La situazione iraniana diventa ogni giorno più complicata. Sia vista dal di fuori con le sanzioni imposte da Trump e l’incertezza delle compagnie europee di investire in Iran, sia vedendola dall’interno con la sua crisi finanziaria l’Iran oggi è al collasso. Da quando Donald Trump si è ritirato dall’accordo sul nucleare, il Rial, la moneta locale, ha perso circa il 40% del suo valore. Una popolazione già stanca da una vita di restrizioni è oggi ulteriormente ostacolata dalla crisi economica. Nel quasi completo silenzio della stampa Italiana, in Iran da alcuni giorni si stanno consumando varie manifestazioni di protesta.
La scorsa settimana proprio da questo blog, che contiene le mie opinioni personali e non rappresenta la testata che lo ospita, ho posto l’attenzione sulla chiusura dei negozi del Bazaar di Teheran e raccontato gli avvenimenti della capitale. Per giorni i dimostranti hanno scioperato contro il carovita, contro l’alto tasso di cambio, contro la fluttuazione delle valute estere e i beni bloccati alle dogane. A differenza delle trascorse manifestazioni questa volta però sono scesi in campo i negozianti del Gran Bazaar cosiddetti “bazari” che non scioperavano dal 1979 anno della Rivoluzione Islamica.
Durante le manifestazioni di protesta molti slogan sono stati intonati, spesso contro il regime, accusandolo di sperperare i soldi del Paese in interventi militari nei paesi limitrofi. Per sedare le proteste dei manifestanti diretti verso il palazzo del Parlamento, la polizia ha lanciato gas lacrimogeni sulla folla. Qualcuno parla di arresti, altri di morti, ma in Iran è difficile sapere la verità. Per ora, come affermato dal ministro iraniano dell’Informazione e della Comunicazione, Mohammad Javad Azari-Jahromi, i commercianti sono tornati al lavoro dopo aver ricevuto ampie rassicurazioni di un aiuto da parte del governo, ma molti ancora oggi rimangono scettici.
Lo scorso 30 giugno, l’ayatollah Ali Khamenei ha accusato nuovamente gli Stati Uniti e i loro alleati di fomentare le recenti proteste economiche causate, a detta dei manifestanti, dalle politiche estere del loro governo e soprattutto da una cattiva gestione del governo Rouhani. Secondo esponenti dell’area moderata, le proteste non arrivano direttamente dai cittadini, ma sono state organizzate, fomentate e dirette da gruppi politici.
Alcuni si riferiscono all’asse sionista/Cia da sempre nemici dell’Iran, mentre altri pensano sia qualcosa che abbia a che vedere con movimenti politici interni. In particolare alcuni, cercano di creare instabilità proprio per alimentare quel clima di sfiducia nei confronti di Rouhani, che oggi è sicuramente un presidente sotto osservazione. Malgrado stia cercando di sostituire alcuni dei suoi ministri, per Rouhani infatti si presentano giorni difficili, poiché a breve dovrà presentare un “soddisfacente” programma economico, altrimenti “verrà avviata la procedura di impeachment”.
Di sicuro la situazione è complicata e queste proteste non sono da sottovalutare. Qualche giorno fa, dopo aver raccontato i fatti, sono stata personalmente attaccata dalla Radio di Stato Iraniana Irib Pars Today che attraverso un insensato articolo ha negato la realtà sottovalutando il significato delle recenti proteste.
Purtroppo gli scontri e gli slogan citati nel mio post sono ben visibili nei video che girano sul web. Qualche dubbio però mi sorge se addirittura la Radio di Stato iraniana ha perso tempo a controbattere un post del mio blog, in cui si raccontava semplicemente di proteste legittime che non hanno intenzione di terminare. Evidentemente in quel post ho toccato qualche verità che non è piaciuta svelando una parte di Iran che oggi mostra, oltre a un evidente debolezza, anche una latente paura nei confronti di chi al di fuori del paese racconta la realtà dei fatti.
L’Iran potrà cercare di oscurare i canali satellitari alla popolazione locale, cercherà di non dire esattamente quante siano state le vittime di queste proteste, ma il mio impegno di giornalista è proprio quello di raccontare ciò che accade in quel paese, senza mai schierarmi da una parte diversa da quella della verità. Le proteste per quanto pacifiche siano state, non devono aver dato la stessa percezione al capo della magistratura iraniana Sadeq Amoli Larijani, che in un video diretto alla popolazione ha dichiarato che “il disturbo delle attività economiche potrà comportare pene che vanno dai 20 anni di carcere alla pena di morte”. Un chiaro invito intimidatorio a cessare immediatamente gli scioperi.
Ma domenica le cronache ci raccontano di nuove proteste, nuovi scontri nella zona del Komrramshahr a sud dell’Iran. Circa 500 manifestanti si sono radunati per chiedere alle autorità di agire contro l’inquinamento della rete idrica che rende l’acqua non potabile. Ci sono video che confermano gli scontri. Fonti ufficiali parlano di un morto, il sito di Al Arabya conferma ce ne siano stati almeno 4 e decine di feriti. Non sapremo mai con certezza questi numeri, ma auspico che le legittime proteste della popolazione iraniana non vengano soppresse come in passato attraverso l’uso della repressione e della forza.