“Il Pd ha il dovere di tenere aperto il dialogo con il M5s. Li abbiamo spinti nelle braccia di Salvini”. Quello che gli esponenti del Partito democratico non hanno avuto il coraggio di dire a Matteo Renzi in assemblea sabato scorso, lo dicono ora a distanza. La resa dei conti che hanno cercato di ritardare al 2019, facendo slittare congresso e primarie, è appena iniziata. L’ex ministro Dario Franceschini, prendendo la parola a Milano a un evento insieme al sindaco Giuseppe Sala, ha contraddetto uno dei punti principali del discorso dell’ex segretario: il no al dialogo con i 5 stelle. E non solo ha messo in discussione la linea degli ultimi mesi, ma ha anche detto che il Pd ha delle responsabilità sulla nascita del governo Lega-M5s: “Salvini”, ha esordito, “è destra estrema, reazionaria e pericolosa, mentre tra gli elettori M5s, molti, forse più della metà, hanno votato per il Pd fino a qualche anno fa”. Per questo “abbiamo il dovere di non chiudere completamente, ma tenere aperto uno spiraglio di comprensione e di dialogo”. Del resto, ha continuato Franceschini, “la chiarezza delle posizioni estreme di Salvini sta facendo risvegliare il Paese, sta facendo risvegliare i mondi della sinistra”. Parole molto pesanti se lette alla luce del discorso di Renzi davanti all’assemblea di sabato, quando ha rivendicato la sua azione nel far fallire il dialogo con i 5 stelle nei mesi scorsi e ribadito il no senza appello alle aperture a Di Maio. Proprio Franceschini era stato uno dei principali artefici della linea del dialogo e sempre lui dovette assistere in silenzio alla sconfessione di Renzi in diretta su Rai1 da Fabio Fazio (quando fece saltare il tavolo senza possibilità di alternative). “In politica esiste il contenimento del danno”, ha detto oggi Franceschini. “Sapevamo chi era Salvini e dovevamo fare di tutto per non consegnargli il Paese, per l’Italia e per l’Europa”. Dopo le elezioni del 4 marzo “non dovevamo dire che c’erano due vincitori che dovevano governare insieme. Così abbiamo lavorato per spingere i 5 stelle in braccio a Salvini. Dovevamo sederci a quel tavolo e cercare di strappare i Cinque stelle”. Invece “abbiamo buttato l’Italia, uno dei fondatori dell’Europa, in mano a Salvini”. E ha concluso: “Il capo del governo si chiama Matteo Salvini, anche se formalmente c’è un altro che lo fa con lui. Salvini dà la linea con il 17%. E noi gli abbiamo spinto tra le braccia i 5 stelle”.
Video di Carmen La Gatta
Quello di Milano non è un palco come un altro e soprattutto Sala non è un interlocutore qualunque. Il sindaco è uno dei nomi che Renzi in persona volle per rappresentare il partito al Nord. E che fin dall’inizio ha mostrato particolare autonomia nelle posizioni e nelle rivendicazioni. Lo ha fatto fin dall’inizio del suo mandato e ultimamente non ha esitato a esporsi contro la linea ufficiale. Segnando sempre più una distanza. Dopo l’assemblea ad esempio, ha addirittura detto che l’ex segretario non è più la “guida adatta per il partito” e che si ricandida non fa il “bene dei democratici”. Una sconfessione su tutta la linea. Anche alla luce di quelle parole, il confronto con Franceschini assume un significato pesante a livello nazionale. E soprattutto alla vigilia della formazione della nuova segreteria di Maurizio Martina.
