“Sarà fermata la riforma delle intercettazioni”, perché “le modifiche introdotte sono un dannoso passo indietro sulla strada della qualità ed efficacia delle indagini”. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, intervenendo in commissione al Senato durante la presentazione della linee guida del suo mandato, ha ribadito che interverrà per bloccare il provvedimento del suo predecessore Andrea Orlando. Una decisione che era stata annunciata nelle scorse settimane e che si fa sempre più urgente per evitare l’entrata in vigore del provvedimento prevista per il 26 luglio. Il guardasigilli ha poi illustrato quelle che sono le sue priorità, partendo dal “daspo per i corrotti”. “Il contrasto senza quartiere alla corruzione”, ha aggiunto, “costituisce un’architrave dell’azione del governo e in particolare del ministero di cui ho la responsabilità”. Nella lista dei primi interventi su cui intende lavorare anche la riforma della prescrizione che si intende sospendere dopo la condanna in primo grado e la legittima difesa. La presentazione è stata accolta con favore dall’Associazione nazionale magistrati: “Ci sono dei segnali positivi che vanno nella direzione che avevamo auspicato”, ha commentato il presidente Francesco Minisci. “Sono segnali che fanno ben sperare. Alcuni degli interventi annunciati sono gli stessi che da tempo noi auspichiamo e chiediamo. E c’è l’intenzione di ascoltare anche la voce della magistratura associata, che è pronta a dare il proprio contributo tecnico. Bisogna intervenire sulle lungaggini dei processi. Negli ultimi decenni non abbiamo visto provvedimenti che abbiano avuto incidenza sui tempi dei procedimenti. L’auspicio è che oggi si possa iniziare una nuova stagione”.
Bonafede è entrato nel merito della riforma Orlando sulle intercettazioni che appunto intende bloccare. “In particolare”, ha detto davanti ai parlamentari, “il previsto archivio elettronico in cui saranno conservati integralmente i verbali e le registrazioni delle conversazioni non appare ancora in grado di funzionare correttamente e pienamente”. L’attività di adeguamento e di collaudo dei sistemi presso gli uffici delle singole procure della Repubblica, ha spiegato il ministro, richiede di “posticipare la piena efficacia della disciplina” anche per “non comprometterne l’operatività funzionale”. Serve dunque, ha dichiarato, “ulteriore tempo considerate le esigenze organizzative e di dotazione infrastrutturale che la normativa introdotta richiede, individuando nei primi mesi del prossimo anno il periodo più opportuno per l’entrata in vigore delle disposizioni”. “Parallelamente – ha detto ancora Bonafede – si è scelto di avviare sin da subito dopo l’insediamento del nuovo governo una capillare fase di ascolto e confronto, partendo dalle concrete esperienze vissute dalle procure e dagli avvocati, in modo da giungere alla definizione di una base di lavoro condivisa che possa fungere da piattaforma su cui innestare la riscrittura delle disciplina delle intercettazioni”.
In generale sono tre le priorità da cui Bonafede si prefigge di partire, tematiche che già erano state enunciate nel contratto di governo Lega-M5s e che ora sono state ribadite di fronte alla commissione Giustizia. Innanzitutto ha citato il Daspo per corrotti e corruttori, misura più volte richiesta dal Movimento 5 stelle e sulla quale c’è un dibattito aperto tra gli addetti ai lavori. Nei giorni scorsi il presidente dell’Anac Raffaele Cantone, in un fuorionda riportato da ilfattoquotidiano.it, ha detto che è “incostituzionale“. Quindi il ministro ha continuato parlando di prescrizione, altro punto chiave per i 5 stelle: “Una riforma seria ed equilibrata della prescrizione è una priorità irrinunciabile per incrementare il grado di fiducia con cui i cittadini si rivolgono all’istituzione giudiziaria”. E tra le opzioni d’intervento allo studio c’è appunto quella di sospendere la prescrizione “dopo che sia stata emessa una sentenza di primo grado”. Infine, proprio come previsto dal patto con la Lega, Bonafede ha citato la necessità di intervenire sulla legittima difesa: “Eliminare le zone d’ombra che rendono difficile e complicato dimostrare che si è agito per legittima difesa”, ha detto. Un tema “che non riguarda solo la giustizia ma anche la sicurezza: il cittadino costretto a difendersi deve sentire che lo Stato è al suo fianco”. Per quanto riguarda le tempistiche, il ministro ha dato alcuni riferimenti: “Il governo si è insediato da un mese, ci sono state urgenze, come l’intervento per il palazzo di giustizia di Bari, ma tutte le riforme che ho in programma sono considerate priorità, su cui interverremo entro l’autunno, con interventi governativi o del Parlamento. Per le questioni che prevedono interventi economici sulle risorse si aspettano tempi della finanziaria come per la prescrizione, per la quale in ottobre si saranno altri dettagli, quando avremo più dati”.
