Non solo vestiti, gioielli e cosmetici. La fashion blogger più famosa del pianeta, Chiara Ferragni, miss da 13 milioni di follower su Instagram, ora si è buttata a capofitto anche nel mondo dei neonati. Con la nascita del figlio Leone, quattro mesi di vita, i canali social della “blonde salad” sono stati invasi da scatti del piccolo. L’ultima foto, pubblicata poche ore fa, ritrae il baby Leone con una camicia di Moschino. Ma c’è qualcosa che ha fatto infuriare le mamme più social: la sponsorizzazione del latte artificiale per neonati.
Proprio ieri Miss Ferragni ha pubblicato un post, scritto in inglese, per esaltare l’uso del latte non naturale: “Quando sono in viaggio, mi manca enormemente il mio bambino. Mi rassicura sapere che però ha avuto un miglioramento. Solo il meglio per il mio Leo. Ho scelto (marchio) perché è simile al latte materno e è anche la scelta numero uno raccomandata dai pediatri negli USA“, ha scritto mamma Chiara, citando un marchio molto famoso e accompagnando il messaggio dalla parola “advertising”.
Insomma, pubblicità: ormai da mesi è obbligatorio specificare quando un post è nato dalla collaborazione – ovviamente ben retribuita – con un’azienda o un brand ben preciso. Apriti cielo. Le mamme di mezzo mondo hanno cominciato a riempire il post di commenti critici, tanto che poche ore dopo è magicamente sparito dal profilo della fashion blogger.
Il tema del latte artificiale, d’altronde, è sempre stato molto delicato e discusso: sono tante le mamme che lo contestano. E un punto di riferimento globale come Chiara potrebbe far trasparire un messaggio sbagliato. La stessa Organizzazione mondiale della sanità (Oms) consiglia l’utilizzo del latte materno per i primi mesi di vita del neonato. Mentre Altroconsumo nel 2016 ha bocciato 10 prodotti su 13 in quanto composti da contaminanti pericolosi per i piccoli. In più, dal 2009, reclamizzare il latte artificiale per neonati in Italia è illegale: va bene che i Ferragnez si dividono tra il Bel Paese e gli Stati Uniti (dove invece è legale pubblicizzare prodotti di questo tipo), ma diventa difficile stabilire il Paese di competenza per un post pubblicato sui social.