Intanto oggi Matteo Renzi è tornato alla carica. Non gli è bastato il primo round all’assemblea Pd, accolto dal gelo perfino dei big più vicini. Non è stato soddisfatto di aver provocato addirittura le reazioni di Martina e Sala. Nella sua enews, la newsletter settimanale, ha deciso di rilanciare le 10 ragioni della sconfitta elettorale del 4 marzo. E ha insistito nell’attaccare il governo Gentiloni. “Qualcuno si è offeso e mi dispiace”, si legge, “per passaggi che pure mi sembrano sacrosanti: la marcia indietro sui voucher è stato un errore, il balletto sul Sì o No rispetto alla fiducia sullo Ius Soli è stato un autogol, il dibattito auto imposto sulla coalizione è stato assurdo, lo stop al provvedimento Richetti sui vitalizi incomprensibile”. Sotto accusa ci sono alcuni degli atti dell’ex premier, pure lui fedelissimo di Renzi, durante il periodo in cui fu a capo dell’esecutivo. Una polemica che ha lasciato senza parole Gentiloni, come raccontata da vari retroscena, anche perché ai tempi Renzi era segretario molto presente e nel merito non intervenne mai in maniera significativa. “Ho fatto l’analisi della sconfitta”, scrive oggi, “come mi era stato richiesto. Sono tante le cause del 4 marzo. Abbiamo pensato che un’algida sobrietà fosse sufficiente a prendere i voti di chi invece vuole un sogno per cui lottare, un orizzonte verso il quale camminare. Non è così”. Tra i punti che vengono messi sotto accusa a distanza di più di sei mesi c’è anche la decisione di non discutere lo Ius soli e soprattutto di non mettere la fiducia. Il provvedimento, più volte sostenuto e difeso dal Partito democratico, fu infatti sacrificato sul finire della legislatura per evitare di andare allo scontro in Parlamento. Una scelta che venne presa dai vertici Pd: quando si era ormai agli sgoccioli e mancavano poche settimane alla fine dei lavori, si scelse di mandare avanti il ddl sul Biotestamento senza arrivare a forzare la mano sulla legge sulla cittadinanza. Addirittura in Senato, il 23 dicembre, i parlamentari non si presentarono facendo saltare il numero legale: l’Aula non fece nemmeno finta di discutere il provvedimento. In quelle ore, non esistono dichiarazioni di Matteo Renzi in proposito.
Politica
Pd, Franceschini: “Abbiamo il dovere di tenere aperto il dialogo con il M5s. Li abbiamo spinti nelle braccia di Salvini”
Scontro dentro il Partito democratico dopo il silenzio all'assemblea di sabato 7 luglio. L'ex ministro e deputato, tra i fautori delle trattative con i 5 stelle, ha attaccato la linea dell'ex segretario. Che oggi sulla sua enews ha rilanciato le critiche all'esecutivo Gentiloni
“Il Pd ha il dovere di tenere aperto il dialogo con il M5s. Li abbiamo spinti nelle braccia di Salvini”. Quello che gli esponenti del Partito democratico non hanno avuto il coraggio di dire a Matteo Renzi in assemblea sabato scorso, lo dicono ora a distanza. La resa dei conti che hanno cercato di ritardare al 2019, facendo slittare congresso e primarie, è appena iniziata. L’ex ministro Dario Franceschini, prendendo la parola a Milano a un evento insieme al sindaco Giuseppe Sala, ha contraddetto uno dei punti principali del discorso dell’ex segretario: il no al dialogo con i 5 stelle. E non solo ha messo in discussione la linea degli ultimi mesi, ma ha anche detto che il Pd ha delle responsabilità sulla nascita del governo Lega-M5s: “Salvini”, ha esordito, “è destra estrema, reazionaria e pericolosa, mentre tra gli elettori M5s, molti, forse più della metà, hanno votato per il Pd fino a qualche anno fa”. Per questo “abbiamo il dovere di non chiudere completamente, ma tenere aperto uno spiraglio di comprensione e di dialogo”. Del resto, ha continuato Franceschini, “la chiarezza delle posizioni estreme di Salvini sta facendo risvegliare il Paese, sta facendo risvegliare i mondi della sinistra”. Parole molto pesanti se lette alla luce del discorso di Renzi davanti all’assemblea di sabato, quando ha rivendicato la sua azione nel far fallire il dialogo con i 5 stelle nei mesi scorsi e ribadito il no senza appello alle aperture a Di Maio. Proprio Franceschini era stato uno dei principali artefici della linea del dialogo e sempre lui dovette assistere in silenzio alla sconfessione di Renzi in diretta su Rai1 da Fabio Fazio (quando fece saltare il tavolo senza possibilità di alternative). “In politica esiste il contenimento del danno”, ha detto oggi Franceschini. “Sapevamo chi era Salvini e dovevamo fare di tutto per non consegnargli il Paese, per l’Italia e per l’Europa”. Dopo le elezioni del 4 marzo “non dovevamo dire che c’erano due vincitori che dovevano governare insieme. Così abbiamo lavorato per spingere i 5 stelle in braccio a Salvini. Dovevamo sederci a quel tavolo e cercare di strappare i Cinque stelle”. Invece “abbiamo buttato l’Italia, uno dei fondatori dell’Europa, in mano a Salvini”. E ha concluso: “Il capo del governo si chiama Matteo Salvini, anche se formalmente c’è un altro che lo fa con lui. Salvini dà la linea con il 17%. E noi gli abbiamo spinto tra le braccia i 5 stelle”.
