Dieci milioni di euro, provenienti da fondi regionali e destinati a strutture sociosanitarie, fatti sparire. Questa l’accusa mossa dalla procura della Repubblica di Catania, diretta dal procuratore Carmelo Zuccaro, nei confronti di cinque persone. Arrestato Corrado Labisi, 65 anni, già presidente del consiglio di amministrazione dell’Istituto Medico Psico-Pedagogico “Lucia Mangano”, ente che si propone di assistere moralmente e socialmente i poveri della città e della provincia, creando centri di mutuo soccorso, elargendo sussidi a favore degli stessi, creando laboratori, offrendo assistenza medica, alleviare lo stato di eventuale disagio per disoccupazione, malattia o altro. Labisi, spiega la procura, è anche presidente dell’associazione “Saetta – Livatino”, impegnata a sostenere le iniziative antimafia in ricordo del magistrato Livatino barbaramente ucciso dalla mafia. Ai domiciliari la moglie, la figlia e due collaboratori. L’ordinanza di custoria cautelare, emessa dal gip di Catania, è stata eseguita questa mattina all’alba dalla Dia di Catania, diretta dal dirigente Renato Panvino, con il supporto dei centri operativi di Palermo, Reggio Calabria e Caltanissetta, nonché della Sezione Operativa di Messina.
Secondo gli investigatori Labisi avrebbe “distratto” quei soldi facendo lievitare le cifre riportate sugli estratti conti accesi per la gestione della clinica, tanto da raggiungere un debito pari ad oltre 10 milioni di euro”. Dalla perizia effettuata dal consulente dell’autorità giudiziaria emerge che l’indagato avrebbe utilizzato per fini diversi la somma di 1.341.000 euro e la moglie 384mila euro. Una “gestione” chiaramente censurata proprio dallo statuto associativo dell’Impp che prevede “l’esclusione irrevocabile dall’associazione di qualsiasi membro che approfitti del proprio ruolo per impossessarsi, con espedienti vari, per fini propri di somme di denaro destinate alla normale gestione.
Dalle indagini è emersa “la duplicità” dell’agire del Labisi: “Da una parte – spiega la procura – si manifesta paladino della legalità tanto da ricoprire la carica di presidente dell’associazione antimafia insignendo del premio intitolato a Livatino personalità delle istituzioni che si sono evidenziate nel contrasto alla criminalità mafiosa. Mentre l’altro aspetto – continua la procura – faceva registrare l’atteggiamento illecito del Labisi, il quale senza scrupolo alcuno, distraeva ingenti somme di denaro per soddisfare esigenze diverse tra le quali il pagamento di fatture emesse dalla Pubblicompass per pubblicizzare gli eventi dal medesimo organizzati, la copertura di spese sostenute dalla moglie e dalle figlie, il pagamento di fatture emesse per cene e soggiorni ad amici vari“.
“Il trattamento riservato agli ospiti dell’Istituto Lucia Mangano, alla luce delle indebite sottrazioni riscontrate, sarebbe stato di livello accettabile, soltanto grazie all’attività caritatevole del personale ivi preposto, e non certamente per la illecita gestione della famiglia Labisi”, scrive la procura. Infatti, così come testimoniato da qualche dipendente, “se fosse dipeso da loro, si continuerebbe a dare (ai pazienti) latte allungato con acqua, maglie di lana e scarpe invernali nel periodo estivo“. Labisi, continua la procura, era riuscito a costruirsi “una immagine modello di sé, tanto da indurre persone a lui legate a sostenerlo nelle proprie iniziative”, essendo considerato un paladino in difesa della legalità.
In tale contesto, appare sintomatica una conversazione captata tra Corrado Labisi ed un suo amico, all’indomani di una perquisizione delegata operata dalla Dia di Catania. Nel corso della conversazione, avvenuta con un amico di Labisi, già appartenente al ministero della Difesa, questi, commentando l’episodio, affermava: “Dobbiamo capire a 360° se c’è qualcuno che deve pagare perché questa è la schifezza fatta a uno che si batte per la legalità vediamo a chi dobbiamo fare saltare la testa”. Per gli investigatori appare chiaro il riferimento alla struttura investigativa della Dia e ai magistrati inquirenti che svolgono le indagini.
