“Dobbiamo sopravvivere, abbiamo una famiglia da sfamare“. E’ lo slogan con cui all’inizio del mese migliaia di camionisti sono scesi in (auto)strada per protestare contro le condizioni di lavoro sempre più proibitive. Cori, striscioni e strombazzate di clacson si sono fatti largo dalla provincia meridionale del Jiangxi (8 giugno) verso la megalopoli di Chongqing (9 giugno) per arrivare ad abbracciare una dozzina di regioni e municipalità, inclusa Shanghai. Tutto è cominciato con un appello anonimo online indirizzato “ai 30 milioni di autisti di tutta la Cina”, vessati dal rincaro di carburante e pedaggi autostradali. Da allora, in alcune aree, le rimostranze hanno paralizzato la viabilità, sebbene l’entità reale del movimento – immortalato da video e foto – risulti occultata dal lavoro certosino dei censori del web. Secondo fonti del South China Morning Post, alcuni partecipanti sono stati portati via dalla polizia.
Stando a un recente studio della Social Academic Press, la maggior parte dei camionisti cinesi lavora fino a 12 ore al giorno e oltre il 70% non è in grado di assumere un autista di sostegno. I guadagni ammontano a circa 17.000 yuan (2.600 dollari) per un viaggio di 2.500 chilometri dalla città di Wuhan nella Cina centrale fino Shenzhen, nel sud del paese. Così che, tolti casello e benzina, nelle tasche non rimangono che 5.000 yuan per viaggio, a cui vanno scalate le rate mensili del veicolo. A ciò si aggiunge la recente diffusione di un’app (Huochebang), che sulla falsariga di Uber mette direttamente in contatto trasportatori e clienti inasprendo la competizione sui prezzi tra gli autisti stessi.
Gli scioperi dei camionisti seguono a stretto giro la levata di scudi inscenata ad aprile da gruisti e operai del settore edile in circa venti province. Entrambe le proteste presentano elementi di rottura rispetto alle forme di contestazione utilizzate in passato: per la prima volta si tratta di mobilitazioni settoriali (non più limitate a una sola azienda), con estensione interprovinciale e organizzate spontaneamente, senza il supporto esterno di Ong. Tutti elementi che suggeriscono la progressiva maturazione di un movimento operai in senso proprio.
Ma il caso dei trasportatori introduce un’altra questione. Il 90% dei conducenti di camion è composto da lavoratori autonomi, quindi non coperti dalla Labour Contract Law del 2008, che impone al momento dell’assunzione la sottoscrizione di contratti formali per chi opera nel settore manifatturiero. Nell’ultima decade, la transizione dell’economia cinese verso i servizi e la sharing economy ha rosicchiato il numero dei lavoratori contrattualizzati dal 42,8% del 2009 al 35,1% del 2016. Lo scorso anno soltanto la sharing economy ha impiegato 70 milioni di persone, spesso senza forme minime di tutela come contratti regolari, assicurazione sanitaria e ferie retribuite.
Ribilanciare il paradigma di crescita senza distorcere il mercato del lavoro è una delle priorità in cima all’agenda della leadership comunista. Mentre il rallentamento dell’economia nazionale e degli investimenti infrastrutturali minaccia tra i 5 e i 6 milioni di posti di lavoro, secondo China Labour Bulletin, durante le prime dieci settimane del 2018 sono stati rilevati oltre 400 scioperi, più del doppio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un bel grattacapo per Pechino, ossessionato dalla stabilità sociale. Una direttiva interna, ripresa da China Digital Times, invita “tutti i siti web in tutte le regioni, a eliminare immediatamente qualsiasi notizia sulle proteste multiprovinciali dei camionisti” con la richiesta esplicita di “aumentare la supervisione e vigilare rigorosamente sui resoconti dei media stranieri e i commenti provocatori.”
