Più il giorno della votazione sulla proposta di direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale si avvicina (il voto è fissato per domani 5 luglio, ndr) più nei corridoi delle Istituzioni europee e online l’aria che tira diventa quella da giorno del giudizio universale o da sfida all’O.K. Corral.
Da una parte e dall’altra le posizioni si fanno estreme, radicali e inconciliabili così come le iniziative per supportarle: a Wikipedia che ieri ha chiuso le sua pagine agli utenti italiani in segno di protesta e quasi a voler dare un’idea di quello che accadrebbe se un giorno, complice un intervento normativo come quello in questione, fosse costretta a chiudere, ha fatto immediatamente eco la Commissione europea, a mezzo Twitter e lanci di agenzia che, con inedita determinazione, è entrata nel dibattito pubblico a mettere nero su bianco che, a suo giudizio la direttiva non si applicherebbe all’enciclopedia più grande del mondo.
E non c’è niente di cui sorprendersi considerato che, in effetti, almeno per il momento, il tempo dei compromessi è finito e ha lasciato il posto al momento della scelta binaria: votare per l’approvazione della proposta di direttiva e chiudere la partita o votare no e tornare a discutere di cosa debba prevedere una buona legge europea sul copyright per essere considerata equilibrata e moderna.
E, forse, il punto che potrebbe indurre i tanti parlamentari ancora incerti a fare la scelta migliore possibile è proprio questo: quella arrivata in aula è una proposta figlia di faticosi compromessi politici nell’ambito dei quali, tuttavia, è fuori di dubbio che l’industria dei contenuti esca premiata, i gestori delle piattaforme di intermediazione dei contenuti puniti e, gli utenti e fruitori di tali contenuti semplicemente dimenticati assieme a una buona dose di principi e libertà nei quali pure l’Unione europea si riconosce.
Ora il punto, forse, è proprio questo: il meglio è nemico del bene può essere il principio ispiratore di un decisore pubblico che si trova a maneggiare un tema tanto delicato e crocevia di diritti e interessi contrapposti come il diritto d’autore?
E’ lecito dire sì a una proposta di direttiva che, con onestà intellettuale, da una parte e dall’altra, occorre riconoscere che non condannerà Internet all’estinzione né Wikipedia alla chiusura ma, ad un tempo, rischia di sacrificare in maniera importante taluni diritti e libertà degli utenti sull’altare dell’enforcement dei diritti d’autore e di far crescere esponenzialmente il potere dei giganti del web nel determinare la dieta mediatica globale?
La risposta è inesorabilmente soggettiva. E’ politica nel senso più alto del termine e, proprio per questo, è destinata a riassumere un po’ il significato del voto di domani: chi voterà sì, si professerà convinto del fatto che ci si possa “accontentare” anche quando si scrive una legge in materia di diritti e libertà fondamentali nella consapevolezza che, poi, ci vorranno anni per modificarla mentre chi voterà no, starà dicendo che metodo e rigore scientifico, valutazione di impatto, esclusione di ogni diversa possibilità di soluzione del problema non possono mai mancare quando si legifera in materie di questo genere.
Ed è questo, forse, il senso dell’unico appello che ha ancora senso lanciare agli indecisi che domani dovranno scegliere che pulsante schiacciare sulla tastiera del voto elettronico del Parlamento europeo. Non un appello sul merito per il quale non c’è più tempo ma un appello sul merito.
La proposta di direttiva sul diritto d’autore che domani arriva in aula è semplicemente immatura e, va detto con grande obiettività, non è la miglior proposta di direttiva possibile neppure allo stato degli atti.
E’ una proposta pensata male, scritta ascoltando più certi suggeritori che altri e scritta in maniera tale da rappresentare fonte sicura di grandi incertezze applicative delle quali, come sempre avviene, si avvantaggeranno i grandi – da una parte e dall’altra – che potranno permettersi di avventurarsi in contenziosi lunghi e costosi in danno dei più piccoli che, davanti al primo dubbio, dovranno gettare la spugna e piegarsi all’interpretazione dei più forti.