“Il riferimento ai rapporti che Labisi ha con la massoneria, con eventuali persone appartenenti al ministero della Difesa, con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata mafiosa vengono soltanto evidenziati in questa indagine soltanto per dire che Labisi è persona che non fa mistero di intrattenere rapporti con personaggi importanti e non fa mistero del fatto che, qualora lo ritenga utile possa ricorrere all’aiuto di questi soggetti – spiega il procuratore della Repubblica a Catania Carmelo Zuccaro durante la conferenza stampa – Non ci risulta in questa indagine che questi soggetti siano intervenuti a suo favore così come noi non gli imputiamo l’appartenenza a logge massoniche deviate e l’appartenere alla massoneria, come voi sapete, non costituisce reato”. “Dispiace veramente che si utilizzino nomi di magistrati a cui tutti siamo legati per il loro sacrificio della vita per poter intrattenere amicizie e potere vantare rapporti privilegiati. Labisi nell’ambito delle nostre indagini – ha proseguito Zuccaro – è una persona che e stata anche presidente del Consiglio di amministrazione dell’Istituto Lucia Mangano, un Istituto che svolge un’attività meritoria nella città perché assiste persone povere e bisognose di assistenza, di cure mediche. È una persona – ha sostenuto il procuratore – che ha distratto il denaro che veniva erogato anche attraverso il pagamento di fatture per servizi rilasciati dall’Istituto Lucia Mangano da enti pubblici regionali, circa 6-8 milioni di euro l’anno, per scopi privati”. “Lo stesso Labisi – ha osservato Zuccaro – è la persona che fa parte del comitato ‘Saetta-Livatinò e ha erogato premi a persone che vantano delle benemerenze nel contrasto alle organizzazioni mafiose. Ma la cosa illecita da questo punto di vista è che abbia utilizza somme ch erano state erogate per l’Istituto Lucia Mangano per potere svolgere quest’attività associativa intrattenendo rapporti con magistrati, forze dell’ordine di cui poteva vantare l’amicizia perché – ha chiosato il procuratore di Catania – ovviamente, si metteva in contatto con loro per poter erogare questi premi”.
Cronaca - 10 Luglio 2018
Catania, buco da 10 milioni in una casa di cura: cinque arresti. C’è anche presidente associazione antimafia
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Dieci milioni di euro, provenienti da fondi regionali e destinati a strutture sociosanitarie, fatti sparire. Questa l’accusa mossa dalla procura della Repubblica di Catania, diretta dal procuratore Carmelo Zuccaro, nei confronti di cinque persone. Arrestato Corrado Labisi, 65 anni, già presidente del consiglio di amministrazione dell’Istituto Medico Psico-Pedagogico “Lucia Mangano”, ente che si propone di assistere moralmente e socialmente i poveri della città e della provincia, creando centri di mutuo soccorso, elargendo sussidi a favore degli stessi, creando laboratori, offrendo assistenza medica, alleviare lo stato di eventuale disagio per disoccupazione, malattia o altro. Labisi, spiega la procura, è anche presidente dell’associazione “Saetta – Livatino”, impegnata a sostenere le iniziative antimafia in ricordo del magistrato Livatino barbaramente ucciso dalla mafia. Ai domiciliari la moglie, la figlia e due collaboratori. L’ordinanza di custoria cautelare, emessa dal gip di Catania, è stata eseguita questa mattina all’alba dalla Dia di Catania, diretta dal dirigente Renato Panvino, con il supporto dei centri operativi di Palermo, Reggio Calabria e Caltanissetta, nonché della Sezione Operativa di Messina.
Secondo gli investigatori Labisi avrebbe “distratto” quei soldi facendo lievitare le cifre riportate sugli estratti conti accesi per la gestione della clinica, tanto da raggiungere un debito pari ad oltre 10 milioni di euro”. Dalla perizia effettuata dal consulente dell’autorità giudiziaria emerge che l’indagato avrebbe utilizzato per fini diversi la somma di 1.341.000 euro e la moglie 384mila euro. Una “gestione” chiaramente censurata proprio dallo statuto associativo dell’Impp che prevede “l’esclusione irrevocabile dall’associazione di qualsiasi membro che approfitti del proprio ruolo per impossessarsi, con espedienti vari, per fini propri di somme di denaro destinate alla normale gestione.
