Da alcune settimane sta parlando con i pm, riempiendo centinaia di pagine di verbali pieni di omissis che potrebbero imprimere un’escalation alle indagini. Dichiarazioni rese durante incidenti probatori programmati puntualmente davanti al gip di Messina, che potrebbero coinvolgere anche personaggi eccellenti. D’altra parte l’avvocato Piero Amara – arrestato nel febbraio scorso per corruzione, falso e associazione a delinquere – di pezzi grossi ne ha frequentati parecchi. A raccontarlo sono le inchieste che lo hanno visto protagonista: da Milano a Roma fino a Messina, il nome del legale di Siracusa fa capolino più volte in decine di fascicoli in cui gli investigatori ricostruiscono un gigantesco reticolo di legami, contatti e relazioni. Una trama complessa in cui Amara è il regista occulto: sempre dietro le quinte, ma sempre motore di ogni tipo di affare.
Contatti e legami: da Verdini a Renzi – Per esempio, difendeva spesso l’imprenditore Ezio Bigotti, vicino a Denis Verdini e Saverio Romano, considerato nemico personale da Alfredo Romeo nella corsa agli appalti Consip, che ha avuto benefici milionari grazie alle sentenze di Riccardo Virgilio. Il giudice del Consiglio di Stato – oggi in pensione – è finito indagato per corruzione in atti giudiziari. In cambio di tre sentenze – che sarebbero state pilotate – avrebbe ricevuto l’aiuto di Amara e del suo socio Giuseppe Calafiore per nascondere 750mila euro. Agli atti gli investigatori hanno appuntato numeri di conti svizzeri e nomi di società. Compresa la Teletouch, che appartiene allo stesso Amara e ad Andrea Bacci, amico di famiglia di Matteo Renzi ed ex socio del padre Tiziano, recentemente destinatario di alcune minacce. Bacci era considerato il construttore del Giglio magico e ha ristrutturato anche la villa dell’ex premier a Pontassieve.
L’ex premier e la nomina al Consiglio di Stato – Proprio l’ex segretario del Pd ai tempi di Palazzo Chigi voleva nominare al Consiglio di Stato Giuseppe Mineo, altro ex giudice che è finito agli arresti stamattina: nelle stesse settimane in cui il suo nome veniva accostato a una poltrona di Palazzo Spada – ruolo per il quale non aveva però i requisiti – avrebbe ricevuto 115mila euro per “sovvertire due sentenze” care ad Amara e Calafiore. Il facilitatore di quel passaggio di denaro – per i pm – è Alessandro Ferraro, stretto collaboratore del legale di Siracusa e coinvolto con il legale in un’inchiesta che sembra scritta dallo sceneggiatore di una spy story: quella sul fantomatico complotto contro l’Eni e il suo ad Claudio Descalzi, fortemente voluto da Renzi. Un depistaggio costruito con esposti anonimi e dichiarazioni firmate da Massimo Gaboardi: secondo il procuratore aggiunto di Milano, Laura Pedio, l’ex tecnico dell’Eni avrebbe ricevuto denaro dallo stesso Ferraro per andare a denunciare l’inesistente complotto alla procura di Siracusa. E chi c’era nell’ufficio siciliano a mettere in piedi un’indagine completamente inconsistente? Il pm Giancarlo Longo, arrestato a sua volta perché per gli investigatori avrebbe agito su input dello stesso Amara. Alla fine spunta sempre lui, l’avvocato dei misteri che ha cominciato la sua carriera proprio come legale esterno dell’azienda del cane a sei zampe: la difendeva nelle cause per i disastri ambientali dei petrolchimici di Siracusa e Gela.
“Vinco tutte le cause” – “Ho una percentuale di successo del 100 percento“, si vantava Amara con gli amici. E in effetti il legale di processi ne vince tanti. Forse troppi. Nel 2012 il ministero della Giustizia manda gli ispettori alla procura di Siracusa per indagare sul pm Maurizio Musco e sul procuratore capo Ugo Rossi: i due saranno condannati in via definitiva nel 2017 per abuso d’ufficio. A Musco viene contestato di non essersi astenuto da una causa che coinvolgeva proprio Amara, al quale lo lega un profondo rapporto d’amicizia. Mai scalfita neanche da fatto che l’avvocato avesse patteggiato nel 2009 undici mesi per accesso illecito al sistema informativo della procura di Catania. Una pena estinta cinque anni dopo.
