È uscito dalla grotta Tham Luang anche il quarto ragazzo del gruppo di oggi, l’ottavo complessivo a essere portato in salvo. Si è conclusa anche la seconda parte dei salvataggi, cominciati domenica con l’uscita dei primi quattro baby calciatori dalla grotta Tham Luang. A questo punto, tra ieri è oggi sono usciti due terzi della squadra. Il recupero degli ultimi quattro ragazzi e dell’allenatore è invece slittato a domani, martedì. Il responsabile dei soccorsi non può confermare però che l’operazione si concluderà in un giorno. “Non sono in grado di dirlo. Dipende dal team di sub, e il loro piano è pensato per il salvataggio di quattro persone. E’ il piano migliore dal punto di vista della sicurezza”, ha detto Narongsak Osatanakorn.
Nella conferenza stampa di questa mattina lo stesso responsabile aveva parlato di “missione che verrà conclusa entro le 21” (le ore 16 in Italia), parlando della seconda tranche delle operazioni di recupero, in vista di un rinvio per motivi logistici. Alle operazioni partecipano gli stessi sub che hanno portato a termine la prima missione. La scelta di confermare gli stessi soccorritori è stata presa per non disperdere la conoscenza dettagliata del percorso accumulata ieri, che ha permesso un recupero più veloce. I quattro ragazzini salvati sono in buone condizioni di salute ma “saranno tenuti separati dalle loro famiglie per un periodo a causa del rischio di infezioni“.
I familiari dei ragazzi già salvati dalla grotta e ricoverati in ospedale non sono ancora stati autorizzati a visitarli, neanche i parenti dei quattro che sono usciti ieri. Ai genitori è stato comunicato di prepararsi per una visita in ospedale, che potrà avvenire dopo il completamento degli esami a cui sono sottoposti i giovani calciatori mano a mano che escono dalla grotta e dopo che le prime cure sono loro somministrate. Una visita che però si terrà inizialmente con un vetro di protezione a separare i ragazzi dai loro familiari, senza contatti fisici, per evitare il rischio di infezioni.
Il recupero di domenica, parte di un’operazione lunga 15 giorni e non ancora finita, fa sperare che si possa concludere tutto nel miglior modo possibile. Dal 23 giugno, quando è iniziato tutto, si è passati dallo sconforto alla gioia di saperli ancora vivi. Subito dopo però è scattata la paura di non riuscire a tirarli fuori, prima che l’ossigeno si esaurisse. Dopo due settimane ha vinto la speranza di farcela grazie al lavoro instancabile dei soccorritori. Per liberare il gruppo si diceva che sarebbero stati necessari mesi per addestrare i ragazzini a immergersi e aspettare che finisse il periodo delle piogge, invece ai ragazzini è stato insegnato a immergersi sott’acqua con le maschere. Si è deciso di accelerare quando il livello dell’ossigeno ha cominciato a scendere al 15% (21% il valore medio) e uno dei soccorritori ha perso la vita. Poi è partito il salvataggio: due sub si sono immersi per ciascuna persona da salvare, guidando i ragazzini prima nella parte sott’acqua e poi nel tragitto da percorrere a piedi.
La missione di salvataggio in 8 punti – L’operazione è difficile e delicata. Eccola spiegata in otto punti.
1) I ragazzi si trovano su una lingua di terra piuttosto scoscesa e rimasta quasi all’asciutto a circa tre chilometri di distanza e 800 metri di profondità dall’ingresso della grotta.
2) Per nove giorni hanno bevuto acqua piovana, mangiato probabilmente insetti e (forse) pipistrelli e leccato le pareti di roccia ricche di sali minerali.
3) Una volta trovati sono stati raggiunti da rifornimenti, curati, rifocillati e messi in condizioni di tentare il percorso inverso.
4) A quel punto, è stato necessario fare tre cose: continuare ad aspirare acqua e pompare aria nelle caverne, attrezzare il “percorso” con cavi, sensori, luci, bombole di riserva e punti di soccorso, insegnare ai ragazzini minimi rudimenti di nuoto subacqueo e a utilizzare respiratori ed erogatori d’aria.
5) Il percorso dal punto dove sono i bambini fino alla “Camera 3” dove c’è la base dei soccorsi, presenta alcuni “laghi” da attraversare in immersione, alcuni passaggi complicati e stretti che non si possono fare con le bombole in spalla, altri in cui si può camminare carponi o in piedi.
6) Per ogni bambino c’è una squadra di due sub esperti. Uno guida tenendosi al cavo e porta in braccio la bombola di ossigeno a cui è collegato il bambino che è legato a lui da una corda abbastanza corta. L’altro sub segue e aiuta il ragazzino, lo spinge, evita che sbagli strada, faccia pericolose deviazioni, sbatta nelle rocce, sia preso dal panico.
7) Ogni imprevisto è stato calcolato, per quanto possibile. Le caverne sono attrezzate per qualsiasi occorrenza. Ma per percorrere l’intero percorso ci vogliono alcune ore.
8) Una volta arrivati a “Camera 3” le condizioni dei ragazzini vengono valutate con un primo controllo. Da lì all’uscita il cammino è abbastanza facile. Una volta fuori, i ragazzini vengono caricati su ambulanze e portati di corsa all’ospedale per cure e accertamenti.