Le regioni del tè diventano leader nel produrre caffè. Lo Yunnan, regione cinese famosa per la coltivazione di tè tradizionali come il Pu’er, produce il 99% del caffè cinese, quanto Kenya ed El Salvador messi insieme. Nonostante la minaccia di un ingente perdita culturale, qui le piantagioni sono raddoppiate negli ultimi 7 anni e in sinergia col tè stanno generando nuove qualità di arabica e robusta. Nel mentre il caffè diventa uno status, affermandosi come bevanda dei millennials. Ogni anno i suoi consumi crescono del 16% e nascono 600 nuovi Starbucks, uno ogni 15 ore. Saranno 6mila entro il 2022.
Da quando la Cina ha aperto le frontiere con le riforme di Deng Xiaoping nei primi anni ’90, i prodotti occidentali hanno iniziato ad invadere la Terra di Mezzo. Sono arrivati la Coca Cola, il vino, l’olio d’oliva e le prime catene di Fast food. Alcuni di questi prodotti, seppur non sempre graditi al palato asiatico, sono gradualmente divenuti un fatto di costume, ma soprattutto, di affermazione del proprio status sociale, di media o alta borghesia. E negli ultimi anni, la produzione e il consumo di caffè è cresciuta a tal punto da iniziare a contendere il primato del famoso tè cinese.
A rivelarlo è uno studio dell’Università di Leicester. “È uno strumento per dimostrare il proprio status”, afferma la dottoressa Maguire, “sia come classe sociale, sia per caratteristiche soggettive come l’essere moderni, internazionali e alla moda”. I consumi sono in crescita del 16% l’anno, soprattutto tra millennials e business man, un processo certamente influenzato anche dall’avvento di grandi catene come Starbucks, che vengono viste come una rassicurazione sulla qualità del prodotto. “In un mercato pieno di imitazioni”, racconta una giovane donna cinese di 28 anni. “ho bisogno di trovare dei brand affidabili”.
Se infatti l’Italia, patria dell’Espresso, ha resistito a lungo all’avvento di queste multinazionali del caffè, lo stesso non si può dire per la patria del tè. Mentre la multinazionale americana arriverà in Italia soltanto il prossimo settembre, in Cina gli Starbucks sono ormai oltre 3300 e si prevede che saranno circa 6mila entro il 2022, con una media di 600 nuove rivendite all’anno, una ogni 15 ore, e con un aumento dei profitti annuale di circa il 54 per cento.
L’impatto del caffè non è solo descrivibile sul piano socio-culturale, di consumi e di distribuzione, ma anche a livello produttivo. La regione dello Yunnan, a sud del Tibet, è sempre stata rinomata per la sua biodiversità e per la produzione di celebri qualità di tè tradizionali come il Pu’er, un tè nero fermentato. Oggi la zona raccoglie il 60% del caffè cinese, all’interno di una regione in grado di produrre il 99% dei chicchi del Paese.
Ovviamente il tè è ancora preferito dalla gran parte dei cinesi, che ne consumano otto volte tanto. Tuttavia, qui le piantagioni di caffè sono raddoppiate negli ultimi 7 anni (da 439mila ettari nel 2011 ai 789mila del 2018) e in sinergia col tè stanno generando nuove qualità di arabica e robusta. Questo è dovuto in particolare all’introduzione di varietà estranee all’ecosistema, una questione che ha portato gli agronomi e specialisti del tè, insieme a produttori di caffè e organizzazioni di ricerca come il Coffee Quality Institute, a sfruttare le proprie conoscenze nel campo per rendere le diverse qualità adatte alla crescita e al mercato.
Nell’ultimo secolo sono stati numerosi i tentativi di introdurre il caffè in Cina, ma è stato solo con l’avvento della Nestlé, della Banca Mondiale e dei piani di sviluppo delle Nazioni Unite che, negli anni ’80, migliaia di coltivatori dello Yunnan si sono convinti a introdurre nuove piantagioni. All’estero questo fenomeno è tutt’ora poco conosciuto, nonostante la Cina produca 138mila tonnellate metriche di caffè l’anno, quanto Kenya ed El Salvador combinate. Oggi si producono prevalentemente chicchi di bassa qualità per derivazioni solubili, ma con lo sviluppo della classe media e l’aumento del costo della vita anche le produzioni si stanno gradualmente adeguando a qualità e rendite maggiori.
