Sessanta bambini tra i tre e i cinque anni, la maggior parte figli di operai che lavorano per la Fincantieri a Monfalcone, a settembre non potranno entrare in aula con i loro compagni. L’amministrazione della città ha deciso di fissare, nella scuola dell’infanzia, un tetto massimo di presenza non italiana al 45%. Finché c’è posto bene, ma per chi rimane escluso non c’è nulla da fare. Anzi, una soluzione il sindaco Annamaria Cisint (Lega) ce l’ha: “Se li prendano i sindaci dei comuni vicini e Fincantieri. Sono figli dei suoi dipendenti. L’azienda dovrebbe fare una scuola aziendale”.
Una proposta e una scelta che manda su tutte le furie la Flc Cgil e l’opposizione del Partito Democratico ma che, da Roma, ci confermano non essere così peregrina. Sembra, per esempio, che a livello regionale vi sia l’intenzione, da parte del presidente Massimiliano Fedriga, di sondare quest’ipotesi.
Intanto per i 60 bambini non ci sono banchi disponibili. Il 26 giugno scorso il Comune e l’istituto comprensivo “Giacich” e l’istituto “Randaccio” hanno firmato un accordo di programma, che il Fatto.it ha potuto visionare, in cui “le parti convengono di accettare per l’anno scolastico 2018/2019 l’applicazione della percentuale di alunni stranieri fino al 45% allo scopo di dare risposte ai bisogni dei bambini e delle famiglie e nel rispetto dei criteri di precedenza che gli istituti comprensivi stabiliranno”. Nel documento, inoltre, si cita tra gli obiettivi quello di “incentivare le iscrizioni a Monfalcone, in particolare da parte delle famiglie italofone residenti”.
Un “patto” che secondo il Miur (che su questa vicenda non intende intervenire) non sarebbe stato firmato dall’ufficio scolastico regionale e provinciale che a fronte delle lista d’attesa avrebbe inviato quattro insegnanti in più per formare due nuove sezioni. “Eppure – spiega Adriano Zonta, segretario Flc Cgil – l’Usr e l’Ust sapevano. Il tutto è stato inserito in un regolamento modificato all’ultimo momento nella totale inconsapevolezza delle famiglie che si sono viste i figli esclusi. Nella Costituzione italiana i minori devono essere tutelati di là della distinzione di sesso, di razza e di religione. Questo accordo lede i diritti dei bambini. Noi non stiamo facendo una battaglia per gli stranieri: escludere 60 bambini dalla scuola dell’infanzia significa tra tre anni avere degli allievi alla primaria che non conosceranno l’italiano. È un problema di tutti”.
A spiegare i motivi dell’accordo ci pensa il sindaco: “Monfalcone ha il 22% di residenti immigrati per via delle attività di Fincantieri. I genitori di Monfalcone scappavano: ho visto almeno 90 famiglie andarsene dalla scuola della nostra città perché in alcune classi la percentuale degli stranieri era del 99%. La maggioranza dei migranti da noi sono bengalesi: i loro figli arrivavano a scuola senza conoscere una parola di italiano e con una serie di problematiche importanti. In questo anno e mezzo abbiamo cercato di creare i presupposti per creare un equilibrio”. Una risposta è stata trovata con l’intesa raggiunta con le scuole: “Abbiamo fissato – spiega la prima cittadina – questa quota con il 15% in più rispetto alla circolare della Gelmini. Così ho recuperato le famiglie in fuga: quest’anno se ne sono andate solo 40. Ho messo a disposizione i soldi per portarli nei comuni vicini ma la risposta è stato un silenzio assordante. Fincantieri, che causa una situazione di questo tipo, deve al territorio una responsabilità sociale d’impresa che non ha mai messo in campo. Dovrebbe essere imposto loro di realizzare una scuola materna aziendale”.
D’altro canto Fincantieri è il perno da sempre di questo territorio e ha appalti fino almeno fino al 2024. La presenza dei migranti – ci spiegano le opposizioni e il sindacato – non è nuova ed è sempre stata affrontata come una risorsa per l’intera città. “Noi – spiega la capogruppo del Pd in consiglio comunale, Lucia Giurissa – abbiamo più di ottanta lingue censite su una popolazione di 28mila abitanti. Siamo un laboratorio di multiculturalità da decenni. La Lega ha creato una discriminante tra bambini italofoni e non, ma i piccoli nati nel nostro Paese parlano la nostra stessa lingua. Dal momento che Cisint chiede l’intervento di Fincantieri, questi bambini sono considerati cittadini di serie ‘B’”.
Giurissa punta il dito anche sui presidi: “Non ci risulta che siano stati coinvolti i consigli d’istituto in questa scelta. I dirigenti scolastici si sono assunti una gravissima responsabilità: si è creato un precedente significativo”.