Secondo Pun Ngai, esperta di studi sociologici dell’Università di Hong Kong, gli autisti – per via della loro mobilità – sono organizzati meglio della media dei lavoratori attraverso network online con diffusione tentacolare. “Il governo dovrebbe stare molto attento, ma non tanto per via dei rischi politici quanto piuttosto per le possibili ripercussioni economiche sull’intera catena di approvvigionamento,” spiega la ricercatrice-attivista. E’, infatti, proprio grazie ai trasportatori che la lucrosa industria dell’e-commerce è in grado di generare incassi per 24 trilioni di yuan con il trasferimento giornaliero di 84 milioni di tonnellate di merci da una parte all’altra del paese. Ergo, lo stato d’animo dei camionisti rischia di intaccare il mercato dei consumi interni. E questo non va bene per il “Sogno Cinese” di Xi Jinping.
di Chinafiles per ilfattoquotidiano.it
Mondo
Cina, in sciopero anche i camionisti. Il governo censura le notizie sulle proteste che mettono a rischio l’economia
Tutto è iniziato con un appello online "ai 30 milioni di autisti di tutta la Cina", vessati dal rincaro di carburante e pedaggi e giornate lavorative da 12 ore. Da allora, in alcune aree, le rimostranze hanno paralizzato la viabilità. In aprile avevano incrociato le braccia gruisti e operai del settore edile: per la prima volta si tratta di mobilitazioni settoriali e organizzate spontaneamente
“Dobbiamo sopravvivere, abbiamo una famiglia da sfamare“. E’ lo slogan con cui all’inizio del mese migliaia di camionisti sono scesi in (auto)strada per protestare contro le condizioni di lavoro sempre più proibitive. Cori, striscioni e strombazzate di clacson si sono fatti largo dalla provincia meridionale del Jiangxi (8 giugno) verso la megalopoli di Chongqing (9 giugno) per arrivare ad abbracciare una dozzina di regioni e municipalità, inclusa Shanghai. Tutto è cominciato con un appello anonimo online indirizzato “ai 30 milioni di autisti di tutta la Cina”, vessati dal rincaro di carburante e pedaggi autostradali. Da allora, in alcune aree, le rimostranze hanno paralizzato la viabilità, sebbene l’entità reale del movimento – immortalato da video e foto – risulti occultata dal lavoro certosino dei censori del web. Secondo fonti del South China Morning Post, alcuni partecipanti sono stati portati via dalla polizia.
Stando a un recente studio della Social Academic Press, la maggior parte dei camionisti cinesi lavora fino a 12 ore al giorno e oltre il 70% non è in grado di assumere un autista di sostegno. I guadagni ammontano a circa 17.000 yuan (2.600 dollari) per un viaggio di 2.500 chilometri dalla città di Wuhan nella Cina centrale fino Shenzhen, nel sud del paese. Così che, tolti casello e benzina, nelle tasche non rimangono che 5.000 yuan per viaggio, a cui vanno scalate le rate mensili del veicolo. A ciò si aggiunge la recente diffusione di un’app (Huochebang), che sulla falsariga di Uber mette direttamente in contatto trasportatori e clienti inasprendo la competizione sui prezzi tra gli autisti stessi.
Gli scioperi dei camionisti seguono a stretto giro la levata di scudi inscenata ad aprile da gruisti e operai del settore edile in circa venti province. Entrambe le proteste presentano elementi di rottura rispetto alle forme di contestazione utilizzate in passato: per la prima volta si tratta di mobilitazioni settoriali (non più limitate a una sola azienda), con estensione interprovinciale e organizzate spontaneamente, senza il supporto esterno di Ong. Tutti elementi che suggeriscono la progressiva maturazione di un movimento operai in senso proprio.
Ma il caso dei trasportatori introduce un’altra questione. Il 90% dei conducenti di camion è composto da lavoratori autonomi, quindi non coperti dalla Labour Contract Law del 2008, che impone al momento dell’assunzione la sottoscrizione di contratti formali per chi opera nel settore manifatturiero. Nell’ultima decade, la transizione dell’economia cinese verso i servizi e la sharing economy ha rosicchiato il numero dei lavoratori contrattualizzati dal 42,8% del 2009 al 35,1% del 2016. Lo scorso anno soltanto la sharing economy ha impiegato 70 milioni di persone, spesso senza forme minime di tutela come contratti regolari, assicurazione sanitaria e ferie retribuite.