Circa metà della produzione dello Yunnan è destinata ai mercati esteri, nel 2016 l’export ha raggiunto un valore pari a 280 milioni di dollari ed è in continua crescita, soprattutto grazie ad iniziative come la Nuova Via della Seta, un immenso progetto infrastrutturale per collegare Cina e Europa attraverso il l’Asia centrale e il Medio oriente. Non a caso, il più grandi mercato estero del caffè cinese è oggi l’Ue, trainata dagli acquisti tedeschi. La Cina comunque importa ancora ingenti quantità di caffè, oltre 48mila tonnellate l’anno, e i brand italiani più influenti stanno già beneficiando dalla crescita dei consumi e dal cambio di abitudini e dei gusti cinesi.
Mondo
Cina, caffè sta prendendo il posto del tè: piantagioni raddoppiate e 600 Starbucks in un anno. E’ il simbolo dei borghesi
Lo Yunnan, regione famosa un tempo per la coltivazione di tè tradizionali come il Pu’er, produce il 99% dei chicchi cinesi, quanto Kenya ed El Salvador insieme. Nel mentre il caffè diventa uno status, soprattutto tra millennials e business man
Le regioni del tè diventano leader nel produrre caffè. Lo Yunnan, regione cinese famosa per la coltivazione di tè tradizionali come il Pu’er, produce il 99% del caffè cinese, quanto Kenya ed El Salvador messi insieme. Nonostante la minaccia di un ingente perdita culturale, qui le piantagioni sono raddoppiate negli ultimi 7 anni e in sinergia col tè stanno generando nuove qualità di arabica e robusta. Nel mentre il caffè diventa uno status, affermandosi come bevanda dei millennials. Ogni anno i suoi consumi crescono del 16% e nascono 600 nuovi Starbucks, uno ogni 15 ore. Saranno 6mila entro il 2022.
Da quando la Cina ha aperto le frontiere con le riforme di Deng Xiaoping nei primi anni ’90, i prodotti occidentali hanno iniziato ad invadere la Terra di Mezzo. Sono arrivati la Coca Cola, il vino, l’olio d’oliva e le prime catene di Fast food. Alcuni di questi prodotti, seppur non sempre graditi al palato asiatico, sono gradualmente divenuti un fatto di costume, ma soprattutto, di affermazione del proprio status sociale, di media o alta borghesia. E negli ultimi anni, la produzione e il consumo di caffè è cresciuta a tal punto da iniziare a contendere il primato del famoso tè cinese.
A rivelarlo è uno studio dell’Università di Leicester. “È uno strumento per dimostrare il proprio status”, afferma la dottoressa Maguire, “sia come classe sociale, sia per caratteristiche soggettive come l’essere moderni, internazionali e alla moda”. I consumi sono in crescita del 16% l’anno, soprattutto tra millennials e business man, un processo certamente influenzato anche dall’avvento di grandi catene come Starbucks, che vengono viste come una rassicurazione sulla qualità del prodotto. “In un mercato pieno di imitazioni”, racconta una giovane donna cinese di 28 anni. “ho bisogno di trovare dei brand affidabili”.
Se infatti l’Italia, patria dell’Espresso, ha resistito a lungo all’avvento di queste multinazionali del caffè, lo stesso non si può dire per la patria del tè. Mentre la multinazionale americana arriverà in Italia soltanto il prossimo settembre, in Cina gli Starbucks sono ormai oltre 3300 e si prevede che saranno circa 6mila entro il 2022, con una media di 600 nuove rivendite all’anno, una ogni 15 ore, e con un aumento dei profitti annuale di circa il 54 per cento.
L’impatto del caffè non è solo descrivibile sul piano socio-culturale, di consumi e di distribuzione, ma anche a livello produttivo. La regione dello Yunnan, a sud del Tibet, è sempre stata rinomata per la sua biodiversità e per la produzione di celebri qualità di tè tradizionali come il Pu’er, un tè nero fermentato. Oggi la zona raccoglie il 60% del caffè cinese, all’interno di una regione in grado di produrre il 99% dei chicchi del Paese.