Le sentenze di Virgilio, la Consip e altre ombre – Non è l’unica ombra sul curriculum del legale. Per due anni – racconta l’agenzia Ansa – è stato indagato a Cassino nell’inchiesta – poi archiviata – sui presunti aggiustamenti di una perizia ambientale sulla raffineria di Gela in cambio di soldi. Nell’aprile 2017 la procura di Roma ipotizza per lui l’associazione a delinquere finalizzata alle false fatture: è l’indagine che poi porta al giudice Virgilio, legato alla società di Amara e Bacci, l’amico della famiglia Renzi. Le tre sentenze firmate da Virgilio riguardano invece una disputa tra Bigotti e la società francese Siram, del colosso Veolia, sulle attestazioni Soa per partecipare ai maggiori appalti italiani. Una lite per aggiudicarsi i bandi Consip, difesa dall’avvocato Alberto Bianchi, un altro amico di Renzi, il tesoriere di Open, storica fondazione dell’ex segretario del Pd.
Il complotto per depistare le indagini su Eni – Poi c’è, appunto, l’inchiesta della procura di Messina che ha portato all’arresto di Amara e del pm Longo, il magistrato che aveva aperto l’indagine sull’inesistente complotto ai danni di Descalzi. In realtà, per gli inquirenti lo scopo era quello di intralciare l’inchiesta del pm di Milano, Fabio De Pasquale, sulle presunte tangenti nigeriane di Eni e in cui l’amministratore delegato era coinvolto. Quello orchestrato a Siracusa, dunque, era un vero e proprio depistaggio che per gli investigatori milanesi sarebbe stato ordinato da Massimo Mantovani, ex responsabile dell’ufficio legale di Eni, ed attuale dirigente della società. Per il pm Pedio, il manager Eni avrebbe dato “le indicazioni necessarie” ad Amara “per l’organizzazione dell’attivita’ di depistaggio”, attraverso “i fatti denunciati sia a Trani che a Siracusa” che “venivano costruiti ad hoc al fine di delegittimare le indagini milanesi e di ostacolare lo svolgimento”. E questo l’uomo che adesso sta collaborando con i pm di Messina. Qualcuno, oltre lo Stretto, comincia probabilmente ad avere paura.
Twitter: @pipitone87
Giustizia & Impunità
Corruzione, l’indagine sul Consiglio dei Stato e quella su Eni: chi è Amara. Il socio dell’amico di Renzi ora parla coi pm
L'avvocato sta collaborando con i magistrati riempiendo centinaia di pagine di verbali pieni di omissis, che potrebbero coinvolgere anche personaggi eccellenti. D'altra parte di nomi pesanti il legale di Siracusa ne ha incrociati parecchi: da Andrea Bacci a Ezio Bigotti, l'imprenditore considerato vicino a Verdini. Una trama complessa in cui lui è il regista occulto: sempre dietro le quinte, ma sempre motore di ogni tipo di affare
Da alcune settimane sta parlando con i pm, riempiendo centinaia di pagine di verbali pieni di omissis che potrebbero imprimere un’escalation alle indagini. Dichiarazioni rese durante incidenti probatori programmati puntualmente davanti al gip di Messina, che potrebbero coinvolgere anche personaggi eccellenti. D’altra parte l’avvocato Piero Amara – arrestato nel febbraio scorso per corruzione, falso e associazione a delinquere – di pezzi grossi ne ha frequentati parecchi. A raccontarlo sono le inchieste che lo hanno visto protagonista: da Milano a Roma fino a Messina, il nome del legale di Siracusa fa capolino più volte in decine di fascicoli in cui gli investigatori ricostruiscono un gigantesco reticolo di legami, contatti e relazioni. Una trama complessa in cui Amara è il regista occulto: sempre dietro le quinte, ma sempre motore di ogni tipo di affare.
Contatti e legami: da Verdini a Renzi – Per esempio, difendeva spesso l’imprenditore Ezio Bigotti, vicino a Denis Verdini e Saverio Romano, considerato nemico personale da Alfredo Romeo nella corsa agli appalti Consip, che ha avuto benefici milionari grazie alle sentenze di Riccardo Virgilio. Il giudice del Consiglio di Stato – oggi in pensione – è finito indagato per corruzione in atti giudiziari. In cambio di tre sentenze – che sarebbero state pilotate – avrebbe ricevuto l’aiuto di Amara e del suo socio Giuseppe Calafiore per nascondere 750mila euro. Agli atti gli investigatori hanno appuntato numeri di conti svizzeri e nomi di società. Compresa la Teletouch, che appartiene allo stesso Amara e ad Andrea Bacci, amico di famiglia di Matteo Renzi ed ex socio del padre Tiziano, recentemente destinatario di alcune minacce. Bacci era considerato il construttore del Giglio magico e ha ristrutturato anche la villa dell’ex premier a Pontassieve.
