Avete presente Siracusa, città Unesco, e il federiciano Castello Maniace, con la grandiosa Piazza d’armi che lo precede con vista sul mare e il Porto grande, luogo magico meta di tanti turisti in Sicilia? Ebbene, che ne direste se proprio sulla piazza, il demanio di Stato concedesse per 12 anni a un privato 1500 mq (a soli 3 euro al metro quadro all’anno!) per realizzare una piattaforma di ancoraggio in cemento armato e una struttura in elevato di metallo e vetro per ospitare un bar-ristorante?

Di fronte alle reazioni sdegnate di chi sottolinea l’orrore della struttura, rispondereste come fa la soprintendente Rosalba Panvini che in fondo è sempre meglio dei tendoni e palchi che d’estate, negli anni precedenti, occupavano l’area? Oppure difendereste la scelta, come fa il neoeletto sindaco di Siracusa, Francesco Italia, dicendo che sempre di manufatto temporaneo si tratta, facilmente amovibile (!), quando è invece evidente che si è scavato con le ruspe per creare gli allacci della struttura e si è fatta una platea di cemento per ancorarvi sopra un manufatto che di temporaneo non ha nulla? E infatti l’intervento costa 267mila euro e arriva con tanto di corollario di aiuole e di palmizi “stile tropicale”, secondo la moda corrente.

Ma questo è quanto sta succedendo e (come dicono in Sicilia) noi “babbi” a ingoiare tutto. Cosa non si fa per “valorizzare” i nostri beni culturali! Se prima, entrando nella Piazza d’armi, si aveva immediatamente davanti agli occhi il mare del Porto grande e la lettura della splendida posizione Castello, d’ora in poi quel che prima è stato non sarà più. Con buona pace della Soprintendenza che negli anni passati ha fatto demolire i magazzini della Caserma perché ostruivano la vista del mare e ora approva un progetto che – contraddicendo i principi basilari della fruizione dei beni culturali e paesaggistici – ripropone l’ostacolo precedentemente rimosso in versione “terzo millennio”: quella sorta di nave spaziale in vetro, specchi e metallo atterrata in mezzo a Ortigia, ennesimo delirio di qualche architetto, corroborato da politici e amministratori locali.

Sarebbe il caso che ciascuna istituzione si mettesse d’accordo con sé stessa (vista mare sì o vista mare no?) e che si avviasse una riflessione quanto mai opportuna sul significato da dare al termine “valorizzazione” riferito al patrimonio culturale.

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