Dalle indagini è emersa “la duplicità” dell’agire del Labisi: “Da una parte – spiega la procura – si manifesta paladino della legalità tanto da ricoprire la carica di presidente dell’associazione antimafia insignendo del premio intitolato a Livatino personalità delle istituzioni che si sono evidenziate nel contrasto alla criminalità mafiosa. Mentre l’altro aspetto – continua la procura – faceva registrare l’atteggiamento illecito del Labisi, il quale senza scrupolo alcuno, distraeva ingenti somme di denaro per soddisfare esigenze diverse tra le quali il pagamento di fatture emesse dalla Pubblicompass per pubblicizzare gli eventi dal medesimo organizzati, la copertura di spese sostenute dalla moglie e dalle figlie, il pagamento di fatture emesse per cene e soggiorni ad amici vari“.
“Il trattamento riservato agli ospiti dell’Istituto Lucia Mangano, alla luce delle indebite sottrazioni riscontrate, sarebbe stato di livello accettabile, soltanto grazie all’attività caritatevole del personale ivi preposto, e non certamente per la illecita gestione della famiglia Labisi”, scrive la procura. Infatti, così come testimoniato da qualche dipendente, “se fosse dipeso da loro, si continuerebbe a dare (ai pazienti) latte allungato con acqua, maglie di lana e scarpe invernali nel periodo estivo“. Labisi, continua la procura, era riuscito a costruirsi “una immagine modello di sé, tanto da indurre persone a lui legate a sostenerlo nelle proprie iniziative”, essendo considerato un paladino in difesa della legalità.
In tale contesto, appare sintomatica una conversazione captata tra Corrado Labisi ed un suo amico, all’indomani di una perquisizione delegata operata dalla Dia di Catania. Nel corso della conversazione, avvenuta con un amico di Labisi, già appartenente al ministero della Difesa, questi, commentando l’episodio, affermava: “Dobbiamo capire a 360° se c’è qualcuno che deve pagare perché questa è la schifezza fatta a uno che si batte per la legalità vediamo a chi dobbiamo fare saltare la testa”. Per gli investigatori appare chiaro il riferimento alla struttura investigativa della Dia e ai magistrati inquirenti che svolgono le indagini.
“Il riferimento ai rapporti che Labisi ha con la massoneria, con eventuali persone appartenenti al ministero della Difesa, con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata mafiosa vengono soltanto evidenziati in questa indagine soltanto per dire che Labisi è persona che non fa mistero di intrattenere rapporti con personaggi importanti e non fa mistero del fatto che, qualora lo ritenga utile possa ricorrere all’aiuto di questi soggetti – spiega il procuratore della Repubblica a Catania Carmelo Zuccaro durante la conferenza stampa – Non ci risulta in questa indagine che questi soggetti siano intervenuti a suo favore così come noi non gli imputiamo l’appartenenza a logge massoniche deviate e l’appartenere alla massoneria, come voi sapete, non costituisce reato”. “Dispiace veramente che si utilizzino nomi di magistrati a cui tutti siamo legati per il loro sacrificio della vita per poter intrattenere amicizie e potere vantare rapporti privilegiati. Labisi nell’ambito delle nostre indagini – ha proseguito Zuccaro – è una persona che e stata anche presidente del Consiglio di amministrazione dell’Istituto Lucia Mangano, un Istituto che svolge un’attività meritoria nella città perché assiste persone povere e bisognose di assistenza, di cure mediche. È una persona – ha sostenuto il procuratore – che ha distratto il denaro che veniva erogato anche attraverso il pagamento di fatture per servizi rilasciati dall’Istituto Lucia Mangano da enti pubblici regionali, circa 6-8 milioni di euro l’anno, per scopi privati”. “Lo stesso Labisi – ha osservato Zuccaro – è la persona che fa parte del comitato ‘Saetta-Livatinò e ha erogato premi a persone che vantano delle benemerenze nel contrasto alle organizzazioni mafiose. Ma la cosa illecita da questo punto di vista è che abbia utilizza somme ch erano state erogate per l’Istituto Lucia Mangano per potere svolgere quest’attività associativa intrattenendo rapporti con magistrati, forze dell’ordine di cui poteva vantare l’amicizia perché – ha chiosato il procuratore di Catania – ovviamente, si metteva in contatto con loro per poter erogare questi premi”.
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(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.