Ribilanciare il paradigma di crescita senza distorcere il mercato del lavoro è una delle priorità in cima all’agenda della leadership comunista. Mentre il rallentamento dell’economia nazionale e degli investimenti infrastrutturali minaccia tra i 5 e i 6 milioni di posti di lavoro, secondo China Labour Bulletin, durante le prime dieci settimane del 2018 sono stati rilevati oltre 400 scioperi, più del doppio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un bel grattacapo per Pechino, ossessionato dalla stabilità sociale. Una direttiva interna, ripresa da China Digital Times, invita “tutti i siti web in tutte le regioni, a eliminare immediatamente qualsiasi notizia sulle proteste multiprovinciali dei camionisti” con la richiesta esplicita di “aumentare la supervisione e vigilare rigorosamente sui resoconti dei media stranieri e i commenti provocatori.”
Secondo Pun Ngai, esperta di studi sociologici dell’Università di Hong Kong, gli autisti – per via della loro mobilità – sono organizzati meglio della media dei lavoratori attraverso network online con diffusione tentacolare. “Il governo dovrebbe stare molto attento, ma non tanto per via dei rischi politici quanto piuttosto per le possibili ripercussioni economiche sull’intera catena di approvvigionamento,” spiega la ricercatrice-attivista. E’, infatti, proprio grazie ai trasportatori che la lucrosa industria dell’e-commerce è in grado di generare incassi per 24 trilioni di yuan con il trasferimento giornaliero di 84 milioni di tonnellate di merci da una parte all’altra del paese. Ergo, lo stato d’animo dei camionisti rischia di intaccare il mercato dei consumi interni. E questo non va bene per il “Sogno Cinese” di Xi Jinping.
di Chinafiles per ilfattoquotidiano.it
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Trump: “Zelensky? “Ha avuto 3 anni per fare la pace”. La replica: “Vive di disinformazione russa”. Putin: “Isteria di Kiev inappropriata, nessuna la esclude”
Politica
Caso Paragon, Nordio in Aula: ‘Nessuno è stato intercettato da Polizia penitenziaria nel 2024’. Mediterranea: ‘Spionaggio iniziato un anno fa’
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Bingo! Nordio dice in Aula che il Ministero della Giustizia non ha mai stipulato contratti con società che hanno Trojan. Se è vero ciò che dice il ministro, e noi abbiamo il dovere di credergli, a questo punto è evidente che nel Governo qualcuno mente. Pensano di fregarci ma non ci conoscono. Un giornalista è stato intercettato in modo illegale: chi è stato?". Lo scrive Matteo Renzi sui social.
"Se nessun Ministero è responsabile dell’acquisto del Trojan israeliano allora sono solo i servizi ad avere questo strumento. Ma se i servizi hanno intercettato un giornalista, Alfredo Mantovano ha mentito. Oggi Nordio ha messo molto in difficoltà Mantovano: ecco perché Mantovano non voleva che Nordio rispondesse in Aula".
"La situazione è la seguente: un giornalista è stato intercettato illegalmente con il Trojan israeliano. I servizi hanno ripetutamente negato una loro responsabilità. Il Ministro nega qualsiasi responsabilità di tutta la struttura del Ministero della Giustizia. Qualcuno sta mentendo. Chi? Non è un puntiglio. È una battaglia di civiltà giuridica. Ma prima ancora è una battaglia di libertà. Se lo Stato permette di intercettare abusivamente giornalisti, autorità religiose, attivisti politici vi immaginate che cosa può accadere con le nuove tecnologie a un cittadino comune?".
"Noi chiederemo accesso agli atti sulle spese per intercettazione di tutte le Procure della Repubblica. E non ci fermiamo. Lo facciamo perché abbiamo combattuto quando hanno violato la nostra privacy con intercettazioni illegali e perquisizioni illegittime. E allora abbiamo promesso che saremmo andati fino in fondo. Scopriremo presto chi sta mentendo agli italiani".
"E a Nordio che minaccia azioni giudiziarie contro chi insinua dubbi rispondo che io faccio domande perché è il mio dovere di membro dell’opposizione. Se vogliono denunciarmi per questo sanno dove trovarmi. Li aspetto. Minacciare l’opposizione perché fa domande: la Repubblica delle Meloni assomiglia sempre più a una repubblica delle banane".
