“Pd? Nonostante tutti gli errori commessi, sento ancora dire dai renziani: ‘Abbiamo perso i ballottaggi ma non c’era Renzi‘. In realtà, Renzi ha ancora un mano tutto il partito. Quindi, anzitutto, ammettiamo che Renzi negli ultimi anni ha fatto una sorta di curatore fallimentare di ciò che già era agonizzante. Ha effettivamente rottamato il partito. Ora si riparta”. Sono le parole del giornalista de Il Fatto Quotidiano, Andrea Scanzi, commentando a Otto e Mezzo (La7) la débâcle del Pd alle ultime elezioni amministrative. Scanzi aggiunge: “Per far ripartire il Pd, non serve cambiare solo il nome. Se cambi il nome e basta, ma dietro ci sono sempre le stesse persone, è solo una operazione di maquillage. Va invece trovata anche una classe dirigente nuova, perché, se si cambia il nome, ma poi ci sono i Franceschini, gli Orlando, i Martina, è difficile che la gente che vota Salvini e Di Maio corra in massa a votare il Pd. Se oggi parliamo ancora di Renzi” – continua – “è proprio perché ai suoi antipodi c’è stata una classe dirigente interna molto debole. Qualsiasi altro partito già il 4 dicembre 2016 avrebbe cambiato pagina. Renzi ha sempre inseguito l’idea del leader solitario al punto tale che la sua classe dirigente era fatta da persone che tuttora vanno in tv a spiegarci perché il Pd ha perso, facendo finta di non sapere che sono anche loro gli artefici della sconfitta”. E sottolinea: “E’ giustissimo dire che il Pd è in crisi, visto che è riuscito a perdere persino in Toscana ed era inconcepibile immaginare i dem perdere a Siena. Ma vorrei ricordare che il 4 marzo il Pd ha preso più voti della Lega. E chi ha ridotto all’isolamento e all’inutilità politica il Pd è Matteo Renzi, che ha detto di non voler andare col M5s altrimenti il partito sarebbe stato cannibalizzato. E ha aggiunto che avrebbe mangiato i popcorn nel vedere i 5 Stelle sfasciarsi. Tre mesi dopo il risultato è che il M5s non scende, la Lega ha raddoppiato il consenso e del Pd non si parla più”. Alla domanda della conduttrice Lilli Gruber, che gli chiede dov’è la sinistra in Italia, la firma del Fatto risponde: “Non la trovo o meglio la trovo in alcuni pezzettini di qua e di là. E’ come se uno dovesse fare una sorta di miscellanea di persone che si stimano: un po’ di Cuperlo, un po’ di Civati, un po’ di Landini, un po’ di Montanari. Poi bisogna shakerare bene, unire il tutto e provare a votarli. Però siamo veramente all’abracadabra multiplo”. E tornando alla crisi del Pd, menziona l’ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ieri ospite di Omnibus, su La7: “L’esponente della minoranza dem giustamente diceva che quello che attende il Pd richiederà tantissimo tempo. Non è che per imparare il nuovo linguaggio della politica e per adattarsi a uno scenario diverso servirà poco tempo. E innanzitutto bisognerà fare una cosa che, secondo me, non è mai stata ancora fatta nel centrosinistra: rendersi conto che è stato sbagliato tutto negli ultimi anni. Per elaborare un lutto e anche una ripartenza bisogna prima ammettere il fatto che si sia sbagliato tutto”
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