La Marmolada è trentina: le lancette del tempo tornano indietro fino al 1911, quando l’Impero Austro-ungarico di Francesco Giuseppe e il Regno d’Italia dei Savoia si accordarono per fissare i confini dei due stati sulle creste della cima più alta delle Dolomiti (3.343 metri). Adesso, al posto degli austriaci c’è il comune di Canazei, che fa parte della provincia autonoma di Trento, al posto dello stato sabaudo c’è il comune bellunese di Rocca Pietore. E i confini delle due regioni, il Trentino-Alto Adige e il Veneto, dopo due guerre e mondiali e un’ancora più lunga battaglia burocratica, vengono riportati esattamente a quella situazione di 107 anni fa. E a vincere la singolar tenzone che ha visto schierati da una parte e dall’altra stuoli di avvocati, di esegeti delle carte geografiche e dei documenti storici contenuti negli archivi, è quindi il Trentino.
In Val di Fassa si festeggia. Nel bellunese e nelle sede della Regione Veneto invece si giura che la guerra non è finita e il governatore Luca Zaia annuncia che sulla trincea della Marmolada il combattimento durerà ancora a lungo. Anche perché non sono in gioco ideali, ma ben più concreti interessi economici.
La disputa fra Trento e Venezia è stata decisa a Roma, dall’Agenzia del territorio che ha deciso di tracciare un tratto di penna che annulla l’accordo siglato nel 2002 dai due governatori, Lorenzo Dellai e Giancarlo Galan. Ha infatti stabilito che non ha valore quell’intesa che risultò favorevole al Veneto, mentre ci si deve rifare al decreto che nell’ormai lontano 1982 venne promulgato dall’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini e fu ribadito nel 1998 da una sentenza del Consiglio di Stato. In una parola, il confine della Marmolada (e delle due regioni) corre sulla linea delle creste, che coincide con quella di displuvio del monte, ossia da Punta Rocca verso passo Fedaia.
La svolta è arrivata a inizio anno quando l’Agenzia del territorio ha convocato a Roma i rappresentanti delle comunità confinanti. Ognuno ha portato le proprie ragioni. Le più convincenti sono evidentemente state quelle dei trentini che hanno contestato soprattutto la facoltà dei due governatori Dellai e Galan di trattare sui confini, una materia che era già stata disciplinata dal decreto Pertini.
Luca Zaia si è subito calato l’elmetto in testa. “Giù le mani dalla Marmolada, la difenderemo con le nostre unghie. Difenderemo quel confine, che riguarda gli impianti di risalita, attività economiche e identitarie che sono del Veneto”. E ha aggiunto: “Vogliamo entrare nel vivo di un dibattito che va avanti da decenni con la convinzione di avere una proposta alternativa”. “Questa è una partita che si potrebbe risolvere con il buon senso, ma mi sembra di capire che il buon senso è stato affidato ai legali, allora continueremo con i legali”, ha promesso.