di Linda Maisto e Francesco Pastore
Abbiamo un invito per il nuovo ministro del Mezzogiorno, Barbara Lezzi: non parta da zero, ma ricominci da tre, come diceva Massimo Troisi nel suo famosissimo film. Sì poiché negli ultimi tre anni, il Mezzogiorno ha svoltato, anche se pochi se ne sono accorti.
Può ricominciare da tre se lo vuole, se, mettendo da parte i dibattiti pre-elettorali, si rende conto che dopo circa 25 anni di abbandono delle politiche per il Mezzogiorno, qualcosa è stato fatto dal 2015 in poi, quando gli ultimi governi si rendono conto che non basta pensare che nel Mezzogiorno ci vuole solo una buona ordinaria amministrazione, ma un vero e proprio intervento ad hoc e che ogni intervento pubblico deve comprendere una specifica previsione per il Mezzogiorno. Da allora, sono stati fatti diversi passi in avanti. Soprattutto l’ex ministro Claudio De Vincenti ha fatto tanto per il Mezzogiorno. Difficile riassumere tutto qui, poiché lo spazio è poco. Rinviamo ad un libro-documento di Giuseppe Coco e Amedeo Lepore, che rendicontano in dettaglio le ultime riforme. Il libro ha un titolo significativo: Il risveglio del Mezzogiorno.
Sì, poiché il risveglio del Sud c’è stato eccome, ma troppo tardi per portare qualche beneficio ai partiti del precedente governo. Il Mezzogiorno ha, infatti, ripreso a crescere e anche un po’ più del resto del paese. Ha macinato nuovi occupati, circa 300mila in più in tre anni, ma non abbastanza per recuperare la perdita precedente di oltre 600mila posti di lavoro. E questa ecatombe occupazionale spiega il malcontento del Mezzogiorno per i partiti prima al governo e la voglia così forte di svoltare manifestatasi il 4 marzo.
Il punto chiave, però, da sottolineare al nuovo ministro è di non farsi ingannare dal voto del 4 marzo al punto da non riuscire a vedere quanto di buono, ed è davvero tanto, è stato fatto negli ultimi 3 anni. Inoltre, per un partito che ha preso tanti consensi al Sud, è importante rendersi conto che se tanti errori sono stati fatti da chi li ha preceduti, questi errori dipendono anche dall’egemonia culturale della Lega Nord e dei governi di cui la Lega Nord ha fatto parte finora. La ministra Lezzi non dimentichi il voto del Sud.
Per limiti di spazio, ci soffermiamo solo su una vicenda ben precisa, quella dei fondi per le aree sottoutilizzate (Fondi FAS). Questi erano l’ultimo aiuto “speciale” previsto per il Mezzogiorno, da quando nel 1992 uno sciagurato referendum che fu votato in massa anche dai meridionali abolì la Cassa per il Mezzogiorno. I Fondi FAS erano stati spesi poco e male al punto che con l’inizio del nuovo decennio, nel 2001, sono stati dirottati dall’allora governo di Silvio Berlusconi a favore dell’ordinaria amministrazione e spesi in prevalenza per sostenere gli investimenti infra-strutturali al Centro-Nord. Questa tendenza è stata proseguita però anche con il breve governo di Romano Prodi dal 2006 al 2008, facendo registrare una evidente continuità e somiglianza fra centro-sinistra e centro-destra nell’ignorare i problemi e le specificità del Mezzogiorno.
Al contempo, in mancanza di un chiaro ancoraggio a favore del Mezzogiorno, anche la spesa ordinaria in conto capitale era stata dirottata a favore del Centro-Nord. Dal 2001, ci sono stati diversi anni in cui il Mezzogiorno ha ricevuto una quota della spesa in conto capitale molto inferiore al 34%, che corrisponde alla percentuale della popolazione meridionale sul totale. Nel 2012, il Sud ha ricevuto solo 19,1%. Non è un caso, allora, se il divario infrastrutturale fra le due macro-aree del paese si sia negli ultimi due decenni ulteriormente allargato e che estese aree meridionali restino ancora quasi isolate dal resto del paese, ciò che ne rallenta anche le capacità di crescita. Infatti, dal 1992, il divario di crescita fra Mezzogiorno e resto del paese si allarga vistosamente e continuamente. Il Mezzogiorno, senza un intervento specifico a suo favore rallenta rispetto al resto del paese. Gli unici periodi storici di catching up sono quelli dell’intervento straordinario quando quest’ultimo contribuisce alla grande infrastrutturazione pubblica del sud e alla costruzione della sua industria.
Cosa c’è dietro le tendenze degli anni dal 1992 al 2015? C’è l’egemonia culturale leghista. Le storture degli interventi degli ultimi venti anni sono il frutto della propaganda leghista a favore della cosiddetta “questione settentrionale”, una strana e balorda teoria secondo la quale bisogna spostare le risorse dal Mezzogiorno al Centro-Nord per far crescere il paese e non il contrario, come prevede la nostra Costituzione e come è stato giustamente sempre fatto dal dopoguerra ad oggi. Però, ripeto, negli ultimi tre anni la musica era cambiata. Suggeriamo al ministro di ricominciare da tre e non da zero!