La richiesta arriva dalla Procura di Tempio Pausania. L'accusa, per l'ex numero uno di Confindustria, è di aver applicato tassi d'interesse fuori soglia. L'avvocato della donna: "Sforamenti tra il 40 e il 60%"
Interessi da usura, superiori di almeno un terzo, applicati su due conti correnti della Banca nazionale del lavoro – da una filiale sarda – tra il 2009 e il 2012. La richiesta di rinvio a giudizio, formulata dalla Procura di Tempio Pausania, in Gallura, riguarda un nome di spicco: quello di Luigi Abete, presidente di Bnl ed ex leader di Confindustria. Lui e un altro funzionario – come anticipato da La Nuova Sardegna – sono accusati di aver applicato dei tassi fuori soglia secondo quanto prescritto dalla legge del 1996.
Il caso riguarda un’imprenditrice isolana e le sue quattro villette costruite fronte mare con l’intento di rivenderle: un classico intervento immobiliare che si è scontrato, però, con la crisi del settore. E con le condizioni della banca; la sua banca, quella in cui aveva aperto i conti della famiglia fin dagli anni Novanta. Da qui le difficoltà, la mancata rinegoziazione dei mutui, le rate rinviate fino al pignoramento dei beni e alla loro messa in vendita all’asta (procedimento poi rientrato grazie all’opposizione). A guidare quel primo successo della battaglia legale una professionista specializzata in diritto bancario, e in particolare nel reato di usura bancaria, l’avvocato – con sede a Lugano – Rosa Chiericati.
“La parte penale – spiega a ilfattoquotidiano.it – riguarda i conti e si tratta di usura originaria, il contratto è stato modificato in modo peggiorativo in corso d’opera. Sono stati riscontrati tassi da usura anche sui mutui, ma questi sono oggetto di altri procedimenti in sede civile”. In realtà, secondo la sua ricostruzione, l’imprenditrice – avanti negli anni – aveva tentato di far valere i suoi diritti in modo soft, soprattutto sui costi duplicati, interessi mascherati e sulla mancata trasparenza, ma senza alcun risultato concreto. Da qui l’intervento del legale e del consulente incaricato, l’ingegner Davide Porzani, esperto del settore: “Il tasso di usura sullo scoperto è stato riconosciuto successivamente ad alcune modifiche del contratto che per i conti si intende a tempo indeterminato. Su queste – da qui la denuncia penale – è stata riscontrata la volontà, ossia il dolo. Gli sforamenti oscillavano tra il 40 e il 60 per cento, il tasso veniva costantemente superato del 30 per cento contro una soglia massima del 25″.
Due le interpretazioni, specifica al telefono: “Di solito ricostruisco il tasso globale e preparo due perizie. La prima, più favorevole al cliente, si allinea alla legge antiusura; la seconda si allinea invece alle istruzioni che ogni anno fornisce la Banca d’Italia, più restrittiva. In entrambi i casi ho rilevato l’usura bancaria per diversi lassi di tempo, da qui l’azione”. Ribatte il legale: “I tassi sono stati sforati per tre anni, questo fatto non è contestabile da niente e nessuno. Ci sono i calcoli della Banca d’Italia. Dopo l’attivazione del procedimento, quindi, il tribunale ha disposto la sua perizia che ha comunque confermato il superamento delle soglie legittime”. E ora la correntista gallurese è assolutamente determinata ad andare avanti, assicura Chiericati.
I precedenti: tribunale che vai, procedimento che trovi – Circa un mese fa, il 31 maggio, a Cagliari c’è stata una prima udienza davanti al gup. Protagonista, ma assente in aula, sempre il presidente della Bnl, Luigi Abete, il motivo sempre lo stesso declinato su un caso simile a quello del nord Sardegna. L’ipotesi della Procura è un tasso d’interesse fuori soglia applicato questa volta su un mutuo. Ad Abete – per cui la pm aveva prima chiesto l’archiviazione poi respinta dalla gip – si contesta la mancata vigilanza dei rapporti tra banca e clienti. L’esposto è stato presentato da un’altra imprenditrice, l’ex assessore regionale al Turismo, Luisa Anna Depau. La vicenda riguarda un mutuo contratto dalla società di famiglia, titolare dell’hotel Setar che si affaccia sul Golfo degli Angeli, a Quartu Sant’Elena. Altra regione, altro processo terminato.
A Palmi, in Calabria, Abete è stato assolto ormai più di dieci anni fa dalla stessa accusa con un esposto di un imprenditore locale perché “il fatto non costituisce reato“. Insieme, sul banco degli imputati, altri “banchieri”: Dino Marchiorello, Cesare Geronzi, rispettivamente presidenti di Antonveneta e Banca di Roma. Il tutto confermato dalla Cassazione con una sentenza da manuale nel 2011: tutti assolti con altra formula “per non aver commesso il fatto”. “Un caso emblematico – commenta Chiericati – sulla mancata consapevolezza degli amministratori delegati e sulle responsabilità dirigenziali ripartite nelle grosse banche”. Si andrà in quella direzione? “Per ora aspettiamo, non sappiamo cosa presenteranno le difese”. Appuntamento per l’udienza preliminare il prossimo 13 febbraio.