La procura di Milano ha presentato ricorso in appello per chiedere di ribaltare la sentenza con cui lo scorso dicembre il Tribunale ha assolto dall’associazione per delinquere l’ex numero uno di Bpm Massimo Ponzellini, il suo allora braccio destro Antonio Cannalire, l’avvocato Onofrio Amoruso Battista, all’epoca dei fatti proboviro di Bpm, tra gli imputati nel processo sul caso di Banca Popolare di Milano e dei presunti finanziamenti illeciti concessi a imprenditori.
La prima sezione penale, presidente Guido Salvini, Andrea Ghinetti e Chiara Nobili a latere, aveva in realtà assolto dallo stesso reato altre persone ma il pm Mauro Clerici ha impugnato solo per l’ex banchiere e i due coimputati in quanto ritenuti “promotori” dell’associazione per delinquere. Per i giudici, si legge nelle loro motivazioni, dal dibattimento non è emersa alcuna prova che ci fosse l’ipotizzata “struttura parallela” all’interno dell’istituto di credito di piazza Meda con una stabile e autonoma organizzazione e “men che meno alcun autonomo interesse dell’ipotizzato sodalizio”.
Ponzellini, lo scorso 20 dicembre, era stato condannato a un anno e mezzo solo per uno dei tanti capi di imputazione, un fatto di presunta corruzione privata (riconosciuto il risarcimento in sede civile alla parte civile Bpm), assieme all’imprenditore Camillo Colella, condannato a nove mesi. Gli altri capi di imputazione del processo erano caduti nel merito “perché il fatto non sussiste”, e perché in parte prescritti.
Secondo le accuse dei pm Roberto Pellicano (nel frattempo nominato procuratore a Cremona) e Mauro Clerici, Bpm avrebbe erogato prestiti in modo irregolare per oltre 230 milioni di euro. In cambio Ponzellini e alcuni dei coimputati avrebbero ottenuto compensi ritenuti illeciti per circa 2,4 milioni. La gestione di Bpm da parte di Ponzellini, avevano detto i pm in requisitoria, “è stata politica, infarcita di interessi personali” che hanno “comportato la formazione di una struttura parallela deviata, con il fine di erogare finanziamenti a soggetti segnalati da ambienti della politica e dal mondo imprenditoriale”. Era Cannalire, secondo i pm, a tenere i contatti con i politici, con cui aveva anche “rapporti diretti” poiché “dotato di proprie relazioni” come quelle con l’ex ministro Paolo Romani che “considerava un amico”, o Daniela Santanchè, oppure con l’imprenditore Paolo Berlusconi, al quale “dava del tu”. Nessuno di loro, però, è mai stato indagato. E la sentenza emessa dalla corte presieduta dal giudice Guido Salvini non aveva riconosciuto fondato l’impianto accusatorio del processo. Ma ora saranno i giudici di secondo grado a confermare il verdetto di primo grado o accogliere la tesi dell’accusa.