Ed è, soprattutto, un proposta di direttiva che mina alcuni valori fondamentali alla base dell’Ordinamento europeo. Due su tutti: il primo è quello secondo il quale, specie quando si discute di diritti e libertà fondamentali, non può esserci spazio per nessuna forma di “giustizia privata” tanto più se destinata ad essere applicata in via automatizzata attraverso robot più o meno intelligenti mentre ogni decisione deve toccare esclusivamente a giudici e Autorità.
La proposta di direttiva, al contrario, rinnega tale principio quando, nella sostanza, rimette la decisione sull’esistenza o meno di una violazione del diritto d’autore ai sistemi elettronici dei quali tutti i gestori delle piattaforme di intermediazione dovranno avvalersi. E l’argomento secondo il quale tempi e volumi di questo genere di controversie sarebbero incompatibili con il ricorso a qualsiasi forma di giustizia terza e imparziale è debole, vecchio, poco onesto intellettualmente.
Davanti all’esigenza di tutelare beni preziosi come la creatività, la cultura o l’informazione non è impossibile pensare di individuare soluzioni moderne ed efficaci in seno alla giustizia degli Stati: basterebbe ipotizzare di consegnare i filtri che domani si vorrebbero utilizzati da giganti della Rete per tenerla pulita a giudici e autorità nazionali e lasciare che siano questi ultimi a settare in maniera terza, imparziale, trasparente gli algoritmi di selezione del lecito e dell’illecito.
Non si abbatterebbe il rischio di errore ma, almeno, si acquisirebbe la duplice ragionevole certezza che l’algoritmo è imparziale e non orientato a interessi economici o politici di sorta e, soprattutto, che tutte le decisioni sono sindacabili per davvero.
Il secondo dei principi ai quali si sta derogando è quello secondo il quale il diritto d’autore – quello vero, figlio di secoli di storia preziosa, nobile e rispettabilissima – insiste su opere originali e creative e sul loro effettivo sfruttamento commerciale mentre link, snippet e anteprima pur garantendo innegabilmente profitti ai gestori delle grandi piattaforme di aggregazione grazie allo sfruttamento dei contenuti degli editori non possono, per davvero, considerarsi forme di utilizzazione neppure parziale di altrui diritti d’autore.
E’ un diritto d’autore artificiale, fragile e precario quello che la proposta di direttiva mira a introdurre, un diritto d’autore che apre la porta a derive che minano dall’interno la tenuta dell’intero sistema della proprietà intellettuale che, pure, a parole, si dice di voler proteggere.
Un No domani in aula, insomma, potrebbe forse essere giustificato anche su un’obiezione di coscienza sul metodo più che sul merito.
Io voterei No, non senza esitazioni – perché le esigenze sollevate dai titolari dei diritti sono importanti e la loro industria non è un’industria come le altre perché produce una ricchezza che tracima dai loro bilanci e contribuisce a formare il patrimonio culturale dell’umanità – ma con la serena coscienza di fare la cosa giusta perché una soluzione migliore, più equa e più moderna e possibile.
Ma io non voto, per fortuna di qualcuno e sfortuna di qualcun altro.
Vincano quindi i più come è giusto che accada in democrazia e speriamo che i più stiano dalla parte delle libertà e dei diritti fondamentali dei cittadini dell’Unione.
Guido Scorza
Componente del collegio del garante per la protezione dei dati
Media & Regime - 4 Luglio 2018
La riforma Ue del copyright non farà chiudere Wikipedia ma resta una proposta pensata male
Più il giorno della votazione sulla proposta di direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale si avvicina (il voto è fissato per domani 5 luglio, ndr) più nei corridoi delle Istituzioni europee e online l’aria che tira diventa quella da giorno del giudizio universale o da sfida all’O.K. Corral.