Quello di Milano non è un palco come un altro e soprattutto Sala non è un interlocutore qualunque. Il sindaco è uno dei nomi che Renzi in persona volle per rappresentare il partito al Nord. E che fin dall’inizio ha mostrato particolare autonomia nelle posizioni e nelle rivendicazioni. Lo ha fatto fin dall’inizio del suo mandato e ultimamente non ha esitato a esporsi contro la linea ufficiale. Segnando sempre più una distanza. Dopo l’assemblea ad esempio, ha addirittura detto che l’ex segretario non è più la “guida adatta per il partito” e che si ricandida non fa il “bene dei democratici”. Una sconfessione su tutta la linea. Anche alla luce di quelle parole, il confronto con Franceschini assume un significato pesante a livello nazionale. E soprattutto alla vigilia della formazione della nuova segreteria di Maurizio Martina.
Intanto oggi Matteo Renzi è tornato alla carica. Non gli è bastato il primo round all’assemblea Pd, accolto dal gelo perfino dei big più vicini. Non è stato soddisfatto di aver provocato addirittura le reazioni di Martina e Sala. Nella sua enews, la newsletter settimanale, ha deciso di rilanciare le 10 ragioni della sconfitta elettorale del 4 marzo. E ha insistito nell’attaccare il governo Gentiloni. “Qualcuno si è offeso e mi dispiace”, si legge, “per passaggi che pure mi sembrano sacrosanti: la marcia indietro sui voucher è stato un errore, il balletto sul Sì o No rispetto alla fiducia sullo Ius Soli è stato un autogol, il dibattito auto imposto sulla coalizione è stato assurdo, lo stop al provvedimento Richetti sui vitalizi incomprensibile”. Sotto accusa ci sono alcuni degli atti dell’ex premier, pure lui fedelissimo di Renzi, durante il periodo in cui fu a capo dell’esecutivo. Una polemica che ha lasciato senza parole Gentiloni, come raccontata da vari retroscena, anche perché ai tempi Renzi era segretario molto presente e nel merito non intervenne mai in maniera significativa. “Ho fatto l’analisi della sconfitta”, scrive oggi, “come mi era stato richiesto. Sono tante le cause del 4 marzo. Abbiamo pensato che un’algida sobrietà fosse sufficiente a prendere i voti di chi invece vuole un sogno per cui lottare, un orizzonte verso il quale camminare. Non è così”. Tra i punti che vengono messi sotto accusa a distanza di più di sei mesi c’è anche la decisione di non discutere lo Ius soli e soprattutto di non mettere la fiducia. Il provvedimento, più volte sostenuto e difeso dal Partito democratico, fu infatti sacrificato sul finire della legislatura per evitare di andare allo scontro in Parlamento. Una scelta che venne presa dai vertici Pd: quando si era ormai agli sgoccioli e mancavano poche settimane alla fine dei lavori, si scelse di mandare avanti il ddl sul Biotestamento senza arrivare a forzare la mano sulla legge sulla cittadinanza. Addirittura in Senato, il 23 dicembre, i parlamentari non si presentarono facendo saltare il numero legale: l’Aula non fece nemmeno finta di discutere il provvedimento. In quelle ore, non esistono dichiarazioni di Matteo Renzi in proposito.
