Hai appena ascoltato le mefitiche notizie che il telegiornale ormai ci propina ogni sera. Roba che ti fa venire voglia di aprire la finestra per prendere un po’ di ossigeno. Ti stai chiedendo se sia questo il cambiamento di cui noi tutti italiani sentivamo il bisogno: una politica fatta di rabbia e non di speranza. Di rancore sordo e non di slanci. Di scaricabarile e non di assunzioni di responsabilità. Di demagogia piuttosto che di grandi progetti (ma dire addio alle ideologie significa abbandonare anche gli ideali?). Tutti aggrappati al passato e non rivolti al futuro.

Un governo paralizzato dal terrore dei sondaggi e dell’impopolarità, che pare debole con i forti e duro con i deboli.

Viviamo in una campagna elettorale senza fine.

I have a dream, io ho un sogno, diceva Martin Luther King. Mentre dalla Lega arriva sempre lo stesso messaggio: I have a nightmare, io ho un incubo. Un mondo angusto, asfittico, pieno di paure e di odio. Di divisioni tra uomini e uomini. Ma quanto potremo resistere così? Questi primi mesi verde-gialli (molto verdi, con i Cinque Stelle che arrancano tremebondi cercando di tenere il passo di Salvini) non fanno ben sperare: proclami e approssimazione. Chiacchiere e distintivo, come diceva Al Capone ne “Gli intoccabili”.

Ma il danno più grande non è nemmeno quello che subisce il Paese. Ma proprio la demolizione degli italiani. L’idea che gli altri hanno di noi. Peggio ancora: il sentimento che abbiamo di noi stessi. Conosciamo purtroppo tutti i nostri difetti: corruzione, criminalità organizzata, evasione fiscale, clientelismo. In una parola: mancanza di senso dello Stato e della collettività. Ma conosciamo anche la nostra grande ricchezza: l’umanità. Che, nonostante tutto, si traduceva anche nella comprensione dell’altro, in una misura e in una dolcezza del vivere anche se non c’è più la dolce vita. Che rischia di essere un volemose bene, ma a volte è ancora un sincero vogliamoci bene (espressione che, non a caso, è presente quasi solo nella nostra lingua).

Non siamo più (lo siamo mai stati?) un Paese potente, ma siamo ancora grandi.

Da qui dovremmo partire per far sentire la voce italiana in questa Europa cosi sorda. Dalle conquiste – la sanità, la scuola, la solidarietà, lo stile e la qualità di vita – che altri paesi ci invidiano ancora. L’Europa più che mai ha bisogno di questo nostro contributo. E invece no, mostriamo muscoli che non abbiamo. Ostentiamo gli attributi, rischiando di sembrare un po’ coglioni.

Stiamo perdendo l’umanità, la nostra forza più grande.

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