizione. I soldi arrivano, ma Pannozzo non è sereno: “Non dormi più tranquillo – gli dice al telefono il 28 febbraio 2017 una non meglio specificata Donatella al telefono – non stai a vivere più tranquillo…”. “Eh, lo so – replica lui – ne vale la pena fino a quando mi sono messo da parte un milione di euro“.
A cosa gli servono? Una parte li vuole investire nel mattone. Così lo stesso giorno telefona allo zio Marco: “Mica mi puoi vedere una cosa giù… da comprare…”. “Ce n’è tante di case belle in vendita adesso”, replica l’interlocutore. Cosa intende Pannozzo per “giù”? Lo esplicita pochi giorni dopo in una telefonata alla zia Carmina: “Zia, ho chiesto a zio che mi vede… mo’ mi compro una casa già a Messolonghi“. In Grecia. E la zia lo mette in guardia: “Li devi giustificare questi soldi… dove li hai presi, capito? (…) Stai attento a come ti muovi”. “Sì – la rassicura Luigi – la prendo, tra due anni me ne vado là… me ne vado in pensione là”. Sulla pelle dei richiedenti asilo.