Ci stiamo tutti quanti macchiando di vergogna. Anche adesso, mentre fintamente distratti viviamo il nostro qualunque lasciando che il Paese che siamo trasformi la tratta di esseri umani in un mercato del consenso. Adesso che uomini neri vengono riciclati in elettori bianchi. Adesso che la propaganda è tornata a farsi sui “diversi”. Adesso che concetti terribili e idee ignobili emergono da un passato relegato e rilegato.

Questa non è la mia Italia. Fondata sulla Costituzione, nella nostra storia abbiamo i segni della Resistenza a ciò che è ingiusto. Parola bellissima, Resistenza, che oggi come mai deve rinascere con un senso nuovo eppure fedele all’originale.

Bruno Valentini, da qualche ora ex sindaco dell’ex Siena rossa per poco meno di 400 voti, ha usato quella parola all’indomani della sconfitta elettorale: “Non sia ora il momento della solita resa dei conti nel centrosinistra. Adesso bisogna stare compatti per difendere i valori in cui ci riconosciamo, adesso comincia la Resistenza”. Nella notte, quando il candidato di Lega, Forza Italia e Fratelli di Italia ha gioito con i suoi in Piazza del Campo, con loro c’era anche un manipolo di Casapound che ha innalzato terribile il suo “Viva il Duce”.

Io però non mi rivolgo all’antifascismo o a quello che è diventato, io parlo all’Italia del buon senso, a chi non vuole altri odi per alimentare sondaggi voraci. Parlo alla sinistra prigioniera di un partito che solo accettando la sua morte potrà lasciare spazio a qualcosa di diverso e di migliore; parlo ai 5 stelle, che nella loro costellazione mai avevano inserito immigrazione e nazionalismo; parlo alla destra liberale, accantonata e tacita; parlo a una classe culturale nuova, a scrittori, artisti e pensatori chiamati come mai prima a sollevare la voce e le coscienze non per marketing ma per umanità.

E poi parlo ai trentenni come me, ai ragazzi un po’ più giovani: che come i loro nonni oppressi da divise nere e i loro padri sessantottini restii ai colletti bianchi, devono prendere coscienza del mondo e scegliere in quale Italia vorranno vivere. Guardare, riflettere e pensare di testa propria è di per sé la prima forma di Resistenza. Non è il momento dell’omertà moderna né delle rivalse nostalgiche: questo è tempo di un risveglio civile e democratico, individuale e collettivo, fatto di impegno e per coscienza.

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