Bonafede ha anche ricordato la volontà di intervenire sul “superamento del meccanismo delle porte girevoli tra politica e magistratura, tra Parlamento e aule giudiziarie”. Anche se ha ricordato che su questo tema “è giusto che sia affrontato in sede parlamentare, in ossequio alla sacralità del principio della separazione dei poteri”. E ha detto: “Un magistrato che decide legittimamente di impegnarsi per la gestione della cosa pubblica, partecipando a competizioni elettorali e rivestendo incarichi di governo, deve essere consapevole che non potrà tornare a esercitare la funzione giudiziaria perché ne risulterebbe menomata l’immagine di terzietà che chi amministra la giurisdizione deve invece sempre mantenere viva”.
In generale ha parlato comunque della necessità di “semplificare”. E’ “urgente aggredire la, ormai strutturale, ingestibile durata dei procedimenti”. Quindi, ha detto, per quanto riguarda in particolare il processo civile il suo obiettivo è semplificare le norme. “L’idea di semplificazione normativa che intendo portare avanti, è ben rappresentata dall’immagine di interventi chirurgici, volti ad asciugare l’attuale rito esistente senza, dunque, stravolgimenti inconsulti, forieri di periodi di lunga e controversa interpretazione giurisprudenziale e dottrinale”, ha detto. Una strategia che lui ha definito opposta a quella seguita negli ultimi anni da un legislatore “affetto dalla malattia della cosiddetta ‘riformite’, i cui sintomi sono una produzione scomposta e spesso illogica di norme e di riti che hanno avuto il solo effetto di gettare l’ordinamento giuridico in uno stato di sempre maggiore incertezza”.
In materia di carceri, il ministro della Giustizia ha detto che si muoverò con l’intento di “far convivere armoniosamente certezza della pena e finalità rieducativa della pena stessa. Quello della detenzione e dell’esecuzione della pena costituisce un settore importante della giustizia sul quale il Dicastero intende impegnarsi a fondo per migliorarne condizioni e funzionamento”. Ha quindi detto che ritiene “imprescindibile partire da una seria e approfondita interlocuzione con gli operatori direttamente coinvolti, la Magistratura di Sorveglianza e l’Amministrazione Penitenziaria, così come è in corso un costruttivo confronto con l’Autorità garante dei diritti dei detenuti”. Il ministro ha ricordato che “nelle carceri vivono ancora ottomila detenuti oltre la capienza regolamentare: la loro condizione della vita di ristretti non è sensibilmente migliorata, mentre il principio della certezza della pena ha indirettamente subito una continua erosione, generando un senso di insicurezza nella collettività”. Legato all’obiettivo di assicurare un apprezzabile grado di sicurezza e di garantire dignitose condizioni di permanenza all’interno degli istituti detentivi è, per Bonafede, il tema della dotazione e dell’organizzazione della Polizia Penitenziaria. Oggi sono previste 41.202 unità, “ma la presenza effettiva è oggi pari a 37.470 unità, con una percentuale di scopertura di circa il 9%”, una percentuale che si innalza “significativamente in diversi Istituti penitenziari con le immaginabili conseguenze in tema di criticità di gestione”.