Il governo ha appena approvato il decreto Dignità. Bene. L’intento è, a condizioni economiche invariate, quello di ridurre la flessibilità dell’impiego della mano d’opera, condizione che nel Jobs act era necessaria ad accrescere il vantaggio d’impresa. La dignità di chi lavora contro la redditività dell’impresa. Confindustria, ed altri, non solo si sono dichiarati contrari, ma ci hanno avvertito che in ragione delle leggi capitalistiche o se preferite, di mercato, la maggiore dignità di chi lavora nuocerà alla redditività dell’impresa e quindi all’occupazione. Il che è tutt’altro che implausibile.
Il ministro del Lavoro e Sviluppo economico Luigi Di Maio, tuttavia, dimentica che per accrescere la redditività di impresa il Jobs act, a parte la flessibilità, introdusse facilitazioni fiscali per favorire l’espansione del welfare aziendale, copiando il modello dall’esperienza americana del welfare on demand.
Con il welfare aziendale il reddito di impresa aumenta perché il salario in parte viene sostituito con un benefit mutualistico che, interamente defiscalizzato, fa diminuire il costo del lavoro.
Dal Jobs act nacque quel decreto legislativo sulla defiscalizzazione degli oneri per l’assistenza integrativa (aprile 2016) a cui seguì una circolare dell’Agenzia delle entrate (n° 28), un accordo Confindustria/Confederazioni (luglio 2016) e un accordo quadro sul pubblico impiego con il quale il governo Renzi si impegnava a garantire l’introduzione graduale di forme di welfare contrattuale con misure che integrassero e implementassero le prestazioni pubbliche, di fiscalità di vantaggio (30 novembre 2016). Il tutto con la complicità irresponsabile del sindacato confederale.
Tutto ciò diede luogo alla più odiosa delle disparità: proteggere di più chi lavora e non proteggere per niente chi non lavora, e tutti i soggetti deboli di questa società; dare ad alcuni cittadini la possibilità di una doppia tutela (pubblica e aziendale) ed a molti altri, soprattutto se del sud, nessuna tutela neanche pubblica.
E’ a partire da questo decreto che prende forma la più odiosa delle politiche sanitarie del Pd incentivare con la defiscalizzazione, la crescita delle mutue contro il sistema pubblico de-finanziando questo ultimo in modo programmato e progressivo. Defiscalizzazione dell’impresa contro de-finanziamento della sanità pubblica. Come dire, si tratta di correre ma tagliando le gambe ad uno dei corridori. Peccato che questo giochetto spiani la strada alla fine del diritto alla salute uguale per tutti, quindi, alla revoca di fatto dell’articolo 32 della Costituzione.
Resto convinto che il de-finanziamento programmato della sanità sia stato uno dei fattori più decisivi a spaccare definitivamente l’Italia della salute in due il nord e il sud, un dato che a Di Maio e a Giulia Grillo, entrambi parlamentari del sud, non dovrebbe sfuggire, dal momento che il consenso politico al Movimento 5 stelle più significativo è venuto proprio dal sud. Il sud che ha votato Di Maio e la Grillo è l’Italia senza diritti discriminata in tutti i sensi a partire dal Jobs act soprattutto sul piano del diritto alla salute.
Il governo, secondo me, dovrebbe fare, oltre al decreto “Dignità”, un decreto “salute uguale per tutti” per cancellare i benefici fiscali a favore delle mutue aziendali rifinanziando il Ssn con lo scopo dichiarato di offrire a tutti un Ssn migliore cioè sostanzialmente e effettivamente ancor più universalistico. Che ci faccio della dignità se non mi curano quando mi ammalo?
Sorprende quindi che, una questione tanto delicata e nevralgica, non compaia nel programma di governo e meno che mai in quella sua parte dedicata alla sanità. Sorprende e preoccupa perché il programma, mi pare di capire, sta assumendo un valore demiurgico, cioè l’archè da cui tutto dovrebbe nascere e che tutto dovrebbe spiegare. Ma esso, almeno rispetto alla sanità, e non solo per le mutue aziendali, non riferisce se non in minima parte dei grandi problemi della sanità pubblica, delle grandi ingiustizie, delle grandi contraddizioni di cui essa soffre da decenni. Per cui le sue priorità sono risibili. Per me, ad esempio, sarebbe più urgente dare al sud i diritti che non ha, che non abolire il superticket, o occuparmi di intra moenia e di liste di attesa. Come sarebbe più urgente vietare subito con legge la menzogna pubblica, acclarata dallo Stato, che spaccia per mutue integrative le mutue sostitutive ad esempio dei metalmeccanici ma non solo.
Oltre la dignità c’è anche la salute della gente. Mi chiedo come mai la cancellazione degli incentivi fiscali alle mutue aziendali non è una priorità del programma nonostante sia la prima cosa necessaria da fare per mettere in sicurezza la sanità pubblica?