Roma, 19 feb. (Adnkronos Salute) - "Oggi siamo qui per celebrare un grande successo: il lancio di una nuova generazione di un farmaco che aiuta a curare le maculopatie. È un percorso iniziato più di 10 anni fa e che ha portato Bayer a entrare nel campo dell’oftalmologia, per la prima volta, e a sfruttare l'innovazione e la scienza per metterle al servizio delle persone. È la celebrazione di un risultato importante, nonché un punto di partenza per noi, per futuri risultati e migliorie per i pazienti. Bayer ha un grande impegno nel migliorare la vita delle persone e oggi siamo qui per parlare del nostro impegno per migliorare la vista che è uno degli organi più importanti: vedere vuol dire vivere meglio". Sono le parole di Arianna Gregis, Country Division Head di Bayer Pharmaceuticals Italy, all’incontro ‘Una nuova opportunità per la gestione della maculopatia”, organizzato oggi a Milano dalla farmaceutica e dedicato alla nuova formulazione aflibercept 8 mg, recentemente adottata in Italia, che migliora la qualità di vita dei pazienti con maculopatie, in particolare la degenerazione maculare neovascolare (nAmd) e l’edema maculare diabetico (Dme).
"L’oftalmologia è un'area di punta per Bayer perché è un settore dove scienza e innovazione sono al servizio delle persone - spiega Gregis - Il nostro impegno non è solo sviluppare soluzioni tecnologiche, come nuovi farmaci, ma anche pensare a tutto quello che è il percorso di cura delle persone e a come possiamo metterci a servizio dei clinici, dell'associazione di pazienti e delle istituzioni per portare una miglioria nel sistema salute in Italia. Il nostro impegno è quello di ascoltare per portare un'innovazione concreta. A conferma di ciò ci sono due esempi: il primo è 'Salvare la vita si può', una campagna di sensibilizzazione per aiutare tutte le persone a capire qual è l'importanza di preservare un organo vitale come quello della vista, il nostro occhio. Come azienda, inoltre - aggiunge - stiamo investendo sullo sviluppo di competenze nuove. Abbiamo introdotto in Italia un nuovo ruolo all'interno di Bayer, che si chiama Innovation Partner in Ophthalmology, che ha la sfida, non solo di portare il massimo contributo e supporto scientifico alla comunità dei clinici, ma anche di riuscire a gestire tutte quelle tematiche del mondo della farmaco economia, del management e del supporto organizzativo, che possono impattare il percorso di cura del paziente. La nostra storia in Bayer - conclude - è legata all'innovazione e alla concretezza e questo ci fa guardare al futuro con ottimismo: possiamo continuare ad avere delle alleanze che porteranno risultati concreti per le persone".
Roma, 19 feb. (Adnkronos Salute) - Gli ultimi studi registrativi, "hanno testato l’evoluzione di aflibercept 8 mg" nelle maculopatie e ne "abbiamo decretato l'efficacia e la sicurezza, in 2 studi Pivotali: Pulsar e Photon. Il primo si è concentrato sulla degenerazione maculare legata all'età di tipo neovascolare, mentre il secondo ha testato l’efficacia nell’edema maculare diabetico. Questi studi hanno dimostrato l'equivalenza terapeutica tra il ‘vecchio’ aflibercept 2 mg” e la nuova formulazione 8 mg “ma, soprattutto, una riduzione significativa del numero di trattamenti necessari a uno, a due e a tre anni dall'inizio del trattamento. A due anni dall'inizio del trattamento, il 25-30% circa dei pazienti ha avuto bisogno di una iniezione ogni 6 mesi alla fine del follow up dei 3 anni e questo è qualcosa che non avevamo mai visto e sperimentato con le iniezioni intravitreali. Ovviamente, il risvolto pratico sta in una riduzione probabile dei costi e in un miglioramento significativo della qualità di vita dei nostri pazienti". Così all’Adnkronos Salute Paolo Lanzetta, professore di Oftalmologia e direttore della clinica Oculistica università degli studi di Udine, in occasione dell’incontro, organizzato oggi a Milano da Bayer, dedicato alla nuova formulazione aflibercept 8 mg, recentemente adottata in Italia, che rappresenta un progresso nella cura della degenerazione maculare neovascolare (nAmd) e della Dme.