Da una parte e dall’altra le posizioni si fanno estreme, radicali e inconciliabili così come le iniziative per supportarle: a Wikipedia che ieri ha chiuso le sua pagine agli utenti italiani in segno di protesta e quasi a voler dare un’idea di quello che accadrebbe se un giorno, complice un intervento normativo come quello in questione, fosse costretta a chiudere, ha fatto immediatamente eco la Commissione europea, a mezzo Twitter e lanci di agenzia che, con inedita determinazione, è entrata nel dibattito pubblico a mettere nero su bianco che, a suo giudizio la direttiva non si applicherebbe all’enciclopedia più grande del mondo.
E non c’è niente di cui sorprendersi considerato che, in effetti, almeno per il momento, il tempo dei compromessi è finito e ha lasciato il posto al momento della scelta binaria: votare per l’approvazione della proposta di direttiva e chiudere la partita o votare no e tornare a discutere di cosa debba prevedere una buona legge europea sul copyright per essere considerata equilibrata e moderna.
E, forse, il punto che potrebbe indurre i tanti parlamentari ancora incerti a fare la scelta migliore possibile è proprio questo: quella arrivata in aula è una proposta figlia di faticosi compromessi politici nell’ambito dei quali, tuttavia, è fuori di dubbio che l’industria dei contenuti esca premiata, i gestori delle piattaforme di intermediazione dei contenuti puniti e, gli utenti e fruitori di tali contenuti semplicemente dimenticati assieme a una buona dose di principi e libertà nei quali pure l’Unione europea si riconosce.
Ora il punto, forse, è proprio questo: il meglio è nemico del bene può essere il principio ispiratore di un decisore pubblico che si trova a maneggiare un tema tanto delicato e crocevia di diritti e interessi contrapposti come il diritto d’autore?
E’ lecito dire sì a una proposta di direttiva che, con onestà intellettuale, da una parte e dall’altra, occorre riconoscere che non condannerà Internet all’estinzione né Wikipedia alla chiusura ma, ad un tempo, rischia di sacrificare in maniera importante taluni diritti e libertà degli utenti sull’altare dell’enforcement dei diritti d’autore e di far crescere esponenzialmente il potere dei giganti del web nel determinare la dieta mediatica globale?
La risposta è inesorabilmente soggettiva. E’ politica nel senso più alto del termine e, proprio per questo, è destinata a riassumere un po’ il significato del voto di domani: chi voterà sì, si professerà convinto del fatto che ci si possa “accontentare” anche quando si scrive una legge in materia di diritti e libertà fondamentali nella consapevolezza che, poi, ci vorranno anni per modificarla mentre chi voterà no, starà dicendo che metodo e rigore scientifico, valutazione di impatto, esclusione di ogni diversa possibilità di soluzione del problema non possono mai mancare quando si legifera in materie di questo genere.
Ed è questo, forse, il senso dell’unico appello che ha ancora senso lanciare agli indecisi che domani dovranno scegliere che pulsante schiacciare sulla tastiera del voto elettronico del Parlamento europeo. Non un appello sul merito per il quale non c’è più tempo ma un appello sul merito.
La proposta di direttiva sul diritto d’autore che domani arriva in aula è semplicemente immatura e, va detto con grande obiettività, non è la miglior proposta di direttiva possibile neppure allo stato degli atti.
E’ una proposta pensata male, scritta ascoltando più certi suggeritori che altri e scritta in maniera tale da rappresentare fonte sicura di grandi incertezze applicative delle quali, come sempre avviene, si avvantaggeranno i grandi – da una parte e dall’altra – che potranno permettersi di avventurarsi in contenziosi lunghi e costosi in danno dei più piccoli che, davanti al primo dubbio, dovranno gettare la spugna e piegarsi all’interpretazione dei più forti.
Ed è, soprattutto, un proposta di direttiva che mina alcuni valori fondamentali alla base dell’Ordinamento europeo. Due su tutti: il primo è quello secondo il quale, specie quando si discute di diritti e libertà fondamentali, non può esserci spazio per nessuna forma di “giustizia privata” tanto più se destinata ad essere applicata in via automatizzata attraverso robot più o meno intelligenti mentre ogni decisione deve toccare esclusivamente a giudici e Autorità.
