L’assegno, se il provvedimento sarà approvato, sarà calcolato moltiplicando il montante contributivo individuale per il coefficiente di trasformazione relativo all’età anagrafica del deputato alla data di decorrenza del vitalizio o del trattamento previdenziale pro rata
Una vera e propria mannaia si abbatterà, dal 1° novembre 2018, su 1.338 dei 1.405 ex deputati. Che dovranno tirare a campare con un vitalizio decisamente più ridotto rispetto a quello finora percepito. A tre mesi dall’insediamento del Parlamento, il cappio del Movimento 5 stelle si stringe intorno al collo del privilegio più odiato dagli italiani. Un salasso da 136,1 milioni di euro all’anno solo alla Camera (più altri 86,4 al Senato) ormai con le ore contate. Grazie alla delibera approntata dal Collegio dei questori, frutto del lavoro dell’ex questore anziano e neo ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, dal 27 giugno all’esame dell’Ufficio di presidenza della Camera presieduto da Roberto Fico. Un provvedimento dal quale a Montecitorio ci si attende un risparmio stimato in 40 milioni l’anno.
Ma cosa prevede, nel dettaglio, la delibera? “A decorrere dal 1° novembre 2018 gli importi degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità (mogli, figli, fratelli e sorelle superstiti, ndr), e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, maturati, sulla base della normativa vigente alla data del 31 dicembre 2011 (dal 2012 in poi è subentrato il sistema contributivo, ma chi era già in carica beneficia del retributivo per gli anni precedenti, ndr), sono rideterminati secondo le modalità” previste dalla delibera arrivata oggi sul tavolo dell’Ufficio di presidenza di Montecitorio.
L’assegno sarà calcolato moltiplicando il montante contributivo individuale per il coefficiente di trasformazione relativo all’età anagrafica del deputato alla data di decorrenza del vitalizio o del trattamento previdenziale pro rata. La delibera fissa però dei tetti minimi. Innanzitutto l’assegno vitalizio non può essere in ogni caso inferiore ai 980 euro al mese, vale a dire l’importo lordo che, a partire dalla riforma in vigore dal 2012, l’ex deputato matura con una legislatura completa alle spalle. Inoltre, se per effetto del ricalcolo “l’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità”, compresi i trattamenti pro rata, “risulti ridotto in misura superiore al 50 per cento rispetto all’importo” dell’assegno, calcolato in base al Regolamento in vigore alla data dell’inizio del mandato parlamentare, all’ex deputato sarà corrisposto l’assegno minimo (980 euro) aumentato della metà (altri 490), per un totale di 1.470 euro al mese. Ma non è tutto. Viene, infatti fissato anche un tetto massimo. L’ammontare dei vitalizi “non può comunque superare l’importo dell’assegno” determinato in base alle regole di calcolo vigenti al momento in cui l’ex parlamentare ha iniziato il mandato. In pratica si tratta di una norma che sterilizza l’effetto collaterale del ricalcolo contributivo per gli ex deputati di lungo corso il cui assegno, vista la grande mole di contributi versati, finirebbe addirittura per aumentare applicando il nuovo sistema. Una situazione che interessa 67 ex deputati con almeno 4 legislature alle spalle i cui assegni, in pratica, resteranno invariati. Ben altra sorte toccherà, invece, agli altri 1.338 che saranno tutti ritoccati al ribasso.