"La maculopatia dal punto di vista epidemiologico colpisce un gran numero di persone - spiega Lanzetta - Ci sono due tipi di maculopatia: la degenerazione maculare legata all'età (Amd) di tipo umido o neovascolare - di fatto la principale causa di cecità legale nel mondo occidentale - e l'edema maculare diabetico (Dme), che è una componente della più complessa retinopatia diabetica, principale causa di cecità legale nella popolazione in età lavorativa, con un impatto sulla società e sulla qualità di vita dei pazienti davvero significativo. Da quasi 2 decenni i pazienti hanno accesso a terapie efficaci e sicure che sono rappresentate dai trattamenti intravitreali, spesso con farmaci cosiddetti anti-Vegf. Siamo passati - illustra lo specialista - dagli anti-Vegf di prima generazione, che necessitavano di frequenti somministrazioni intraoculari - mensile o bimensile - a quelli di seconda generazione, che si caratterizzano per la medesima efficacia, in termini di miglioramento della qualità visiva - quindi con la possibilità per i pazienti di mantenere la licenza di guida - e una riduzione della frequenza dei trattamenti iniettivi", conclude.
Roma, 19 feb. (Adnkronos Salute) - "I nuovi farmaci anti-Vegf", come aflibercept 8 mg, "garantiscono nei pazienti con maculopatia la possibilità di ridurre in modo sostanziale il numero delle procedure, cioè il numero di iniezioni che devono essere eseguite per garantire che all'interno dell'occhio ci sia un livello terapeutico adeguato" di farmaco. "Noi veniamo da un lungo periodo, ormai sono 15 anni, di terapie con dei farmaci che avevano una durata d'azione molto limitata all'interno dell'occhio, che oscillavano intorno a un mese, per cui le procedure andavano ripetute con frequenza molto alta per garantire un'adeguata efficacia". Così Francesco Bandello, professore di Oftalmologia e direttore della scuola di specializzazione in Oftalmologia dell’università Vita-Salute San Raffaele e dell’unità di Oculistica dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano, in occasione dell’incontro 'Una nuova opportunità per la gestione della maculopatia', organizzato a Milano oggi, da Bayer, ricorda che "in precedenza, dopo alcuni anni dall'inizio della terapia, i pazienti stessi si allontanavano dal trattamento che diventava insostenibile a livello pratico, organizzativo, logistico e, soprattutto, portava grande disagio a tutti i caregivers, che si dovevano prendere carico del problema di accompagnarli".
Con il passare del tempo "il paziente ha la percezione del fatto che tutte le persone che lo stanno aiutando non ce la fanno più - sottolinea l’esperto - Ciò comporta l'allontanamento dei pazienti dalla terapia, quindi un'aderenza scarsa e una perdita di efficacia del trattamento sostanziale".
Guardando al futuro, "l'idea di poter disporre di farmaci che durano all'interno dell'occhio tre, quattro o addirittura cinque o sei mesi dopo le dosi di carico - evidenzia Bandello - significa poter ridurre in modo talmente sostanziale il numero di procedure che l'aderenza alla terapia può migliorare moltissimo e, conseguentemente, anche l'efficacia della terapia, con enormi vantaggi dal punto di vista clinico. Inoltre, migliora molto la possibilità per le strutture di poter garantire un'adeguata gestione dei problemi. I nostri ospedali e centri di cura - chiarisce - sono stati stressati molto dalla enorme quantità di procedure che dovevano essere eseguite. Quindi, ridurre questo numero significa rendere tutto più possibile e più praticabile e, inoltre, significa comportare dei vantaggi enormi dal punto di vista dei costi, perché il Sistema sanitario a quel punto, con una cifra che è pari a quella precedente, perché il costo di questi farmaci è uguale a quello precedente, può ottenere dei risultati molto migliori".
