di Carblogger
Sergio Marchionne lascia il volante di Fiat Chrysler entro aprile 2019, e questo lo sappiamo. Marchionne ha presentato un piano industriale 2018-2022 per il gruppo che non farà lui e infatti mancano molte informazioni più precise sugli investimenti, e questo lo sappiamo. Marchionne ha detto che lascerà la poltrona a uno dei suoi, e questo lo sappiamo. Quel che ancora non sappiamo è chi sceglierà il suo successore.
In realtà lo sappiamo. Succede così in tutte le aziende: a decidere sono gli azionisti, nel caso di Fiat Chrysler gli Agnelli-Elkann. Soprattutto in America, tanto per dire fuochetto, succede pure che l’amministratore delegato uscente indichi un successore pubblicamente e con un anticipo congruo. Una mossa che in genere serve a tranquillizzare mercati e investitori e che l’azionista successivamente approva senza effetti speciali.
In Fiat Chrysler, per quanto sia un gruppo a baricentro americano, le cose sembrano andare diversamente. Marchionne promette di dire qualcosa sul successore ma poi butta la palla in tribuna. Il presidente John Elkann conferma che la cosa è fatta, ma tace sui tempi. Pure i nomi del toto-nomine (cui partecipo da almeno quattro anni, non mi nascondo) alla fine sono sempre gli stessi.
Loro lo sanno ma forse non lo sanno che così il messaggio che arriva è uno solo: siamo in disaccordo totale sul nome del successore.
Loro lo sanno ma forse non lo sanno che così Elkann sembra un padrone che non fa il padrone a casa sua. E che Marchionne sembra pesare più del peso delle azioni che ha di Fiat Chrysler, per non dire delle sue mani sulla Ferrari.
Il salotto buono e i poteri forti saranno pure finiti, e questo lo sappiamo, ma come faccio a dimenticare l’antico Enrico Cuccia e il suo celebre “le azioni si pesano e non si contano”?