Il rischio di un lento disgregarsi dell’Unione europea, l’emergere di “democrazie illiberali” , l’affermarsi di ideologie sovraniste che aizzano al “nemico”, l’irrompere dei populismo scatenati contro élite, rappresentanza, competenza e autorità – è questo il destino dell’Europa? Per quattro giorni nella sede della Cei i responsabili della comunicazione degli episcopati europei si sono riuniti per discutere della sorte del nostro Continente. La Chiesa cattolica, specialmente con Francesco così impegnato per la solidarietà e il “bene comune”, non può certo disinteressarsi della questione. Tanto più – come ha affermato Giuseppe Tognon, presidente della Fondazione trentina “Alcide De Gasperi”, aprendo i lavori – che la Chiesa “resta l’unico soggetto globale sul piano dei valori universali”.
La relazione di Tognon, storico dell’educazione all’università Lumsa, segnala l’inquietudine di un corpo ecclesiale – presente corposamente nella società con tante istituzioni sociali e formative – che avverte il pericolo di una irrilevanza politica proprio nel momento in cui una grande crisi di valori investe l’area euro atlantica.
La riunione presso la Cei in questo senso ha agito da pungolo per la riflessione affinché le Chiese d’Europa trovino il modo di contribuire a dare uno sbocco positivo alla crisi in atto. “Le Chiese d’Europa – dichiarava il cardinale Carlo Maria Martini, presidente del Consiglio delle conferenze episcopali europee nel 1991, anno in cui Giovanni Paolo II aveva convocato un Sinodo straordinario dei vescovi del Continente – sono chiamate a farsi coscienza critica dei loro Paesi e dell’Europa unita che sta nascendo, in modo da evitare ogni ripiegamento verso un eurocentrismo ormai storicamente superato e inammissibile”. Sembrano secoli tanto il clima socio-politico è mutato. E sembra persino lontana anche l’atmosfera del novembre 2014, quando Francesco al Parlamento europeo di Strasburgo indicò ai legislatori europei il compito di “prendersi cura della fragilità dei popoli e delle persone”.
Lo spartiacque, ha sottolineato Tognon, sta nell’anno 1989 che nel suo prosieguo ha segnato l’inizio di una grande “regressione europea”. Sotto i colpi della crisi economica, dell’irrompere degli attacchi terroristici e dell’intensificarsi dei flussi migratori sono risorte ideologie semiautoritarie e razziste. Il motivo più profondo consiste tuttavia nel fallimento dell’ideologia neoliberista incapace di garantire stabilità economica e giustizia sociale e responsabile di avere “trasformato l’idea del merito in una caricatura meritocratica dei privilegi”.
Oggi in Europa, ha spiegato il relatore, prevale l’ “Appello alla Paura” e la Polarizzazione che demolisce ogni tipo di élite e alimenta l’immaginario di “un popolo e un nemico del popolo”. In questo processo l’idea di destra e sinistra viene dichiarata cancellata e i concetti tradizionali di libertà, giustizia, patria, famiglia ecc. perdono la fisionomia di valori che possono anche esprimersi in approcci differenti, che pure rispettano l’avversario.
Ciò che conta è uno “schema molto elementare: da una parte tutto ciò che è buono e normale, dall’altra gli altri, i cattivi…”. Sovranisti e nazionalisti vivono in ultima analisi secondo una sola regola: mors tua, vita mea.
Impegno storico della Chiesa, proprio per i suoi valori, appare allora in questo momento quello di farsi carico dell’educazione dei cittadini alla democrazia e all’esercizio della libertà politica. Guai se la Chiesa si limitasse alla difesa dei propri interessi.
Questo impegno del cattolicesimo, a cui dovrebbero partecipare tutte le sue articolazioni nella società, esige però una seria analisi dei processi sociali, economici e politici in atto. Ed esige il non restare prigionieri di localismi e frammentazioni. Non è semplice. C’è un fossato ad esempio, come può notare ogni osservatore, tra l’episcopato francese aduso alla laicità e quello polacco che benedice la marcia del “milione di patrioti” che con il rosario vogliono difendere le frontiere della patria dall’”invasione” degli alieni.
In questo senso le Chiese cattoliche europee si trovano di fronte alla necessità di valutare seriamente il nuovo tipo di presenza socio-politica che il cattolicesimo può assumere nella fase attuale. Non basta, ricorda Tognon, ripeter la cantilena dell’umanesimo integrale o del “nuovo umanesimo”.
Merito della relazione, che ha animato la riflessione dei portavoce delle conferenze episcopali europee, è stato anche di non avere nascosto le derive in atto nelle Chiese cattoliche del Continente. Anche lì si registrano polarizzazioni basare su semplificazioni pericolose (e quindi un abbassamento del pensiero critico). “Si sentono discorsi strani: quale dei due papi viventi preferire, quale idea di Chiesa adottare (al servizio di una dottrina oppure ospedale da campo), addirittura sul rapporto tra misericordia e verità come se fosse contrapponibili”.
Polarizzazioni presenti nel clero e nella gerarchia: “Pastori che fanno della difesa del papa o della resistenza al suo agire una missione”. Insomma il medico deve curare anche se stesso.