Un caso che ha disegnato una linea immaginaria tra un prima e un dopo Alfredo Robledo. E che il giornalista Riccardo Iacona prova a raccontare nella sua ultima inchiesta, pubblicata da Marsilio, “Palazzo d’Ingiustizia. Il caso Robledo e l’indipendenza della Magistratura”. “Palazzo d’Ingiustizia parte dall’analisi dell’esposto che Robledo ha consegnato nell’aprile del 2014. Un esposto che rappresenta una miniera di storie, di racconti e ho pensato, spiega Iacona, che valesse la pena mettere per iscritto per consegnare alla memoria storica di questo paese, la storia di un uomo che ha combattuto, fino all’ultimo, per l’autonomia dei Pm della funzione requirente. Questa è una storia importante per la giustizia italiana, a prescindere da caso personale”. L’inchiesta racconta una serie di irregolarità che secondo Robledo sarebbero state commesse da Edmondo Bruti Liberati nell’assegnazione dei fascicoli ai vari pool. Nel 2015 questo è costato il trasferimento a Robledo, da parte della sezione disciplinare del Csm a Torino, come giudice e non più come pubblico ministero. Anche se poi successivamente la Cassazione ha decretato che Robledo restasse sì a Torino ma come secondo procuratore aggiunto.
“Questo libro affronta con coraggio il tema dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura. L’autogoverno della magistratura – spiega Nino Di Matteo, sostituto procuratore Direzione Nazionale Antimafia e antiterrorismo – non tutela più l’indipendenza dei singoli magistrati ma spesso è finalizzato a spartire posti di potere a nominare capi degli uffici, che siano sensibili alle sirene e ai desiderata della politica”.