La proposta di direttiva, al contrario, rinnega tale principio quando, nella sostanza, rimette la decisione sull’esistenza o meno di una violazione del diritto d’autore ai sistemi elettronici dei quali tutti i gestori delle piattaforme di intermediazione dovranno avvalersi. E l’argomento secondo il quale tempi e volumi di questo genere di controversie sarebbero incompatibili con il ricorso a qualsiasi forma di giustizia terza e imparziale è debole, vecchio, poco onesto intellettualmente.
Davanti all’esigenza di tutelare beni preziosi come la creatività, la cultura o l’informazione non è impossibile pensare di individuare soluzioni moderne ed efficaci in seno alla giustizia degli Stati: basterebbe ipotizzare di consegnare i filtri che domani si vorrebbero utilizzati da giganti della Rete per tenerla pulita a giudici e autorità nazionali e lasciare che siano questi ultimi a settare in maniera terza, imparziale, trasparente gli algoritmi di selezione del lecito e dell’illecito.
Non si abbatterebbe il rischio di errore ma, almeno, si acquisirebbe la duplice ragionevole certezza che l’algoritmo è imparziale e non orientato a interessi economici o politici di sorta e, soprattutto, che tutte le decisioni sono sindacabili per davvero.
Il secondo dei principi ai quali si sta derogando è quello secondo il quale il diritto d’autore – quello vero, figlio di secoli di storia preziosa, nobile e rispettabilissima – insiste su opere originali e creative e sul loro effettivo sfruttamento commerciale mentre link, snippet e anteprima pur garantendo innegabilmente profitti ai gestori delle grandi piattaforme di aggregazione grazie allo sfruttamento dei contenuti degli editori non possono, per davvero, considerarsi forme di utilizzazione neppure parziale di altrui diritti d’autore.
E’ un diritto d’autore artificiale, fragile e precario quello che la proposta di direttiva mira a introdurre, un diritto d’autore che apre la porta a derive che minano dall’interno la tenuta dell’intero sistema della proprietà intellettuale che, pure, a parole, si dice di voler proteggere.
Un No domani in aula, insomma, potrebbe forse essere giustificato anche su un’obiezione di coscienza sul metodo più che sul merito.
Io voterei No, non senza esitazioni – perché le esigenze sollevate dai titolari dei diritti sono importanti e la loro industria non è un’industria come le altre perché produce una ricchezza che tracima dai loro bilanci e contribuisce a formare il patrimonio culturale dell’umanità – ma con la serena coscienza di fare la cosa giusta perché una soluzione migliore, più equa e più moderna e possibile.
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Roma, 13 mar. - (Adnkronos) - Il Premio Film Impresa è pronto a tornare per il terzo anno consecutivo. La conferenza stampa di presentazione avrà luogo il 17 marzo, alle 11, alla Casa del Cinema di Roma a Villa Borghese. Il Premio - la cui terza edizione si terrà il 9, 10 e 11 aprile sempre alla Casa del Cinema - è un’iniziativa ideata e realizzata da Unindustria con il supporto di Confindustria. Divenuto ormai un vero hub culturale e luogo d’incontro di riferimento, il Premio ha l’obiettivo di valorizzare, esaltare e comunicare i valori dell’impresa e delle persone che vi lavorano. Creatività, visione, coraggio, tradizione, appartenenza al territorio, innovazione e sostenibilità sono i protagonisti dei prodotti audiovisivi, dei cortometraggi e dei mediometraggi candidati che saranno selezionati da una giuria presieduta quest’anno da Caterina Caselli.
Alla conferenza stampa di lancio, che annuncerà i nomi di tutti i componenti della giuria e anche il dettaglio del programma degli eventi del Pfi, prenderanno parte il presidente del Premio Film Impresa Giampaolo Letta, il presidente di Unindustria Giuseppe Biazzo, il direttore artistico del Premio Mario Sesti e la presidente di Giuria Caterina Caselli.