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Roma, 23 feb. (Adnkronos) - "Gli Emirati Arabi Uniti sono desiderosi di migliorare la cooperazione con il vostro Paese amico, al fine di sostenere la pace e la stabilità in Medio Oriente e nel mondo, soprattutto perché i due Paesi hanno orientamenti comuni in questo senso". Lo ha affermato il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed Al Nahyan, nel brindisi in occasione del Pranzo di Stato offerto al Quirinale dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
"Sono fiducioso -ha aggiunto- che i risultati di questa visita avranno un grande impatto nel far progredire le nostre relazioni in vari campi, alla luce della volontà comune di continuare a lavorare per sviluppare queste relazioni a beneficio dei due Paesi e dei due popoli".
Roma, 23 feb. (Adnkronos) - "I nostri Paesi condividono, accanto a una analoga sensibilità per i temi della pace e della cooperazione, una naturale vocazione agli scambi commerciali e apertura agli investimenti. Sono lieto di constatare che la collaborazione bilaterale negli ultimi anni si è notevolmente intensificata. Sono numerose le imprese italiane che operano negli Emirati Arabi Uniti e con esse è in crescita anche la comunità di italiani che nel Suo Paese vive nell’accogliente realtà emiratina". Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel brindisi in occasione del Pranzo di Stato offerto in onore del presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed Al Nahyan.
"Lo sviluppo di idee e investimenti in Italia è benvenuto -ha aggiunto il Capo dello Stato- e queste prospettive saranno opportunamente approfondite nel forum imprenditoriale che si svolgerà domani. Accanto ai settori tradizionali, troveranno certamente posto quelli d’avanguardia e maggiormente proiettati al futuro. Le sfide internazionali passano dalla capacità di affrontare e progettare la transizione energetica che ci vede già collaborare ad ambiziose iniziative, nel quadro della sempre più avvertita consapevolezza che questo sia indispensabile per garantire alle prossime generazioni un futuro che, per essere prospero, dovrà essere sostenibile".
"Abbiamo, con questa consapevolezza, collaborato con il suo Paese -ha ricordato il Presidente della Repubblica- per il raggiungimento dell’accordo sul clima, sancito dalla Cop28 di Dubai che, per la prima volta, richiama esplicitamente la necessità di avviare una transizione dai combustibili fossili".
"Quella tra Emirati Arabi Uniti e Italia è una agenda ricca di opportunità. Penso allo sviluppo del continente africano, che ha tante implicazioni anche per la sua stabilità e per la vita della comunità internazionale. Penso al tema dello spazio. A quello dell’intelligenza artificiale".
"Abu Dhabi e Roma -ha concluso Mattarella- avvertono la responsabilità di contribuire, in una fase così confusa e convulsa della vita internazionale, a fare prevalere una visione incentrata sul valore del dialogo, su uno sviluppo equilibrato e sulla tenace costruzione di relazioni positive fra gli Stati".
Roma, 23 feb. (Adnkronos) - "Il Mediterraneo e la regione del Medio Oriente vivono oggi un periodo di più accentuata instabilità e di profonde sofferenze. In questi tempi difficili, Emirati Arabi Uniti e Repubblica italiana hanno lavorato insieme per promuovere la pace. Abbiamo condannato con fermezza il disumano e vile attacco terroristico del 7 ottobre da parte di Hamas –che rinnova atrocità con il crudele spettacolo nella consegna degli ostaggi sopravvissuti e dei corpi di quelli uccisi- e abbiamo esercitato in questi mesi ogni sforzo perché le violenze del conflitto che vi ha fatto seguito -che hanno afflitto gravemente i civili- avessero fine. Oggi l’impegno non può che essere diretto a evitare una ripresa dei combattimenti, a tenere aperto il filo dei colloqui faticosamente costruito in questi mesi, a rimuovere i sedimenti di rancore". Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel brindisi in occasione del Pranzo di Stato offerto in onore del presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed Al Nahyan.
