È noioso stare attenti a non distruggerli dopo l’acquisto, ricordarsi di toglierli dal portafogli e poi metterli da parte e, ancora di più, catalogarli per anno. Però bisogna farlo: siamo tutti condannati a conservare gli scontrini se vogliamo essere sicuri di non pagare di più del dovuto. Alle prese con le dichiarazioni dei redditi, per i contribuenti sorgono i primi dubbi, sia davanti al Modello 730 che al Modello Redditi Persone Fisiche (ex Unico). Perché tra i dati inseriti in automatico dall’Agenzia delle Entrate nelle precompilate ci sono anche le spese sanitarie che si sono sostenute nell’acquistare le medicine in farmacia. Ed ecco che sorgono le perplessità: vanno documentate le spese già inserite nella dichiarazione dei redditi? Abbiamo conservato tutti gli scontrini? Ma perché non possiamo gettarli via, visto che ci troviamo davanti a un modello precompilato? “È sempre il contribuente a doversi difendere”, spiega Guido Beltrame, consigliere dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano e delegato per la Commissione diritto tributario nazionale, secondo il quale “conservare gli scontrini è necessario, se non altro per avere un confronto tra quello che si è speso e quanto è stato riportato nella precompilata. In questo modo, almeno, si può decidere sul da farsi”.
COME FUNZIONA – Ma facciamo un passo indietro. Cosa prevede la legge? “L’Agenzia delle Entrate – spiega a ilfattoquotidiano.it il commercialista milanese Oddone Candido – mette a disposizione dei contribuenti una dichiarazione dei redditi precompilata con diversi dati già inseriti: dalle spese sanitarie a quelle universitarie, dalle spese funebri ai premi assicurativi, dai contributi previdenziali ai bonifici per interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica e altro ancora”. Cosa comporta questo tipo di dichiarazione? “Chi accetta online il 730 precompilato senza apportare modifiche non dovrà più esibire le ricevute che attestano oneri detraibili e deducibili e non sarà sottoposto ai controlli sui documenti”. Insomma, con il precompilato, ci si toglie il pensiero: niente verifiche documentali su scontrini, ricevute, fatture, bonifici riguardati le spese relative a detrazioni o deduzioni. Un esonero, è bene sottolinearlo, che vale solo per le spese già inserite dall’Agenzia delle entrate nella dichiarazione precompilata. “In teoria, solo se il dato viene modificato dall’utente – aggiunge il professionista – occorre tenere evidenza di giustificativi. Se vengono modificate le spese mediche, ad esempio, occorrerà avere a disposizione tutti i documenti ad esse riferiti”.
COSA CONVIENE FARE – Se il contribuente modifica o integra una o più voci della dichiarazione precompilata, dunque, la situazione cambia: bisognerà essere pronti a giustificare al fisco le rettifiche apportate. Questo attraverso i documenti relativi, che andranno conservati almeno per cinque anni a partire dall’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi. Cosa conviene fare allora? “Secondo la mia esperienza accade più spesso che il sistema non riporti tutte le spese effettivamente sostenute – spiega Beltrame – piuttosto che il caso contrario”. A questo punto la scelta non può che essere soggettiva: o si accetta il dato dell’agenzia e ci si rende disponibili eventualmente a pagare di più, oppure si apporta la modifica ma, in questo caso ancora di più, è necessario aver conservato gli scontrini. “Devo anche segnalare – conclude Beltrame – che a volte viene richiesto di documentare le spese, anche dopo anni. Non si capisce perché: se è tutto così informatizzato, nel momento in cui il sistema rileva una incongruenza, basta un mese o poco più per chiedere la relativa documentazione”. Spesso invece ci si ritrova a dover cercare scontrini per acquisti di anni prima, con il rischio che siano illeggibili, visto che vengono stampati su carta chimica. “Ai miei clienti suggerisco sempre di far valere i propri diritti: fotocopiare tutto e suddividere per anni – conclude – c’è però chi preferisce qualcosa di più, ma avere la certezza di non dover poi, magari dopo anni, rincorrere le carte”.