Parteciperanno inoltre i rappresentanti delle aziende partner, e interverrà anche Lorenza Lei, responsabile Cinema e Audiovisivo della Regione Lazio. La terza edizione del Premio Film Impresa si avvale del patrocinio di Regione Lazio, Roma Capitale e Rai Teche, e della collaborazione di Confindustria, Anica, Una e Fondazione Cinema per Roma. L'iniziativa è realizzata in partnership con Almaviva, Edison Next, Umana e UniCredit, e con il supporto tecnico di Spencer & Lewis, D-Hub Studios, Ega e Tecnoconference Europe. Media partner dell'evento sono Il Messaggero, Prima Comunicazione e Adnkronos.
Tel Aviv, 13 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano afferma di aver colpito un "centro di comando appartenente alla Jihad islamica palestinese" a Damasco. L'attacco dimostra che Israele "non permetterà che la Siria diventi una minaccia per lo Stato di Israele", ha dichiarato il ministro della Difesa israeliano Israel Katz, aggiungendo che nella lotta "al terrorismo islamico contro Israele, non sarà dispensato né Damasco né altri".
Catania, 13 mar. (Adnkronos) - "La politica tende a minimizzare il ruolo dei clan all'interno delle comunità e della capacità che hanno di raccogliere consensi. Quindi c'è una minore consapevolezza in questa direzione. Farsi condizionare significa mettersi a disposizione" dei clan. E' il monito del Presidente della Commissione regionale antimafia all'Ars Antonello Cracolici conversando con i giornalisti a Catania dove oggi si è trasferita la Commissione per le audizioni. "La politica se si mette a disposizione - dice - è inevitabilmente subalterna alla criminalità".
Catania, 13 mar. (Adnkronos) - "Oltre il 20 per cento dei comuni del catanese sono coinvolti in fatti di infiltrazioni, è un dato di fatto. Comuni sciolti per mafia, o per cui è stato deciso l'accesso. O per il quale verrà chiesto ei prossimi giorni, come a Ramacca". E' il grido d'allarme lanciato dal Presidente della Commissione regionale antimafia all'Ars, Antonello Cracolici, a margine delle audizioni a Catania. "E' evidente che c'è una condizione sulla quale bisogna guardare con molta preoccupazione quello che sta avvenendo nei territori - dice parlando con i giornalisti-Anche perché la mafia ha cambiato pelle, ha cambiato persino anagrafe".
Il Cairo, 13 mar. (Adnkronos/Afp) - Egitto, Hamas e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) hanno accolto con favore le dichiarazioni di Donald Trump secondo cui “nessuno espellerà i palestinesi” dalla Striscia di Gaza, come il presidente americano ha dichiarato ieri alla Casa Bianca, in risposta a un giornalista che gli chiedeva se il piano di “espellere i palestinesi da Gaza” fosse stato menzionato durante le sue discussioni con il primo ministro irlandese, Michael Martin, in visita a Washington.
L'Egitto "afferma che questa posizione riconosce l'importanza di evitare il peggioramento delle condizioni umanitarie nella regione e la necessità di lavorare per soluzioni giuste e durature per la causa palestinese", ha affermato in una nota il Ministero degli Esteri egiziano.
Da parte sua, il portavoce di Hamas Hazem Qassem ha affermato che "le dichiarazioni di Trump sulla mancata espulsione dei residenti di Gaza sono state ben accolte". E apprezzamento è stato dichiarato anche dall'Olp: "Apprezziamo le dichiarazioni del presidente americano che conferma che gli abitanti della Striscia di Gaza non sono obbligati a lasciare la loro patria", ha scritto su X il segretario generale Hussein al-Sheikh.
