Venti avvisi di garanzia ai componenti dell’equipaggio della nave Juventa, allo staff di Medici Senza Frontiere e a quello di Save the Children. A notificarli, la Procura di Trapani, che poco meno di un anno fece sequestrare l’imbarcazione dell’Ong tedesca, la Jugend Rettet. Il contesto delle informazioni di garanzia – necessari perché gli investigatori devono compiere accertamenti tecnici irripetibili su alcune utenze telefoniche – è proprio quello dell’inchiesta sul favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che ha coinvolto l’organizzazione non governativa nei soccorsi del 2016.
L’indagine, che va verso la sua conclusione, ipotizza contatti tra l’equipaggio della Juventa e trafficanti di migranti. Sotto la lente dei procuratori Andrea Tarondo e Antonio Sgarrella, ci sono telefoni, attrezzature di bordo e cellulari indispensabili, per i magistrati, per acquisire ogni elemento utile sulle operazioni di salvataggio oggetto dell’inchiesta. Dalla Procura, tuttavia, come scrive Repubblica, fanno sapere che l’operato della nave, che ha agito in acque libiche e con modalità ancora da accertare, non nascondeva “fini illeciti di qualsiasi natura“. Se c’è stata una violazione delle norme, quindi, si è resa necessaria unicamente per la salvezza di vite umane.
“Si tratta di un atto dovuto per consentire di partecipare all’ispezione dei dispositivi elettronici sequestrati alcuni mesi orsono, permettendo di esercitare il diritto alla difesa. Di fatto l’unico modo per farlo è quello di iscrivere le persone al registro degli indagati”, è quanto affermanto, in una nota, Save the Children. “Siamo certi che tutti i componenti del nostro staff – si legge – abbiano sempre svolto il proprio compito nel pieno rispetto dei regolamenti e delle procedure interne e sotto il pieno coordinamento del Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo della Guardia Costiera (IMRCC). Apprezziamo pertanto il provvedimento del Procuratore che è volto a garantire alle persone coinvolte la partecipazione, attraverso i loro rappresentanti legali e consulenti di parte, all’ispezione dei dispositivi elettronici”.
L’anno scorso l’avviso di garanzia arrivò anche a don Mussie Zerai, il sacerdote eritreo fondatore dell’agenzia d’informazione “Habeshia” e candidato al Nobel per la pace nel 2015.