Diritti

Vaticano, nel 1966 documento di teologi e consulenti pro-contraccettivi (compresa la pillola). Ma Paolo VI pose il veto

Un libro svela il testo era stato preparato nel corso dell'iter che portò a una delle encicliche più celebri di Papa Montini, "Humanae Vitae". Ma il pontefice era preoccupato dalle "politiche antinataliste in molte parti del mondo, specie quelli più poveri e sottosviluppati"

Lasciare alle coppie la possibilità di una genitorialitàresponsabile” attraverso l’uso dei contraccettivi, a partire dalla pillola. Si pensò anche a questo nel 1966 in Vaticano nel corso dell’iter che portò poi alla enciclica Humanae Vitae di Paolo VI pubblicata due anni dopo, il 25 luglio del 1968. La fase che seguì il Concilio Vaticano II avrebbe dunque potuto condurre a questa conclusione, visto che era la tesi maggioritaria tra i teologi e gli specialisti consultati sul tema, ma Paolo VI pose il veto e scelse diversamente. In questo non facile processo risulta anche una enciclica, De nascendae prolis, scritta ma mai pubblicata. Emerge dagli Archivi della Santa Sede, come scrive monsignor Gilfredo Marengo nel suo libro La nascita di un’enciclica (Libreria Editrice Vaticana), una ricerca storica sulla genesi di Humanae vitae, realizzata attraverso l’esame dei documenti presenti nell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede e nell’Archivio Segreto Vaticano. Non è la prima storia di una enciclica scomparsa: nel 1938, per esempio, risulta fosse pronta la Humanis Generis Unitas, enciclica antinazista fatta preparare al gesuita americano John LaFarge da Pio XI, papa Achille Ratti, che poi scomparve con la sua morte avvenuta di lì a poco e con l’avvento del nuovo pontefice, Pio XII, Eugenio Pacelli.

Tornando agli anni dell’Humanae vitae, “molti erano convinti che mantenersi in sintonia con il concilio – scrive Marengo riferendosi al Concilio Vaticano II – esigesse di introdurre radicali mutamenti in questo campo”. “Una volta riconosciuto il valore in sé dell’esercizio responsabile della paternità, non era ragionevole fare coincidere questo giudizio con l’obbligare le coppie al solo uso dei metodi naturali; la pillola inibitoria andava considerata un mezzo attraverso il quale il fine di evitare un nuovo concepimento veniva raggiunto rispettando le esigenze dell’amore coniugale e la dignità del coniuge”. Ma Papa Giovanni Battista Montini “non giudicò accettabile questa tesi sulla quale era stato elaborato il documento della maggioranza approvato a fine giugno del 1966”. Paolo VI ritenne “più rassicurante“, come scrive l’autore del libro, “mantenersi in un assetto tradizionale”.

Un motivo forte di questa decisione del Papa era legato al fatto che l’ampia diffusione della pillola aveva già aperto la strada “a inquietanti politiche antinataliste in molte parti del mondo, in specie quelli più poveri e sottosviluppati”. Marengo, dopo aver studiato i documenti, sottolinea anche quanto sia solo appartenente alla “categoria del mito” il fatto che Paolo VI “decise da solo“. “Paolo VI non decise da solo ma fu consapevole che molti lo avrebbero lasciato solo”. A firmare la prefazione del libro, di prossima uscita, è monsignor Pierangelo Sequeri, preside del Pontificio istituto teologico Giovanni Paolo II, secondo il quale questo contributo sarà utile per sgomberare il terreno dagli “eccessi di superficialità e faziosità che l’hanno fastidiosamente ingombrato”.