Roma, 19 feb. (Adnkronos Salute) - “Finalmente, grazie al sacrificio e alla ricerca, abbiamo a disposizione un farmaco che riuscirà a dilazionare nel tempo i trattamenti - un'iniezione intravitreale, cioè un'iniezione nell'occhio - dei quali noi malati abbiamo bisogno. Fino a oggi i prodotti spesso raggiungevano il mese e qualche giorno, dopo di che l'acutezza visiva iniziava a scendere. In un anno, fare 12 iniezioni nell'occhio è un ‘massacro’, primo perché fanno male, secondo perché spesso serve una persona che ti accompagni e terzo per via delle liste d’attesa: per fare 12 iniezioni è probabile che, considerando i controlli, debba recarmi 24 volte in ospedale. Grazie a questo farmaco, invece, c’è un distanziamento anche di 5 mesi”. Lo ha detto Massimo Ligustro, presidente del comitato Macula, intervenendo oggi a Milano, all’incontro con la stampa, organizzato da Bayer, dedicato alla nuova formulazione aflibercept 8 mg, recentemente adottata in Italia, che migliora la qualità di vita dei pazienti con maculopatie, in particolare la degenerazione maculare neovascolare (nAmd) e l’edema maculare diabetico (Dme).
Distanziare di mesi il trattamento “vuol dire tanto per il paziente - sottolinea Ligustro - Significa stare bene, vedere bene, non vivere la frequenza della violenza dell'iniezione e non avere gli effetti collaterali: un conto è farne 12, un altro è farne 2. Più si abbassa il numero di somministrazioni, “più si riduce” anche “l'evento avverso”. Non ultimo, recandosi meno in ospedale si abbatte la lista d'attesa e il costo. Se tutti i pazienti avessero la possibilità di avere questi nuovi e innovativi farmaci - conclude - staremmo tutti meglio e lo Stato risparmierebbe, mantenendo l’efficienza”.
Come si è ricordato nel corso dell’evento, è disponibile anche OcuClick™, una siringa pre-riempita per la somministrazione di aflibercept 8 mg, progettata per semplificare e ottimizzare ulteriormente la gestione terapeutica di queste importanti condizioni oculari.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Il momento più stressante? Quando i Duran Duran si sono presentati con un tir di strumenti loro e durante uno stacco pubblicitario abbiamo dovuto fare un miracolo per portare sul palco e collegare tutto. Ma ci siamo riusciti. Perché al lavoro sul festival c'è una squadra incredibile, tecnici di eccellenza". A parlare con grande orgoglio del lavoro fatto su Sanremo 2025 è Pippo Balistreri, direttore di palco del festival dal 1981: "Mi chiamò Ravera. Io facevo il dj. La mia fortuna fu parlare le lingue. Arrivarono i Dire Straits e nessuno riusciva a comunicarci, tranne io. Lì è iniziato tutto", racconta Balistreri in un'intervista all'Adnkronos.
Quest'anno con 29 artisti in gara, più le 4 Nuove Proposte, e una serata cover con oltre 140 artisti sul palco, il lavoro è stato frenetico: "A Sanremo tutte le edizioni sono impegnative. Certo la serata cover è sempre quella che ci mette più alla prova, con tutti quegli artisti ospiti, molti con strumenti sul palco. Dietro le quinte c'è un traffico che nemmeno nelle metropoli all'ora di punta". L'unico disguido è successo con Bresh e De André: "Sì ma la reazione di Cristiano De André non è stata carina, anche perché il body pack si era staccato perché lui si era mosso sullo sgabello. Può succedere e bisogna avere rispetto di chi lavora ai ritmi in cui si lavora a Sanremo. Non mi è piaciuto", sottolinea senza giri di parole. Così come, in maniera molto schietta, dice di non essere contento della vittoria di Olly: "Una vittoria muscolare. Musicalmente c'era di meglio", afferma. E confessa quello che sarebbe stato il suo podio ideale: "Giorgia al primo posto, Gabbani al secondo e Achille Lauro al terzo".
"Il momento più bello del festival? Per me il duetto di Giorgia con Annalisa sulle note di 'Skyfall'. Una performance stupenda. Ho fatto i complimenti a Giorgia, il suo festival è stato bellissimo. E non sono l'unico a pensare che meritasse lei la vittoria visto il boato di disapprovazione che si è sentito all'Ariston dopo l'annuncio della cinquina finalista che non prevedeva né lei né Lauro. Un peccato", insiste.
