“Col senno di poi credo che con Marino sbagliammo”. A pronunciare queste parole – che una parte dei romani attende dal 2015, quando 26 consiglieri fecero cadere la giunta di Ignazio Marino su indicazione del partito nazionale – è il deputato dem Luciano Nobili in un’intervista al Foglio. Non uno qualunque, dato che fu ritratto insieme all’allora premier Matteo Renzi, a Matteo Orfini e a Luca Lotti durante una partita a biliardino nel luglio 2015, in cui si decise di dare l’ultimatum all’ex sindaco. L’ammenda di Nobili però non va giù a sei ex consiglieri dem, che in una nota chiedono al parlamentare di “scusarsi con la città” e con una “classe dirigente eletta democraticamente e obbligata a consegnare ad un notaio le sorti del loro destino e di Roma”. Sul caso interviene anche il presidente del Pd, Matteo Orfini. “Ci tengo a ribadire quello che ho sempre detto in questi anni: la scelta di porre termine all’esperienza Marino dopo che l’ex sindaco ritirò le dimissioni che aveva presentato fu mia. Solo ed esclusivamente mia”.

Con la sua intervista Nobili riapre così una ferita ancora aperta per il Partito democratico e per la Capitale, costretta nel 2016 ad elezioni anticipate per una giravolta politica. “Premetto che non eravamo tutti d’accordo su cosa fare con Marino, e che si trattò di una decisione complicata. Dolorosa. Facile da giudicare dall’esterno”, spiega il deputato dem al Foglio. “Ma è vero che in città, e anche tra i nostri elettori, non si capì il senso della nostra scelta”. “La sera del biliardino dicemmo che si doveva salvare Marino a tutti i costi. E solo dopo pochi mesi decidemmo invece di mollarlo. Mi rendo conto che in quei giorni non siamo stati comprensibilissimi. Tuttavia – aggiunge Nobili – va tenuto conto di un fatto, della complicazione del momento, della pressione mediatica, dei troppi pasticci del sindaco“. A quasi tre anni di distanza, continua il plenipotenziario dem, le cose a Roma vanno meglio: “Abbiamo vinto quattro collegi alle politiche, con Zingaretti siamo il primo partito al 25,5 per cento. Alle amministrative il centrosinistra ha vinto nel III e nell’VIII municipio”. Anche se a trionfare siano stati due candidati non del Pd. In conclusione Nobili attacca nuovamente l’ex sindaco: “Marino non comunicava, non sapeva valorizzare le cose buone che faceva. E ci portò tutti di fronte a un vicolo cieco“.

La pensano diversamente gli ex consiglieri del Pd di Roma Gianni Paris, Antonio Stampete, Dario Nanni, Erica Battaglia, Maurizio Policastro e Cecilia Fannunza, che in una nota attaccano la “decisione sbagliata” ammessa da Nobili. E pretendono le scuse per una città “che oggi paga un prezzo altissimo in termini di qualità della vita per un’Amministrazione pentastellata incapace e bugiarda”. Secondo gli ex consiglieri “il Pd non fu capace di distinguere un pezzo di classe dirigente competitiva e preparata, spazzata via da chi decise, tra una partita di biliardino alla Festa dell’Unità e un riso basmati, le sorti di un’intera comunità. Una scelta, quella dichiarata oggi da Nobili, che peraltro provocò una lacerazione profonda tra tutti noi – continua il comunicato – in seno a quello che rimaneva del gruppo consiliare. Furono mesi di doloroso isolamento per noi, stretti tra l’indifferenza del Sindaco e quella del Partito”.

Nella bagarre scatenata dalle parole di Nobili interviene anche Matteo Orfini, presidente Pd e all’epoca dei fatti anche commissario straordinario del Partito Democratico romano nominato da Matteo Renzi dopo lo scandalo Mafia Capitale. “Ci tengo a ribadire quello che ho sempre detto in questi anni”, scrive Orfini in una nota. “La scelta di porre termine all’esperienza Marino dopo che l’ex sindaco ritirò le dimissioni che aveva presentato fu mia. Solo ed esclusivamente mia. Non consultai nessuno se non i consiglieri comunali e gli assessori del Pd chiedendo loro di seguire quella indicazione”.

Una scelta, quella di chiedere ai consiglieri di mandare a casa Marino, che il presidente del Pd rivendica ancora oggi. “Allora fecero la cosa giusta, ponendo termine a una esperienza amministrativa inadeguata. A due anni di distanza ritengo che la scelta di mandare via un sindaco inadeguato e – stando alle sentenze di secondo grado della magistratura – disonesto fosse l’unica scelta possibile in un partito serio”, spiega. E aggiunge che “furono scelte difficili, ma se oggi il Pd è guidato da un nuovo gruppo dirigente, che in due anni lo ha riportato ad essere primo partito in città quando avrebbe rischiato l’estinzione a causa di Mafia capitale e del fallimento amministrativo di Marino, è la dimostrazione che quelle scelte difficili e dolorose furono indispensabili a salvare il Pd“.

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