Tutti gli alunni di una classe del Liceo Arnaldi di Novi Ligure si sono vaccinati contro l’influenza (una vaccinazione non obbligatoria, consigliata per i soggetti a rischio, per proteggere da un eventuale contagio un compagno affetto da un tumore e costretto a chemioterapie che indeboliscono il suo sistema immunitario). Ho trovato molto bello questo episodio, che sottolinea non solo il valore dell’affetto e della solidarietà tra coetanei, ma anche il ruolo educativo dell’istituzione, in questo caso rappresentata dalla professoressa di Scienze, Monica Lupori, che ha stimolato e guidato i suoi studenti in un percorso di formazione sull’importanza della vaccinazione.

La medicina si basa su statistiche e non su certezze: la vaccinazione di tutti i compagni di classe riduce il rischio che Simone contragga l’influenza, che nel suo caso potrebbe avere conseguenze particolarmente gravi, ma non lo azzera perché i compagni di classe non sono gli unici contatti di Simone. La medicina, come la classe di Simone, fa quello che si può fare, e questo è già moltissimo; rifiutarsi di fare anche quello che si può fare sarebbe irresponsabile o meschino.

La solidarietà nei confronti delle persone che abbiamo vicine appartiene ai tratti pro-sociali della psiche umana, quei tratti che fanno di noi animali gregari e sociali, capaci di vivere in gruppi. Purtroppo, la spinta pro-sociale nei confronti di persone che non conosciamo, o addirittura di gruppi di persone ai quali non apparteniamo è molto debole. Fare le vaccinazioni consigliate protegge prima di tutti noi stessi (o i nostri figli se le facciamo fare a loro); in secondo luogo, riducendo la dimensione della popolazione suscettibile alle malattie, protegge almeno parzialmente le persone deboli che non possono vaccinarsi o che pur essendosi vaccinate hanno perduto l’immunità. Protegge tutti i Simone che noi ogni giorno incontriamo, senza neppure saperlo.

Le vaccinazioni possono causare effetti avversi, senza dubbio, ma questi sono meno frequenti e meno gravi degli effetti avversi delle malattie dalle quali il vaccino ci protegge: ad esempio la mortalità per morbillo di una popolazione non vaccinata è di circa 300 per milione, la mortalità del vaccino contro il morbillo di circa 2 per milione. Anche aggiungendo a questa stima i soggetti che perdono l’immunità per malattie intercorrenti e ritornano sensibili, è difficile credere che la mortalità della popolazione vaccinata causata dal morbillo o dal vaccino ecceda 5 per milione. Il ragionamento condotto su basi statistiche dice che il parametro fondamentale per decidere se la vaccinazione su larga scala sia conveniente è la gravità della malattia dalla quale il vaccino offre protezione, e infatti alcune vaccinazioni sono consigliate soltanto alla popolazione a rischio, di solito soggetti anziani o malati, che in caso di infezione possono essere soggetti a conseguenze gravi.

In tutti i casi in cui dalla vaccinazione deriva un ovvio vantaggio statistico è giusto che la vaccinazione sia obbligatoria, almeno per i minori: l’obbligo è un preciso impegno dello Stato nell’interesse di soggetti che non possono decidere per sé stessi. Per questa ragione non ho particolarmente apprezzato la norma proposta da ministro della Sanità di sostituire la certificazione dell’avvenuta vaccinazione con una autocertificazione. Infatti le Asl rilasciano la certificazione contestualmente alla vaccinazione e non c’è semplificazione nel permettere l’autocertificazione, che sembra piuttosto una forma di disimpegno del governo. E’ vero che sarebbe auspicabile accompagnare l’obbligo con l’informazione; ma non è questa la direzione in cui va il provvedimento. In conclusione, la classe quinta E del Liceo Arnaldi di Novi Ligure fa ben più del ministro della Sanità sia dal punto di vista delle azioni concrete che da quello dell’esempio e dell’informazione.

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