Ovviamente il tè è ancora preferito dalla gran parte dei cinesi, che ne consumano otto volte tanto. Tuttavia, qui le piantagioni di caffè sono raddoppiate negli ultimi 7 anni (da 439mila ettari nel 2011 ai 789mila del 2018) e in sinergia col tè stanno generando nuove qualità di arabica e robusta. Questo è dovuto in particolare all’introduzione di varietà estranee all’ecosistema, una questione che ha portato gli agronomi e specialisti del tè, insieme a produttori di caffè e organizzazioni di ricerca come il Coffee Quality Institute, a sfruttare le proprie conoscenze nel campo per rendere le diverse qualità adatte alla crescita e al mercato.
Nell’ultimo secolo sono stati numerosi i tentativi di introdurre il caffè in Cina, ma è stato solo con l’avvento della Nestlé, della Banca Mondiale e dei piani di sviluppo delle Nazioni Unite che, negli anni ’80, migliaia di coltivatori dello Yunnan si sono convinti a introdurre nuove piantagioni. All’estero questo fenomeno è tutt’ora poco conosciuto, nonostante la Cina produca 138mila tonnellate metriche di caffè l’anno, quanto Kenya ed El Salvador combinate. Oggi si producono prevalentemente chicchi di bassa qualità per derivazioni solubili, ma con lo sviluppo della classe media e l’aumento del costo della vita anche le produzioni si stanno gradualmente adeguando a qualità e rendite maggiori.
Circa metà della produzione dello Yunnan è destinata ai mercati esteri, nel 2016 l’export ha raggiunto un valore pari a 280 milioni di dollari ed è in continua crescita, soprattutto grazie ad iniziative come la Nuova Via della Seta, un immenso progetto infrastrutturale per collegare Cina e Europa attraverso il l’Asia centrale e il Medio oriente. Non a caso, il più grandi mercato estero del caffè cinese è oggi l’Ue, trainata dagli acquisti tedeschi. La Cina comunque importa ancora ingenti quantità di caffè, oltre 48mila tonnellate l’anno, e i brand italiani più influenti stanno già beneficiando dalla crescita dei consumi e dal cambio di abitudini e dei gusti cinesi.
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Amsterdam, 3 feb. –(Adnkronos) - E' nell'ottica di una semplificazione "in linea con i cambiamenti comunicati" a dicembre al momento dell'uscita di Carlos Tavares, la riorganizzazione annunciata questa mattina da Stellantis. Un 'aggiornamento' che rafforza il ruolo delle singole regioni, accorpa ingegneria e software, rilancia su qualità e marketing e vede l'uscita di scena di alcuni top manager. Decisioni - si spiega in una nota - che "consentono il giusto equilibrio tra responsabilità regionali e globali, facilitando la rapidità delle scelte e la loro esecuzione" e "rafforzano ulteriormente l’impegno di Stellantis nell’ascoltare i propri clienti" ponendo "le basi per una rinnovata crescita".
A livello di management, Linda Jackson lascia il gruppo e al vertice del brand Peugeot è sostituita da Alain Favey. Abbandona anche Yves Bonnefont, Chief Software Office, visto che "le attività software sono ora integrate in un’organizzazione di sviluppo e tecnologia del prodotto guidata da Ned Curic allo scopo di semplificare il processo di immissione sul mercato di prodotti e servizi innovativi per tutti i brand in tutti i mercati in cui l’azienda è presente". Nuovo responsabile anche per Jeep, con la nomina di Bob Broderdorf, dal momento che Antonio Filosa - che mantiene il suo attuale ruolo di COO delle Regioni d’America - assume la leadership globale dell’ente Quality, definito "fulcro della promessa dell’azienda ai clienti".
Nuovo capo anche per DS, dal momento che Olivier François - che mantiene la responsabilità di Fiat e Abarth - guiderà un nuovo Marketing Office, per seguire meglio le attività di promozione dei singoli brand e "supportarli al meglio, in particolare attraverso la pubblicità, gli eventi globali e le sponsorizzazioni". Gli enti Corporate Affairs e Communications sono stati uniti sotto la guida di Clara Ingen-Housz e Anne Abboud è stata nominata alla guida dell’unità veicoli commerciali di Stellantis Pro One.
