Lo ha deciso il gip di Milano Stefania Pepe dopo la richiesta di convalida dei fermi e di custodia cautelare in carcere formulata dal pm Elio Ramondini, titolare delle indagini condotte dalla Squadra Mobile
Restano in carcere con l’accusa di tentato omicidio i quattro fermati per l’aggressione a coltellate ai danni di Niccolò Bettarini, figlio di Stefano e Simona Ventura, avvenuta domenica scorsa all’esterno della discoteca milanese Old Fashion. Lo ha deciso il gip di Milano Stefania Pepe dopo la richiesta di convalida dei fermi e di custodia cautelare in carcere formulata dal pm Elio Ramondini, titolare delle indagini condotte dalla Squadra Mobile. Gli indagati, due italiani e due albanesi, negano tutto ma davanti al giudice però si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Davide Caddeo, 29 anni, con precedenti, Alessandro Ferzoco, barista 24enne ultra dell’Inter sottoposto a Daspo fino al 2019, e Albano Jakej, 23 anni, e Andi Arapi, 29 anni, irregolare sono accusati di tentato omicidio. Niccolò è riuscito a salvarsi per “l’intervento di alcuni degli amici” e di uno in particolare e per questo non è morto a causa della “brutale aggressione”, mentre gli aggressori hanno cercato di ucciderlo secondo quanto scrive il gip di Milano Stefania Pepe nell’ordinanza di custodia in carcere per i quattro accusati di tentato omicidio.
I quattro fermati hanno tentato di ucciderlo perché si erano “certamente” prefigurati che “gli atti posti in essere”, ossia il pestaggio e soprattutto le coltellate, “avrebbero comunque potuto produrre conseguenze mortali“, anche in considerazione della “loro superiorità numerica e della violenza della loro azione”. Il giudice parla, infatti, di “dolo alternativo”, ossia del fatto che i fermati avevano previsto la possibilità che il giovane sarebbe potuto morire.
Per i quattro giovani fermati, quella di domenica in viale Alemagna era una semplice rissa a cui partecipavano anche altri ragazzi. Una versione molto lontana rispetto a quella che gli amici della vittima hanno fornito agli inquirenti, riempiendo pagine di verbali con dettagli e accuse. Per i compagni e la fidanzata di Bettarini jr, infatti, a cercare la rissa sarebbero stati proprio loro. Forse volevano mettere a posto una vecchia ruggine nata il 4 marzo scorso, quando uno degli amici della vittima aveva fatto allontanare dai buttafuori di un’altra discoteca alcuni di loro, che volevano entrare nell’area che aveva affittato per una festa. E quando domenica scorsa i tre lo hanno rivisto all’Old Fashion, lo hanno minacciato e aspettato all’uscita. E proprio allora, secondo la stessa vittima e i testimoni che poi lo hanno soccorso, uno degli albanesi lo ha riconosciuto e gli ha gridato: “Hai gli orecchini come i miei, ti ho riconosciuto, tu sei il figlio di Bettarini, ora ti ammazziamo”. “Mi ha dato alcuni buffetti sulla faccia cercando di provocarmi, io ho provato a respingerlo, ma mi sono trovato immediatamente in mezzo a più di dieci persone e non ho capito più nulla“, ha aggiunto Bettarini che si ritrova con a fianco la sola fidanzata Zoe Esposito, studentessa di 21 anni “circondato e colpito a calci e pugni anche quando stava a terra e, per ultimo, più volte con una lama” scrivono gli inquirenti.
“Ho visto che diversi ragazzi sono saltati addosso a Niccolò – ha fatto mettere a verbale Zoe – Non sono riuscita a distinguere più nulla () Era caduto per terra, ho provato ad aiutarlo e ho notato che già da lì perdeva sangue. Mentre cercavo di riparargli la testa dai colpi sono arrivati anche a me alcuni calci e pugni, uno in faccia”. “Quando sono caduto a terra e Zoe è venuta a soccorrermi le è arrivato un calcio in faccia. Subito dopo sono scappati tutti”, conferma Bettarini Jr che aggiunge: “Non mi sono accorto di essere stato ferito fino a quando non ho visto che sanguinavo“. Una ricostruzione che ha convinto il pm Elio Ramondini ma che Ferzoco respinge con forza. “Non sapeva chi fosse la vittima fino a quando non è stato fermato e portato a San Vittore”, ha spiegato il suo difensore, l’avvocato Mirko Perlino, spiegando che il barista 24enne, pur non avendo risposto alle domande del giudice, ha voluto fare dichiarazioni spontanee e nei prossimi giorni è pronto a raccontare la sua verità davanti al pm Ramondini. “Adesso – aggiunge il legale – vuole soprattutto chiedere scusa a Niccolò e ai suoi familiari ed è anche pronto a fare un gesto riparatore”.