“Le sentenze pronunciate in nome del popolo italiano vanno rispettate senza eccezioni”. Il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, spegne la speranza dei diplomati magistrali. Il nuovo inquilino di viale Trastevere, oggi pomeriggio, 11 luglio, ha presentato alle commissioni Istruzione congiunte di Senato e Camera gli impegni che prenderà col mondo della scuola. Nessun ribaltone. Nessuna rottamazione. Anzi Bussetti è stato chiaro: “La scuola e l’università sono state oggetto di riforme a ritmo tale che la nuova si presentava quando l’altra non era ancora realizzata. Non voglio ricorrere a nuove riforme e ulteriori strappi”.
L’intervento del ministro è parso a molti deputati e senatori “timido”, ma a nessuno è sfuggita la frase sulla questione dei diplomati magistrali soprattutto alla luce della decisione presa con il decreto dignità, che ha congelato per 120 giorni la situazione dei 5.600 insegnanti che avevano già ricevuto la cattedra a tempo indeterminato (con riserva) e degli altri 45mila che rischiano di essere depennati dalle gae (graduatorie a esaurimento). Donne e uomini del mondo della scuola che sono rimasti senza alcuna certezza in attesa della soluzione definitiva del governo. A molti parlamentari, dall’ex sottosegretario Gabriele Toccafondi a Simona Malpezzi fino all’ex assessore all’Istruzione della Regione Lombardia Valentina Aprea, non è piaciuto il fatto che nella relazione il ministro non abbia citato una sola volta la questione dei fondi alle scuole paritarie sulla quale 5Stelle e Lega hanno espresso nei rispettivi programmi impegni decisamente differenti.
Una novità arriva sul fronte dell’assunzione dei docenti: “Occorrerà riflettere su nuovi strumenti che tengano conto del legame dei docenti con il loro territorio, affrontando all’origine il problema dei trasferimenti, ormai a livelli non ulteriormente accettabili, che non consentono un’adeguata continuità didattica a detrimento della formazione dei nostri ragazzi”.
Bussetti nel suo intervento ha voluto sottolineare, a seguito delle polemiche sorte per lo scioglimento dell’unità di missione sull’edilizia scolastica a Palazzo Chigi, che “è importante intervenire urgentemente sulle infrastrutture scolastiche con un piano pluriennale di investimenti per la sicurezza degli edifici scolastici” avvalendosi di tutte le misure a disposizione, anche con i fondi europei.
Il ministro ha espresso la sua volontà di metter mano all’esperienza di scuola alternanza/lavoro: “È stata interpretata come un obbligo e non come opportunità. Sono convinto che i termini ‘scuola e lavoro’ non devono essere intesi in modo antitetico ma come sintesi. Non deve essere archiviata ma necessita di aggiustamenti, trovo molto importante e formativo che gli studenti possano con l’alternanza misurarsi col mondo del lavoro ma il Ministero non può tollerare percorsi che non siano di assoluta qualità e di standard elevati di sicurezza. Servono le opportune correzioni ma è uno strumento su cui credo molto”.
Non sembra preoccupato, invece, dei numeri che indicano che sempre più giovani se ne vanno dall’Italia: “Non ho timore della fuga dei cervelli: la ricerca è internazionale. È fisiologico che un nostro studente voglia approfondire i suoi studi all’estero. Il problema non è la partenza ma il mancato ritorno”. Sul tema ha dedicato parecchi minuti: “Occorre valutare la creazione di una Agenzia nazionale sulla ricerca: servono finanziamenti talmente ingenti che non si possono recuperare solo dal pubblico, serve un partenariato pubblico-privato in favore della ricerca. Voglio agire sui finanziamenti messi a disposizione nell’Ue e ottenere quanti più fondi possibili dal prossimo finanziamento quadro che ha un valore di 100 miliardi di euro complessivo. È un’opportunità da non farsi sfuggire”.
Decisa la presa di posizione nei confronti delle famiglie soprattutto alla luce dei fatti violenti di quest’ultimo anno: “Esigo, anzi pretendo, che gli studenti e le loro famiglie abbiano nei confronti dell’istituzione scolastica e di tutte le sue componenti un atteggiamento di rispetto”.
Da ex dirigente dell’ufficio scolastico regionale di Milano, ha più volte citato il “modello lombardo” e da ex insegnante d’educazione fisica ha promesso docenti professionisti già alla primaria per l’educazione motoria e una particolare attenzione per la formazione degli studenti atleti.