Come sottolinea il Chairman di Stellantis John Elkann "gli annunci di oggi semplificheranno ulteriormente la nostra organizzazione e aumenteranno la nostra agilità e il rigore dell’esecuzione a livello locale. Non vediamo l’ora di guidare la crescita fornendo ai nostri clienti una scelta ancora più ampia di straordinari veicoli a combustione, ibridi ed elettrici”. Confermata la linea sul processo di nomina del nuovo Chief Executive Officer che "è in corso, gestito da un Comitato Speciale del Consiglio d’Amministrazione, e si concluderà entro la prima metà del 2025".
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Siamo vicini ad Antonio Tajani, alla sua famiglia e soprattutto a suo figlio Filippo, vittima di un malore durante una partita di calcio. Gli auguriamo una pronta guarigione, e che possa tornare presto in campo”. Lo dichiarano i capigruppo della Lega alla Camera e al Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Esprimo il mio più profondo riconoscimento alla Brigata Sassari per il coraggio, la dedizione e l’alto senso del dovere dimostrato durante tutta la missione Unifil. Ringrazio il generale Messina, con il quale sono sempre rimasta in contatto per essere costantemente informata sullo stato del contingente. I nostri soldati hanno affrontato sfide complesse e delicate, portando avanti il nome dell’Italia con grande professionalità. Il loro impegno ha garantito la stabilità in una regione così fragile, e sono fiera di come abbiano rappresentato la nostra Nazione". Lo ha affermato la deputata di Fratelli d'Italia Barbara Polo, componente della commissione Difesa, al rientro del contingente della Brigata Sassari.
"Da sarda, -ha aggiunto- non posso che essere estremamente orgogliosa nel vedere i miei concittadini impegnati con tanto valore nelle operazioni internazionali. La Brigata Sassari è il fiore all’occhiello del nostro esercito, una realtà che continua a distinguersi per preparazione e coraggio”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Ci mancavano i sedicenti comitati civici che spalleggiano gli occupanti abusivi di immobili a rendere sempre più invivibile il quartiere Esquilino, uno dei più belli di Roma da tempo in mano ad immigrati clandestini e bande criminali. Ne ha fatto le spese un bravo giornalista come Luca Telese aggredito per aver difeso i presidi di legalità che dopo le denunce della Lega le istituzioni stanno predisponendo. Telese chiamato ad un’assemblea pubblica da un sedicente Polo Civico ha avuto l'ardire di affermare che cancellate di protezione dei luoghi di socialità non sono poi da demonizzare. Per difendere la possibilità di vivere in pace e nella legalità all'Esquilino di Roma, come in tutte le periferie d'Italia, è necessario che venga subito definitivamente approvato il ddl sicurezza”. Lo afferma il deputato della Lega ed ex magistrato Simonetta Matone.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Nella loro foga alla ricerca del complotto, di qualcuno su cui scaricare le proprie responsabilità, di uno spauracchio a cui assegnare colpe per nascondere le inadeguatezze del governo Meloni, i colleghi di Fratelli d’Italia hanno nuovamente toccato inesplorate vette di contraddizione. L’ultimo attacco frontale è stato riservato a Gimbe e al suo presidente Cartabellotta, colpevole di aver detto con dati inequivocabili che il decreto dell’Esecutivo sulle liste d’attesa è fermo al palo e che solo uno dei sei decreti attuativi è stato già approvato". Lo afferma Andrea Quartini, capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Affari sociali della Camera e coordinatore del Comitato politico salute e inclusione sociale del M5S.
"Oltre a usare parole estremamente gravi nei confronti di chi porta avanti con serietà e professionalità un preziosissimo lavoro scientifico a tutela della sanità, il senatore Zaffini -aggiunge l'esponente pentastellato- ha però di fatto confermato i ritardi denunciati da Cartabellotta, sebbene secondo lui siano in realtà tempi record. Una contraddizione decisamente bizzarra. E nel frattempo, i medici di medicina generale operano come meglio credono e la proposta di Forza Italia in merito è ancora ben lontana dal concretizzarsi".