Roma, 13 mar. (Adnkronos Salute) - "L’anno scorso la Commissione scientifica ed economia del Farmaco dell'Aifa ha riclassificato, dalla diretta alla convenzionata, le gliptine, farmaci antidiabetici di largo utilizzo. È stata fatta questa riclassificazione sulla base di criteri scientifici. È una classe omogenea di farmaci, ci sono evidenze scientifiche, si è fatta un’analisi dell’impatto e a distanza di un anno possiamo dire che l’esperimento comunque ha funzionato. Effettivamente questi farmaci sono farmaci antidiabetici oggi molto utilizzati, sono di largo impiego, hanno un profilo rischio-beneficio estremamente favorevole, ma il fatto che si siano riclassificati ha portato anche a una maggiore aderenza terapeutica". Lo ha detto il presidente dell'Agenzia italiana del farmaco Robert Giovanni Nisticò nel suo intervento da remoto oggi, al ministero, per l'evento 'Farmaco accessibile: bilanci e prospettive. Un anno dalla norma' promosso dal sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato.
"Il diabete - ha proseguito Nisitcò - è una patologia comunque cronica, che può portare a molte complicanze, quindi favorire l’aderenza, attraverso appunto canali distributivi che vadano verso la prossimità del paziente, è sicuramente una cosa importante. Quindi anche la rivalutazione della farmacia, della farmacia territoriale per raggiungere meglio il paziente, quindi della medicina di prossimità, della sanità di prossimità è sicuramente una cosa importante. Certamente il fatto di aver riclassificato farmaci, da un contenitore già molto sotto pressione a un altro, ci deve dire che sicuramente da un lato possiamo alleggerire quello che è il peso, la pressione del payback farmaceutico, dall’altro però ci sono nuove criticità che dobbiamo tutti insieme affrontare, ad esempio l’impatto sulle Regioni".
L'Aifa "rimane disponibile in tutto questo scenario e noi siamo chiaramente un’istituzione pronta a dialogare con tutti, per far sì che queste disposizioni della Legge di Bilancio abbiano poi la loro finalità, da un lato verso la salute dei pazienti, dall’altro anche verso la sostenibilità del Ssn" ha concluso.
Roma, 13 mar. (Adnkronos Salute) - "I numeri parlano chiaro: 9 ,7 milioni di risparmi per il Ssn, e da maggio a novembre 2024 le farmacie territoriali hanno dispensato oltre 2 milioni di confezioni di farmaci antidiabetici a base di gliptine. Tradotto in termini significa milioni di accessi in più a farmaci essenziali, senza file in ospedale, senza doppi passaggi in farmacia per la distribuzione per conto, senza barriere burocratiche. Abbiamo semplificato la vita a centinaia di migliaia di pazienti diabetici, soprattutto anziani, che oggi possono ritirare le loro cure direttamente nella farmacia sotto casa". Lo ha detto il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, nel suo intervento oggi, al ministero, per l'evento 'Farmaco accessibile: bilanci e prospettive. Un anno dalla norma' .
"L'impatto economico del provvedimento è altrettanto significativo -sottolinea Gemmato - La spesa a carico del nostro Ssn è risultata inferiore rispetto a quanto si sarebbe verificato con la precedente modalità di distribuzione diretta e per conto, con un risparmio per il Ssn di 9,7 milioni di euro". Gemmato sottolinea l'importanza di quella che lui stesso definisce "una riforma gentile" che "consente al cittadino un migliore accesso alle cure e, di conseguenza, una migliore aderenza terapeutica", oltre "ad un risparmio per le casse dello Stato, mi sembra un ottimo risultato".
Sulla possibilità che altre classi di farmaci vengano riclassificate, come è successo per gli antidiabetici, Gemmato non ha dubbi: "Noi contiamo di spostare pezzo per pezzo - spiega - anno per anno, così come la legge prevede, con un monitoraggio di spesa, la maggior quantità possibile di farmaci, ma proprio per andare incontro al cittadino, ridurre il disagio, migliorare la compliance, l'adenza terapeutica". Ci sono alcuni farmaci che "ovviamente richiedono una dispensazione in ambiente protetto e controllato, quale è quell'ospedaliero, e quelli evidentemente non vengono toccati. Per tutta un'altra serie di farmaci, invece, si apre la possibilità dello spostamento e quindi anno per anno, con una logica di medio e di lungo periodo, sposteremo compatibilmente con il bilancio dello Stato, quindi tenendo sempre sotto controllo i conti dello Stato, sposteremo quante più categorie possibili".