"Il ritorno alle ostilità -ha proseguito il Capo dello Stato- non è foriero né di sicurezza futura per Israele, né, tantomeno, di soluzioni per il popolo palestinese, che versa, a Gaza, in condizioni drammatiche. Con ostinazione va ripetuto che il perseguimento della prospettiva due popoli-due Stati resta l’unica in grado di garantire una pace condivisa e sostenibile. Con grande apprezzamento desidero sottolineare lo straordinario aiuto umanitario degli Emirati Arabi Uniti in favore della popolazione di Gaza. È un impegno -quello per salvare vite umane, prestare soccorso ai feriti- che ci ha visto, ancora una volta, lavorare con orgoglio fianco a fianco".
Roma, 23 feb. (Adnkronos) - Alla vigilia della gara di campionato con il Monza e dopo il passaggio agli ottavi in Europa League, la Roma ha annunciato che "Niccolò Pisilli ha rinnovato il proprio contratto con il Club fino al 30 giugno 2029".
"Classe 2004, il centrocampista -fiore all’occhiello del settore giovanile giallorosso- è diventato rapidamente un punto di forza della Prima Squadra collezionando 34 presenze complessive (e 4 gol segnati) tra Serie A, Europa League e Coppa Italia", spiega la Roma.
Roma, 23 feb. (Adnkronos) - Le Associazioni dei pazienti "hanno collaborato alla stesura del policy paper di Ovarian Cancer Commitment (Occ) che si articola in sei punti: come Associazione nazionale che sostiene i portatori di mutazione dei geni Brca e le loro famiglie, due di questi ci stanno particolarmente a cuore e sono il riconoscimento dei Pdta (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) per le donne ad alto rischio cancro all’ovaio in tutte le Regioni e l’estensione dell’esenzione D99 per le persone portatrici di tumore ovarico in tutte le Regioni. Allo stato attuale soltanto 8 regioni su 20 hanno approvato il Pdta, e soltanto 10 hanno approvato l’esenzione, quindi vuol dire che ci sono cittadini di serie A e cittadini di serie B ancora oggi nel 2025". Così Ornella Campanella presidente aBRCAdabra in occasione della presentazione delle attività dell'Ovarian Cancer Commitment, nel 26esimo congresso della Società europea di oncologia ginecologica (Esgo) che si è chiuso oggi a Roma.
Per Campanella è importante anche "il riconoscimento della chirurgia di riduzione del rischio all’interno di Lea che ad oggi non c’è – spiega - nonostante si sia ampiamente dimostrata come l’unica strategia in grado di prevenire il cancro all’ovaio nelle donne a rischio in quanto portatrici di mutazione dei geni Brca".
Roma, 23 feb. (Adnkronos) - Igino Rugiero, ex Commissario Straordinario dell’Unione Italiana Tiro a Segno (Uits) nel 2019, è uno dei tre candidati alla presidenza dell’ente pubblico e Federazione Sportiva, insieme all’ex presidente Costantino Vespasiano e all’ex atleta Valentina Turisini. Con una lunga carriera militare alle spalle svolta per molto tempo presso le più alte Istituzioni dello Stato, e con profonda passione e conoscenza delle dinamiche interne della Uits, Rugiero si presenta con un programma ambizioso e una visione chiara per il futuro dell’organizzazione che, nel caso fosse eletto, siano al servizio delle Sezioni Tsn e dello Sport e non il contrario.
Rugiero ha intrapreso un tour in tutte le regioni italiane per incontrare gli elettori, non solo per presentare il suo programma, ma anche per farsi conoscere personalmente. “Sto girando praticamente in tutte le regioni e dove non mi è possibile andare cerco di contattare personalmente i presidenti delle Sezioni di Tiro a Segno Nazionale per mettere in condizione, democraticamente, gli elettori di conoscermi non soltanto dal punto di vista programmatico che espongo ovunque io vada, ma anche perchè ritengo che il contatto reale e il guardarsi negli occhi mentre ci si confronta sia un valore aggiunto che potrebbe fare la differenza, nel bene e nel male, nelle scelte dei singoli elettori”, ha dichiarato Rugiero all’Adnkronos.
