“Se qualcuno si è sentito offeso dalle mie parole me ne dispiaccio”. Matteo Salvini non le vuole chiamare scuse ufficiali (“Lei scriva quello che le pare, io sono stato chiaro”), ma intanto, quando è il momento del faccia a faccia, sceglie di ammorbidire le sue dichiarazioni. Il fuori programma va in scena nel centro di Milano, Four Season hotel nel cuore del quadrilatero della moda. Il ministro dell’Interno, il giorno dopo il raduno di Pontida, si concede un unico impegno non istituzionale: la presentazione del libro del vicedirettore del Tg1, nonché uno tra i più vicini alla Lega in Rai in questo momento, Gennaro Sangiuliano. Ma mentre presenzia all’evento organizzato dagli Amici della lirica milanese, al primo piano pranza una delegazione di parlamentari tunisini in visita istituzionale in Italia. Se ne accorge Rossana Rodà Daloiso, presidente dell’associazione AsigItalia tra le organizzatrici della visita insieme al console Nasr Ben Soltana, e propone un incontro informale. Il ristorante si blocca: la scorta chiede una lista dei presenti, i camerieri rimandano i piatti in cucina e la sala si mette in attesa. “Stanno valutando se si può fare”, è il messaggio che per circa un’ora viene riportato dai dipendenti. Ma l’incontro, da casuale si è fatto necessario. Il 3 giugno scorso il vicepremier infatti aveva dichiarato: “La Tunisia è un Paese libero e democratico che spesso e volentieri esporta galeotti“. Una frase, pronunciata a pochi giorni dall’insediamento, che era stata capace di irrigidire i rapporti tra i due Stati in un contesto politico quanto mai difficile sulla questione immigrazione. Ignorarsi pubblicamente, dopo essersi incrociati per caso nell’arco di 500 metri, trasforma una coincidenza in un caso politico.
I parlamentari al tavolo conoscono bene Salvini. Le sue parole sono finite sulle pagine di tutti i giornali e in tanti in patria hanno chiesto scuse pubbliche e ufficiali. “Sono dichiarazioni che incitano il razzismo contro i nostri concittadini”, commentano. “Lui si scorda la storia delle relazioni tra i nostri Paesi, deve scusarsi”. E’ il tenore dei commenti nell’attesa che il ministro faccia il suo ingresso nella veranda. Malumori e tensioni che però scompaiono all’arrivo di Salvini: l’incontro ha i toni ufficiali e nessuno può permettersi uno scontro diplomatico improvvisato in un ristornate. Si alza il parlamentare Mohamed Ben Souf, scortato stretto dal console e gli va incontro per stringergli la mano. Il leghista cerca velocemente di capire chi sono gli interlocutori e si limita a dire poche frasi di cordialità: “Cercherò di incontrare l’ambasciatore tunisino in Italia già entro la fine della settimana per organizzarci”, dice lasciando intendere che presto ci sarà una sua visita ufficiale a Tunisi. “So che l’Europa aveva promesso tanto e mantenuto poco”, continua. Ben Souf deve fare gli onori di casa, anche se ha puntati addosso gli occhi dei colleghi parlamentari: “A noi fa piacere di riceverla”, commenta parlando in italiano. E per ribadire l’importanza che ci sia un dialogo tra le parti dice: “Come non abbiamo sentito niente, non abbiamo detto niente e siamo sempre aperti, l’Italia e la Tunisia hanno una storia”. Il ministro lo interrompe: “Siamo partner commerciali e culturali. So che la stagione turistica a Dio piacendo quest’anno sta andando bene”. Alcuni si alzano per presentarsi, altri restano seduti in segno di polemica. Quindi Ben Souf chiede di fare una foto per ufficializzare l’incontro e mandarla direttamente al presidente del Consiglio tunisino Yussef al-Shaed: “E’ un bel messaggio che mandiamo”, dice. Si fa un selfie, e lo spedisce direttamente al collega in patria.
Mentre si sbrigano le foto di rito, il silenzio sulla frase incriminata si fa più pesante. “Se la ritiro? No”, dice senza esitazione interpellato da ilfattoquotidiano.it. “Sono 2000. Quei 2000 sono un problema. Si sono sentiti offesi? Di quello mi dispiaccio. Ma sul fatto che ci sia una presenza che non è qualificante per la Tunisia su cui lavorare purtroppo è nei dati”. Ma la questione per i presenti che poi dovranno riferire in patria è se Salvini ha intenzione di scusarsi o meno. Si scusa? “Se qualcuno si è sentito offeso, me ne dispiaccio e lavoreremo per risolvere i problemi”. Un altro paio di strette di mano e lascia la sala.
Molti dei presenti non parlano italiano e all’uscita chiedono di sapere esattamente che cosa ha detto il ministro. Se si è scusato oppure no. E se intende davvero andare in visita in Tunisia. E’ il nodo cruciale e il malumore rimane. Chi media è Mohamed Ben Souf: “Capiamo la pressione sull’Italia e le difficoltà nel gestire questo problema. Ma come il vostro Paese chiede aiuto all’Unione europea, noi chiediamo all’Italia che investa in Tunisia e non ci lasci da sola di fronte a questo fenomeno”. E cita gli accordi che vennero fatti proprio con il leghista ed ex ministro Roberto Maroni: “Noi abbiamo un accordo con l’Italia. Dal 2011 abbiamo accettato di riprendere i tunisini che vengono rimpatriati in cooperazione con l’Italia”. Cerca di stemperare il clima anche il capo della delegazione Oussama Sghaier: “E’ chiaro che una cosa è fare il leader del partito e un’altra essere ministro dell’Interno. Non stiamo ad analizzare nel dettaglio le parole, l’importante è che abbia detto che se ne dispiace. Ora chiediamo all’Italia investimenti per combattere la rete di criminali che organizza questi viaggi”. Ma non tutti sono d’accordo. Aymen Aloui, rappresentante del partito di opposizione Front Populaire, è tra quelli che non ha voluto fare la foto di rito: “Esigo che ci sia una presa di posizione pubblica”, commenta. “Chi è costretto ad emigrare probabilmente è uno dei tanti tunisini colpito dalla crisi economica e probabilmente i suoi nonni lavoravano per una delle tante aziende italiane a Tunisi. Ha offeso tutta una storia di relazioni tra i due Stati”. Gli fa sponda anche Ahmed Amari, che invece è parlamentare della maggioranza: “Su queste cose non c’è maggioranza o opposizione. Salvini ha detto ‘che tutti i tunisini che emigrano sono galeotti’: ha offeso il popolo tunisino, la nostra dignità. E soprattutto ha contribuito ad aumentare gli insulti razzisti contro i nostri concittadini”. E’ d’accordo anche la deputata Lamia Mayek: “Non sono scuse. Se vogliamo iniziare ad avere rapporti da pari, win to win, si inizia innanzitutto facendo delle scuse pubbliche e ufficiali perché con le sue parole ha ferito tutti noi”. Sul perché nessuno si sia esposto davanti al ministro, rispondono che non era la sede adatta. “Aspettiamo che si rivolga a tutti i nostri concittadini”, chiude Aloui. Ma Salvini ha già lasciato l’hotel da oltre un’ora.