Da circa 24 ore il Corpo forestale regionale della Sardegna ha un nuovo comandante: è Antonio Casula, 52 anni e laurea a pieni voti in Scienze forestali a Firenze (qui il suo curriculum ). E già direttore dell’Agenzia regionale Forestale che gestisce, cura e valorizza il patrimonio boschivo dell’isola: 5mila e trecento dipendenti e 220mila ettari di territorio, il 10 per cento della Sardegna. La nomina di Casula, però, ha scatenato dure polemiche. A sollevarle per primo è Alberto Manca, deputato del Movimento 5 stelle neoeletto nel collegio 2 Sardegna Nord. Nuorese, 34 anni, una laurea in Agraria dal 2007 è dipendente proprio del Corpo forestale come ‘assistente’. Un interno, insomma. Per Manca la nomina di Casula è “un atto grave e irresponsabile”.
Il deputato M5s: “Condannato per reatri contro i beni paesagistici” – Il parlamentare attacca la giunta regionale di centrosinistra che ha nominato il nuovo numero uno dei forestali, su indicazione dell’assessora all’Ambiente, Donatella Spano. “È l’ennesima umiliazione che la vecchia politica intrisa di clientelismo e logiche spartitorie ha voluto infliggere ad un Corpo già pieno di problemi ma anche a tutti i cittadini sardi, i quali pretendono che i vertici delle pubbliche amministrazioni siano rappresentati da profili che godono di unanime prestigio, indiscussa moralità e comprovata competenza”, dice Manca. Eppure nella nota istituzionale che spiega la nomina del comandante si citano le competenze e l’esperienza di Casula, definita come “determinante” per la sua scelta. Il parlamentare contesta però il fatto che il nuovo comandante sia “condannato per reati contro beni paesaggistici”. E al fattoquotidiano.it Manca aggiunge: “Assurdo metterlo alla guida del Corpo forestale: anche perché il corpo ha poteri di polizia giudiziaria per perseguire proprio quel tipo di reati”.
Il caso Marganai – Ma a cosa è legata la condanna citata dal deputato del M5s? Il 24 gennaio del 2018 è stato infatti emesso a carico di Casula un decreto penale di condanna ”in relazione all’inchiesta sull’inopportuna e comunque illecita ceduazione di lecceta nella foresta di Marganai (tra Domusnovas, Iglesias e Fluminimaggiore)”. Un progetto che avrebbe dovuto coinvolgere 550 ettari nel cuore del Sulcis, nel sud- ovest, che nei propositi citava proprio l’equilibrio tra la gestione sostenibile della foresta tutelata e la sua valorizzazione, anche economica. La ragione della condanna è la mancata richiesta dell’autorizzazione paesaggistica, vincolante e indispensabile, alla Sovrintendenza dei beni paesaggistici di Cagliari. A scoprirne la mancanza è il nuovo sovrintendente Fausto Martino quando nel settembre del 2015 viene trasferito da Salerno alla Sardegna. Martino approfondisce il caso – di cui si è occupato per primo il giornale online SardiniaPost – impone lo stop ai tagli (fermi a 35 ettari) e informa la procura di Cagliari. Il pm Andrea Schirra apre quindi un fascicolo e da lì arriva la condanna al pagamento di un’ammenda per Casula, per i due progettisti e per il presidente della coop che materialmente aveva lavorato per produrre pellet e legna da ardere. Il gruppo di lavoro, dal canto suo, ha sempre difeso l’impianto del progetto. Fatta salva la richiesta di quella autorizzazione. Una svista? Un intoppo burocratico? Manca risponde così: “Impossibile per un addetto ai lavori e massimo responsabile come Casula”. Da qui l’inopportunità della sua scelta al vertice dei forestali. Sostiene ancora Manca: “Aspettavamo la riforma del Corpo forestale e nulla. Ora tra tanti profili disponibili e di alto livello, interni ed esterni, arriva questa nomina di cui già si vociferava da tempo tra dipendenti “. La posizione del deputato è la stessa di Grig (Gruppo di intervento giuridico), associazione ambientalista guidata da Stefano Deliperi che segue da tempo la vicenda: “Perché un condannato ai vertici?”, dice.
Il rinvio a giudizio in odor di prescrizione – Tra l’altro, il decreto penale di condanna non è l’unico neo nel curriculum di Casula. La sua esperienza al vertice dell’Ente Foreste (questo il nome precedente della stessa agenzia regionale) era stata già oggetto di veleni, ricorsi e sentenze del Tar, poi ribaltate dal Consiglio di Stato nel 2016 con il reintegro. Tutto partito da alcune segnalazioni di un dirigente. Il comandante era stato tra l’altro è stato rinviato a giudizio per turbativa d’asta e frode nelle pubbliche forniture per una indagine legata al suo incarico di commissario straordinario del comune di Seneghe, in provincia di Oristano. Una vicenda che risale al 2012 e che ormai è in odore di prescrizione. Lui stesso, poi, dichiara in una documento riservato di essere stato condannato per guida in stato di ebbrezza nel 2000.