"Al presidente Cartabellotta -conclude Quartini- va tutta la mia solidarietà, visto che ultimamente è stato identificato come avversario politico, alla stregua di una forza di opposizione, come persino Bruno Vespa aveva avuto l’indecenza di dire. Questo attacco scomposto, in ogni caso, non fa che confermare la linea di questa maggioranza: è sempre colpa degli altri. Dai magistrati, a coloro che distribuiscono la benzina, fino a Gimbe”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Il nemico del giorno del governo è la Fondazione Gimbe e in particolare il suo presidente Nino Cartabellotta, accusato da esponenti di maggioranza di essere un bugiardo che falsifica i dati perché ‘cavalier servente’ e comunista. Affermazioni di una gravità inaudita contro un organismo indipendente e autorevole come Gimbe, che fa un grande lavoro di raccolta e verifica dei dati sanitari. La colpa di Cartabellotta? Aver fatto notare che a sei mesi dall’approvazione del decreto liste d’attesa mancano ancora cinque dei sei decreti attuativi, cosa tra l’altro confermata dalla stessa maggioranza". Lo afferma Mariolina Castellone, senatrice M5S e vicepresidente del Senato.
"Ancora una volta, questa destra cerca di trasferire su altri le colpe della propria incapacità e si produce in un costante bullismo contro professionisti che fanno il proprio lavoro, cercando di intimorirli. Per fortuna -conclude l'esponente pentastellata- ci sono i numeri a parlare e a smentire la propaganda di governo. E ci siamo noi a tutelare le voci libere e indipendenti”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Quello delle liste di attesa è un tema che riguarda non solo la salute ma anche la dignità della persona. Un tema che richiede senso di responsabilità e che non riscontro nelle dichiarazioni sparate a raffica da esponenti di Pd, 5 stelle e sinistra. Gli stessi che ci hanno consegnato un Servizio sanitario nazionale allo sfascio e per il quale ci stiamo adoperando per rimetterlo in sesto. Il collega Cartabellotta e la Fondazione Gimbe meritano rispetto, in quanto sono giustificati per la mancata conoscenza del lavoro che il Governo ha messo in campo sui decreti attuativi. Non posso al contrario giustificare i colleghi senatori che siedono nella commissione Sanità del Senato presieduta dal presidente Zaffini o i presidenti di Regione che prendono parte alla Conferenza Stato-Regioni". Lo afferma il senatore Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d'Italia in commissione Sanità in Senato.
"Se non sanno -aggiunge- devo purtroppo arguire che dormono mentre se, come penso, sanno e attaccano il presidente Zaffini, che ha solo voluto puntualizzare il lavoro del Governo in risposta alle valutazioni della Fondazione Gimbe, è grave perché si tratta di un comportamento in grave mala fede. Si può anche non conoscere quanto si stia facendo sul tema, ma il senso di responsabilità vuole che prima di sparare a salve ci si informi e ci si documenti . In questo modo si prenderebbe facilmente atto che quanto annunciato dalla Fondazione Gimbe non è proprio puntuale perché -e lo ha spiegato bene il presidente Zaffini- la situazione riguardo ai decreti attuativi è la seguente: Criteri di funzionamento della piattaforma nazionale e regionali delle liste d’attesa: Il decreto è stato trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni. In attesa del parere della Conferenza Stato Regioni alla quale è stato inviato il 13 settembre 2024".
"Funzionamento della piattaforma nazionale di monitoraggio in coerenza con il modello di classificazione e stratificazione della popolazione, risulta ‘fatto’. Poteri sostitutivi del ministero della Salute in caso di inottemperanza delle Regioni e il rispetto agli obiettivi della legge: decreto trasmesso in Conferenza Stato-Regioni il 6 novembre 2024. Linee di indirizzo per l’attivazione dei sistemi di disdetta da parte dei Cup: il decreto è in fase di definizione da attuare con il Piano nazionale delle liste d’attesa in lavorazione predisposto dalla Direzione generale della Programmazione sanitaria già condiviso con Regioni e Mef. Metodologia per la definizione del fabbisogno di personale del Ssn (superamento tetti di spesa): il decreto è in via di ultimazione. Il Piano di azione per rafforzare i servizi sanitari e sociosanitari (nelle Regioni del Sud destinatarie dei fondi del Piano nazionale Equità e salute): decreto trasmesso alla conferenza Stato-Regioni il giorno 8 gennaio 2025".
"In questo confronto tra Zaffini e i nostri avversari politici -conclude Zullo- si può cogliere la differenza tra noi e loro: noi lavoriamo per mettere riparo agli sfasci che ci hanno lasciato in eredità, loro non sanno andare oltre l’irresponsabile e deleteria polemica sterile, dannosa dell’immagine del nostro Servizio sanitario nazionale”.