Nel Paese che è arrivato quasi per ultimo in Europa a unioni civili e biotestamento, il Pd perderebbe consensi perché… si occupa troppo (!?!) di diritti civili e troppo poco di diritti sociali. Questa è la tesi che ora va per la maggiore tra politologi e commentatori. Luca Ricolfi ha anche ripreso un’espressione di Augusto del Noce degli anni 70 riferita al Pci (il rischio di diventare un “partito radicale di massa”).

Mi permetto di notare come la tesi cozzi con un dato fattuale. Non c’è una sola delle nuove libertà civili ad essere minoritaria nei sondaggi: eutanasia, pari diritti per le coppie omosessuali, aborto farmacologico, libertà di ricerca scientifica sugli embrioni, legalizzazione cannabis e tanto altro ancora. Sull’eutanasia un sondaggio del Gazzettino riporta il 73% di favorevoli nel Nordest (78% tra gli elettori della Lega Nord). Dunque, anche a voler pensare che chi versa in gravissime condizioni di malattia non rientri nelle fasce più deboli della popolazione delle quali occuparsi (diritti sociali), come può un partito che non ha nemmeno il 20% dei voti essere danneggiato dal sostegno verso obiettivi che sono popolari almeno tre volte tanto?

Certo, si può obiettare che c’è anche una questione di priorità, visto che la lotta all’esclusione è stata effettivamente dimenticata a sinistra. Ma siamo così sicuri che diritti sociali e libertà civili possano ancora essere presentati come obiettivi contrapposti? Nell’era della conoscenza, la libertà è una componente essenziale della qualità della vita e del benessere economico, e la vera redistribuzione ancora possibile è proprio quella da realizzare attraverso adeguati investimenti nella scuola, nell’educazione, nella formazione continua e nella ricerca scientifica, in Italia colpite da un insensato proibizionismo e oscurantismo che l’Associazione Luca Coscioni denuncia da molti anni.

L’evocazione del “partito radicale di massa” è poi particolarmente fuorviante. Come ha notato Marco Perduca, il Partito radicale nelle sue varie articolazioni prima di essere partito dei diritti ha vissuto e vive come partito del diritto, cioè del rispetto delle regole (“la vita del diritto per il diritto alla vita”), che è la premessa indispensabile ad ogni affermazione di diritto sociale. Una giustizia che funzioni davvero, ad esempio, non è considerato un diritto sociale in senso classico, ma è chiaramente un’emergenza che tocca innanzitutto chi non ha soldi da buttar via per processi che in Italia durano lustri.

Mi permetto dunque di suggerire alla sinistra ufficiale italiana (ma anche a quella parte di destra liberale non rassegnata alle ruspe salviniane) di considerare diritti sociali e libertà civili come un unico obiettivo. Nulla vieta di battersi al tempo stesso per un rapido recupero dei ritardi del nostro Paese in tema di libertà e laicità, per un rigoroso rispetto delle regole e per redistribuire l’unica risorsa che lo Stato può ancora permettersi di redistribuire: la conoscenza.

Rilanciare la scuola e la ricerca italiana varrebbe per i cittadini di oggi e di domani più di ogni assistenzialismo burocratico. Se nel frattempo agli stessi cittadini fosse consentito di vivere liberi fino alla fine, non si sarebbe fatto un soldo di danno.

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