"Questo approccio mira a rispondere alle molte domande e curiosità dei Presidenti e a spiegare loro le ragioni delle spiacevoli situazioni createsi negli ultimi mesi che avevano messo in dubbio non solo la possibilità di andare ad elezioni, ma in particolare avevano destabilizzato le Sezioni di Tsn che si erano viste cadere addosso all’improvviso, senza essere mai state informate dalla Presidenza, la possibilità della approvazione di un emendamento, fortunatamente ora svanita, che avrebbe praticamente distrutto e messo in discussione la sopravvivenza di moltissime delle stesse Sezioni su tutto il territorio nazionale".
Il candidato alla presidenza sottolinea poi l’importanza di un cambiamento politico per migliorare la gestione dell’ente. “L’obiettivo di oggi, indipendentemente dalle tante cose che dovremmo iniziare a fare tutti insieme domani, è ricucire i necessari rapporti con gli Enti Vigilanti e le Istituzioni dello Stato che si sono persi nel tempo a causa di una gestione superficiale ed approssimativa molto fumosa e poco concreta”, ha affermato, riferendosi alla ultima Governance dell’Ente Pubblico e Federazione Sportiva. Rugiero ritiene che “mai come oggi la Uits ha la possibilità di guardare al futuro con ottimismo e visione pragmatica di risoluzione dei tanti temi da affrontare che da troppi anni ormai si porta avanti, il prossimo 15 e 16 marzo ad Ostia, gli elettori chiamati per scegliere il prossimo Presidente Nazionale ed il nuovo Consiglio della Uits avranno la grande opportunità di “cambiare” e di iniziare un nuovo percorso di rinascita che possa ridare alla Uits la dignità ed il riconoscimento istituzionale e sportivo che merita. Le Istituzioni tutte e lo Sport ce lo hanno praticamente chiesto facendocelo capire con i fatti, a noi tutti noti”.
Una delle sfide principali che Rugiero intenderebbe affrontare è quella di finalmente riaprire realmente, e non solo a parole, la collaborazione con il Genio Infrastrutture dell’Esercito per riportare armonia tra le parti e tracciare un percorso di confronto per risolvere le problematiche che purtroppo negli ultimi anni hanno messo in difficoltà molte Sezioni Tsn provocandone addirittura in alcuni casi la chiusura. Il suo programma prevede un percorso di risanamento e rinnovamento anche dell’aspetto sportivo a lui molto caro che riparta dalla promozione dello Sport del Tiro a Segno verso le scuole, verso i giovani e quindi verso le loro famiglie per far capire che questo è uno sport inclusivo, efficace e socialmente importante.
“Bisogna contrastare le percezioni negative legate a episodi di cronaca, bisogna far capire alle famiglie che il nostro è uno sport che può offrire ai giovani, e quindi ai loro figli, un contesto formativo e sicuro ed allo stesso tempo lontano dall’eccesso di distrazioni tecnologiche”. Con una visione chiara e un programma dettagliato, Igino Rugiero si propone come un candidato determinato a guidare l’Unione Italiana Tiro a Segno verso un futuro di rinnovamento e crescita, “Da soli si fallisce, uniti si vince”, il suo motto.
Roma, 23 feb. (Adnkronos Salute) - "La ricerca sta andando avanti spedita soprattutto dal punto di vista genetico e quindi tutta la tematica dei test molecolari è fondamentale. Oggi parliamo e sollecitiamo la rimborsabilità del test Hrd ma c’è già chi sta facendo delle proposte per la rimborsabilità non più riferita al singolo gene, come avvenuto per il Brca, ma a pannelli multigenici, che permettono di analizzare da 30 fino a 500 pannelli di geni. È una nuova prospettiva con cui guardare alle mutazioni e alla complementarietà tra test genomici e genetici e alla loro indispensabilità. L’accesso equo a test molecolari che permettono di definire la terapia su misura di ogni paziente e la possibilità di essere curate nei centri di riferimento di alta specialità, che eseguono un elevato numero di interventi chirurgici all’ovaio, non sono ancora una realtà in Italia". Lo ha detto Nicoletta Cerana presidente Acto Italia Alleanza Contro il Tumore Ovarico ETS in occasione della presentazione delle attività dell'Ovarian Cancer Commitment, nel 26esimo congresso della Società europea di oncologia ginecologica (Esgo) che si è concluso oggi a Roma.