Lo ha deciso la seconda sezione penale della Suprema corte che ha annullato con rinvio la sentenza emessa il 31 marzo del 2017 dalla corte d’appello di Catania nei confronti dell’ex presidente della Regione Siciliana. I giudici del processo di secondo grado, infatti, avevano assolto Lombardo per concorso esterno ma lo avevano condannato a due anni, pena sospesa, per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso, ma senza intimidazione e violenza
Raffaele Lombardo sarà nuovamente processato per concorso esterno a Cosa nostra. Lo ha deciso la seconda sezione penale della Cassazione che ha annullato con rinvio la sentenza emessa il 31 marzo del 2017 dalla corte d’appello di Catania nei confronti dell’ex presidente della Regione Siciliana. I giudici del processo di secondo grado, infatti, avevano assolto Lombardo per concorso esterno ma lo avevano condannato a due anni, pena sospesa, per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso, ma senza intimidazione e violenza.
In primo grado, invece, l’ex governatore della Sicilia era stato condannato a 6 anni e 8 mesi per concorso esterno alla mafia. In secondo grado l’accusa aveva chiesto la condanna a sette anni e otto mesi di reclusione, addirittura un anno in più della sentenza di primo grado, contestando anche il reato elettorale. Secondo la procura generale per 10 anni Lombardo avrebbe avuto contatti con esponenti mafiosi e il giudice, nella motivazione della sentenza di primo grado, aveva sostenuto che Lombardo “sollecitò i voti di Cosa Nostra”. La corte d’Appello, però, non aveva creduto all’atto d’accusa condannando l’ex leader del Movimento per l’Autonomia solo per corruzione elettorale. Adesso quel processo sarà rifatto.
Pg aveva chiesto assoluzione – Il pg della Cassazione, Stefano Rocci, aveva chiesto la conferma dell’assoluzione dall’accusa di concorso esterno all’associazione mafiosa e l’annullamento con rinvio della condanna a due anni. Aveva sollecitato anche il non accoglimento del ricorso della Procura generale di Catania perché depositato in ritardo, ma con una successiva memoria, alla luce di un controllo, aveva segnalato alla Corte di Cassazione che era stato presentato in tempo utile. Erano due i ricorsi pendenti davanti alla Suprema Corte: quello della difesa, con gli avvocati Alessandro Benedetti e Filippo Dinacci, e quello presentato dalla Procura generale. “Vediamo con favore – spiegano dalla Procura – che è stata annullata una sentenza contro la quale era stato avanzato ricorso. Ma bisogna attendere le motivazioni”. Sulla stessa linea di attesa l’avvocato Alessandro Benedetti, che con Filippo Dinacci difende l’ex governatore ed ex leader del Mpa: “Prima di esprimere qualsiasi valutazione – afferma il penalista – dobbiamo aspettare il deposito delle motivazioni per evitare di dire cose improbabili”.
Lombardo: “Zero a zero” – “Mi verrebbe da dire, in attesa di conoscere le motivazione della Cassazione e della reale portata della sua decisione, zero a zero e palla al centro: annullamento dell’assoluzione per il reato di concorso esterno, ma anche della sentenza di condanna per il reato elettorale aggravato dal patto politico mafioso”, è il commento di Lombardo. “Ma, purtroppo, non è una partita di calcio è divenuta una partita tra le più importanti della mia vita, della vita di un cittadino perbene travolta da una vicenda processuale che – aggiunge l’ex governatore – a partire dal 2006 ha visto due richieste di archiviazione, il rigetto della terza richiesta con imputazione coatta per concorso esterno; di una prima sentenza di condanna in primo grado ma per fatti diversi da quelli dell’imputazione coatta; dell’assoluzione per concorso esterno in sede di appello ma di condanna per il reato elettorale; di una richiesta del procuratore generale della corte di Cassazione che aveva chiesto l’inammissibilità del ricorso e la conferma dell’assoluzione e l’annullamento della condanna per il reato elettorale. Affronteremo anche questi tempi supplementari con la serenità e la determinazione di chi ha la coscienza a posto avendo sempre combattuto la mafia. Con poche parole e con molti fatti. Non ci sarà bisogno del Var ma soltanto di arbitri seri, rigorosi ed attenti”.
La storia dell’inchiesta – Lombardo finisce sotto inchiesta nel novembre del 2010, quando era un politico in ascesa: da possibile ministro del governo Berlusconi passa alla guida della Regione e con il suo Mpa è corteggiato dal centrodestra, con il quale vince le elezioni nel 2008. Poi vara quello che sarà ribattezzato “il ribaltone”: scarica Forza Italia e Udc e vara una giunta tecnica appoggiata dal Pd. Titolare di un forte consenso popolare, Lombardo ottiene voti in crescendo. Ma per la Procura di Catania in parte arrivavano anche da Cosa nostra.
Il percorso giudiziario – Nata da uno stralcio dell’indagine Iblis dei carabinieri del Ros di Catania su presunti rapporti tra mafia, politica e imprenditori, l’inchiesta era sfociata in un processo per reato elettorale davanti al giudice monocratico per Lombardo e suo fratello Angelo, deputato nazionale del Mpa. La Procura aveva presentato una richiesta di archiviazione per concorso esterno all’associazione mafiosa che il gip Luigi Barone, in camera di consiglio, ha rigettato disponendo l’imputazione coatta.Nel frattempo i pm hanno contestato l’aggravante mafiosa per il reato elettorale, atto che ha di fatto concluso il processo davanti al giudice monocratico. Così le accuse dei due fascicoli sono confluite in un unico procedimento davanti al gup Marina Rizza. L’ex governatore ha scelto il rito abbreviato mentre il fratello Angelo quello ordinario.
L’accusa e i rapporti con Cosa nostra – Lombardo, secondo le motivazioni della condanna di primo grado, avrebbe “sollecitato, direttamente o indirettamente, i vertici di Cosa nostra a reperire voti per lui e per il partito per cui militava (le regionali in Sicilia del 2001 e nel 2008 e le provinciali a Enna nel 2003) ingenerando nei medesimi il convincimento sulla sua disponibilità a assecondare la consorteria mafiosa nel controllo di concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici”. Inoltre avrebbe “contribuito sistematicamente e consapevolmente”, anche mediante “le relazioni derivanti dalla sua pregressa militanza in più partiti politici”, alle “attività e al raggiungimento degli scopi criminali dell’associazione mafiosa” per “il controllo di appalti e servizi pubblici”. Per il gup era stato creato un “complesso sistema organizzativo ed operativo di cui facevano parte imprenditori ‘amici’ ed esponenti della ‘famiglia’, creando vantaggi di cui beneficiava anche l’associazione mafiosa”. Ma questa tesi non è stata condivisa dai giudici di secondo grado. “Raffaele Lombardo con Cosa Nostra non c’entra alcunché: è questo quello che dice la giustizia in forma collegiale”, aveva commentato l’avvocato Alessandro Benedetti. Ora la decisione della Suprema corte che ha ordinato un nuovo processo.