L’ex premier e la nomina al Consiglio di Stato – Proprio l’ex segretario del Pd ai tempi di Palazzo Chigi voleva nominare al Consiglio di Stato Giuseppe Mineo, altro ex giudice che è finito agli arresti stamattina: nelle stesse settimane in cui il suo nome veniva accostato a una poltrona di Palazzo Spada – ruolo per il quale non aveva però i requisiti – avrebbe ricevuto 115mila euro per “sovvertire due sentenze” care ad Amara e Calafiore. Il facilitatore di quel passaggio di denaro – per i pm – è Alessandro Ferraro, stretto collaboratore del legale di Siracusa e coinvolto con il legale in un’inchiesta che sembra scritta dallo sceneggiatore di una spy story: quella sul fantomatico complotto contro l’Eni e il suo ad Claudio Descalzi, fortemente voluto da Renzi. Un depistaggio costruito con esposti anonimi e dichiarazioni firmate da Massimo Gaboardi: secondo il procuratore aggiunto di Milano, Laura Pedio, l’ex tecnico dell’Eni avrebbe ricevuto denaro dallo stesso Ferraro per andare a denunciare l’inesistente complotto alla procura di Siracusa. E chi c’era nell’ufficio siciliano a mettere in piedi un’indagine completamente inconsistente? Il pm Giancarlo Longo, arrestato a sua volta perché per gli investigatori avrebbe agito su input dello stesso Amara. Alla fine spunta sempre lui, l’avvocato dei misteri che ha cominciato la sua carriera proprio come legale esterno dell’azienda del cane a sei zampe: la difendeva nelle cause per i disastri ambientali dei petrolchimici di Siracusa e Gela.
“Vinco tutte le cause” – “Ho una percentuale di successo del 100 percento“, si vantava Amara con gli amici. E in effetti il legale di processi ne vince tanti. Forse troppi. Nel 2012 il ministero della Giustizia manda gli ispettori alla procura di Siracusa per indagare sul pm Maurizio Musco e sul procuratore capo Ugo Rossi: i due saranno condannati in via definitiva nel 2017 per abuso d’ufficio. A Musco viene contestato di non essersi astenuto da una causa che coinvolgeva proprio Amara, al quale lo lega un profondo rapporto d’amicizia. Mai scalfita neanche da fatto che l’avvocato avesse patteggiato nel 2009 undici mesi per accesso illecito al sistema informativo della procura di Catania. Una pena estinta cinque anni dopo.
Le sentenze di Virgilio, la Consip e altre ombre – Non è l’unica ombra sul curriculum del legale. Per due anni – racconta l’agenzia Ansa – è stato indagato a Cassino nell’inchiesta – poi archiviata – sui presunti aggiustamenti di una perizia ambientale sulla raffineria di Gela in cambio di soldi. Nell’aprile 2017 la procura di Roma ipotizza per lui l’associazione a delinquere finalizzata alle false fatture: è l’indagine che poi porta al giudice Virgilio, legato alla società di Amara e Bacci, l’amico della famiglia Renzi. Le tre sentenze firmate da Virgilio riguardano invece una disputa tra Bigotti e la società francese Siram, del colosso Veolia, sulle attestazioni Soa per partecipare ai maggiori appalti italiani. Una lite per aggiudicarsi i bandi Consip, difesa dall’avvocato Alberto Bianchi, un altro amico di Renzi, il tesoriere di Open, storica fondazione dell’ex segretario del Pd.
Il complotto per depistare le indagini su Eni – Poi c’è, appunto, l’inchiesta della procura di Messina che ha portato all’arresto di Amara e del pm Longo, il magistrato che aveva aperto l’indagine sull’inesistente complotto ai danni di Descalzi. In realtà, per gli inquirenti lo scopo era quello di intralciare l’inchiesta del pm di Milano, Fabio De Pasquale, sulle presunte tangenti nigeriane di Eni e in cui l’amministratore delegato era coinvolto. Quello orchestrato a Siracusa, dunque, era un vero e proprio depistaggio che per gli investigatori milanesi sarebbe stato ordinato da Massimo Mantovani, ex responsabile dell’ufficio legale di Eni, ed attuale dirigente della società. Per il pm Pedio, il manager Eni avrebbe dato “le indicazioni necessarie” ad Amara “per l’organizzazione dell’attivita’ di depistaggio”, attraverso “i fatti denunciati sia a Trani che a Siracusa” che “venivano costruiti ad hoc al fine di delegittimare le indagini milanesi e di ostacolare lo svolgimento”. E questo l’uomo che adesso sta collaborando con i pm di Messina. Qualcuno, oltre lo Stretto, comincia probabilmente ad avere paura.
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La corsa militare dell’Europa innesca una ondata di vendite sui debiti dei Paesi: su gli interessi
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.