“Palozzi mi chiedeva sempre soldi, a Civita ho fatto un favore mettendomi nei suoi panni come padre ma non gli ho mai dato soldi”. Luca Parnasi, il costruttore finito in carcere nella maxi inchiesta sul nuovo stadio della Roma e che ha cominciato a collaborare con la procura, descrive così ai pm di piazzale Clodio il suo rapporto con i due indagati, rappresentanti della politica romana. Il primpo è l’ex assessore regionale del Pd, Michele Civita, il secondo l’ex vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio, Adriano Palozzi, di Forza Italia. I due, il primo per cui il gip ha disposto l’obbligo di firma e il secondo agli arresti domiciliari, hanno discusso oggi davanti al Riesame le istanze per chiedere la revoca o l’attenuazione delle misure cautelari dopo gli arresti del 13 giugno. Il tribunale della Libertà si è riservato di decidere nei prossimi giorni. In attesa di una decisione anche lo stesso Parnasi che ha chiesto l’attenuazione della misura al gip ottenendo il parere favorevole della Procura. Mentre sarà discussa l’11 luglio l’istanza di scarcerazione presentata in Cassazione.
La Procura, per rafforzare il suo impianto accusatorio, ha depositato la parte dell’interrogatorio di Parnasi in cui il costruttore racconta dei suoi rapporti con gli esponenti politici. “Palozzi mi ha chiesto con estrema insistenza un aiuto economico – ha detto Parnasi agli inquirenti -. L’ho conosciuto in occasione della vicenda di Ecovillage, in quanto era sindaco del Comune di Marino. Lo avevo sostenuto nella precedente campagna elettorale, almeno 6 anni addietro, erogando in suo favore se non ricordo male 10mila euro. Si trattava di un’erogazione regolare, con delibera e iscrizione in bilancio da parte di una società del gruppo”. Nel corso dell’interrogatorio, il costruttore aggiunge che “nell’ultima campagna elettorale Palozzi mi chiamava continuamente chiedendomi un contributo ed abbiamo concordato il contratto con la Pixie, al fine di giustificare la dazione della somma di denaro. Non avevo bisogno di quel contratto né di quei servizi. Tuttavia – aggiunge il costruttore – non volevo fare figurare il mio nome accanto a quello di Palozzi proprio perché stavo tentando di costruire un rapporto con i Cinque Stelle. La società Pixie ha svolto una attività di consulenza consistente nella documentazione che esibisco”.
Per quanto riguarda Civita, il costruttore ha ricordato di conoscerlo da “circa 20 anni, ha sempre fatto gli interessi dell’amministrazione. La conferenza di servizi era già stata chiusa e già c’erano state le elezioni quando con estremo imbarazzo mi ha chiesto di trovare un lavoro per suo figlio“. E ancora: “Non ho mai sostenuto Civita con erogazioni di denaro ma l’ho sostenuto con il voto, a lui dato anche da parte dei miei familiari. Era il nostro punto di riferimento nella conferenza di servizi ed a lui, sia che io che Caporilli e Baldissoni, ci rivolgevamo per la soluzione di eventuali problemi”. Agli atti è finito anche l’interrogatorio svolto martedì nel carcere di Regina Coeli di Giulio Mangosi, cugino di Parnasi e suo collaboratore. Il manager parlando con i pm ha preso le distanze dal modus operandi del costruttore. “Il gruppo Parnasi è una società padronale, in cui non c’era alcuna condivisione nelle scelte e nella quale ogni scelta imprenditoriale non veniva fatta in base al merito ed al fine di conseguire risultati in sostanza validi, a al solo fine di creare relazioni utili al perseguimento di interessi di Parnasi”.