Negli ultimi due anni, Balistreri, a chi glielo ha chiesto subito dopo la fine del festival, ha detto che sarebbe stato il suo ultimo Sanremo. Ma a richiederglielo oggi, con qualche giorno di decompressione, la risposta cambia: "La domenica sono esausto e dico sempre: 'mai più'. Finiamo alle 2, andiamo a cena, andiamo a dormire alle 4, e io alle 9.30 sono di nuovo in piedi per andare alle prove. Impegnativo. Ma, se me lo chiederanno ancora, vedremo. Negli ultimi anni la Rai mi ha affiancato dei giovani, è normale che prima o poi ci sia un passaggio di consegne", dice senza sciogliere la riserva sul prossimo anno.
Di una cosa però Balistreri è certo: "Un festival di Sanremo fuori dalla Rai non ce lo vedo proprio. Nessuno può avere una competenza, un know how come quello accumulato da questa azienda. E questo dovrà pure pesare. I materiali e la tecnica della Rai su questo fronte non hanno eguali, non solo in Italia". (di Antonella Nesi)
Milano, 19 feb. (Adnkronos) - "Nei mesi che hanno preceduto le elezioni, tutte le volte che mi chiedevano di spiegare il punto del programma, io ho ribadito, con la massima intensità, l'importanza del ruolo che rivestono tutti gli addetti alla segreteria, i segretari, i direttori e i greenkeeper, che rappresentano la spina dorsale dei circoli. Il pannello che abbiamo realizzato per l'allestimento della tenda federale recita 'Federazione Italiana Golf A.i.t.g Insieme per la crescita del golf italiano' e qua tocchiamo il punto saliente di quello che dovrà essere il lavoro del prossimo mandato anno: la massima collaborazione e il dialogo fra tutti gli attori principali del mondo del golf, in particolare con i circoli, di cui A.i.t.g inevitabilmente è anche espressione per il lavoro quotidiano che svolge". E' quanto affermato dal presidente della Federazione Italiana Golf-Fig, Cristiano Cerchiai, durante la conferenza dal titolo 'Novità del settore, migliori pratiche per l’irrigazione, adempimenti e sicurezza sul lavoro in un campo da golf', convegno a cura di A.i.t.g. Associazione italiana tecnici del golf, alla prima giornata di lavori della IX edizione di Myplant & Garden, il Salone internazionale del Verde, l’appuntamento professionale tra i più importanti al mondo per le filiere del florovivaismo, in programma a Fiera Milano Rho, dal 19 al 21 febbraio 2025.
"Se mi avete sentito dire, durante la fase di campagna, che dal punto di vista tecnico i professionisti rappresentano gli ambasciatori del golf, per coloro che si approcciano per la prima volta al nostro mondo, è anche vero, dall'altro lato, che addetti alla segreteria e i direttori rappresentano le prime persone che noi incontriamo quando varchiamo la soglia di un circolo e sono i nostri riferimenti all'interno di esso -spiega Cerchiai-. Vorrei spendere due parole a vantaggio e a favore di coloro che svolgono molto spesso un lavoro oscuro che sono i greenkeeper, che raramente vedono le lu ci della ribalta, ma ci mettono costantemente in condizione di giocare sfruttando le condizioni migliori del nostro campo".
“Tra i punti del programma e ancora una volta la collaborazione con A.i.t.g sarà molto forte, vi è sicuramente quel ruolo importantissimo che i tecnici A.i.t.g rivestono nella formazione delle figure professionali all'interno della Scuola nazionale di golf - continua - Lavoreremo con loro, ho già cominciato a parlarne per un aggiornamento dei programmi e anche per introdurre un percorso di formazione continua, come peraltro avviene già in molte altre realtà professionali, per esempio la mia”.
“Non posso, quindi, che ringraziare ancora una volta il coordinatore della sezione, il segretario e direttore Davide Lantos e l'altro coordinatore Corrado Graglia, per il lavoro che fino ad oggi abbiamo svolto e per cui a volte dovremo svolgere ancora. A tutta l’A.i.t.g e ai suoi rappresentanti ricordo che dovremo mettere in campo il nostro massimo impegno e la nostra massima collaborazione per riuscire a completare il percorso di modifica normativa del Piano di Azione Nazionale, riferito all'utilizzo dei prodotti fitosanitari sugli interventi erbosi dei campi da golf. Quindi, dovremo attivarci insieme per contattare e per interloquire con i ministeri competenti, perché il risultato deve essere ottenuto anche in tempi relativamente rapidi”, conclude.