“Se non conoscete questa lingua ne possiamo parlare un’altra”. E sotto la giacca spunta una pistola. Sono queste le tecniche della ‘ndrangheta per infiltrarsi nel business dell’eolico al centro dell’inchiesta “Via col vento” che ha portato all’arresto di 13 persone tra imprenditori e affiliati alle cosche Paviglianiti di San Lorenzo-Bagaladi, Mancuso di Limbadi, Trapasso di Cutro e Anello di Filadeflia.
Nell’operazione sono state coinvolte famiglie ritenute mafiose di quattro province e per questo il gip che, su richiesta della Dda di Reggio Calabria, ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare e ha trasmesso gli atti per competenza anche alla Direzione distrettuale di Catanzaro. Tra gli arrestati (sette in carcere e sei agli arresti domiciliari) c’è anche Francesco Scalfaro, il sindaco di Cortale, un piccolo paesino in provincia di Catanzaro.
Stando alle indagini dei carabinieri, coordinati dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Giuseppe Lombardo e dai sostituti della Dda Antonio De Bernardo, Giovanni Calamita e Antonella Crisafulli, il sindaco Scalfaro avrebbe indotto l’imprenditore di Spilinga Giuseppe Evalto (anche lui arrestato), esponente dei Mancuso e referente di zona della Nordex, a promettergli l’assunzione di tre operai quale ricompensa per non aver creato problemi nell’iter amministrativo di approvazione dei lavori del cosiddetto “by pass di Cortale”. Ma quando Evalto e la Nordex hanno ritardato l’assunzione degli operai indicati dal sindaco, ecco che il politico locale arrestato ha chiuso per 10 giorni al transito la strada che dovevano percorrere i camion dell’impresa.
Per la Dda, il primo cittadino di Cortale è sceso “a patti con la criminalità organizzata”. Motivando la decisione di disporre per lui gli arresti domiciliari, il gip Maria Cecilia Vitolla scrive che “la disinvoltura con cui il sindaco Scalfaro conduce da protagonista trattative con esponenti di sodalizi mafiosi induce a ritenere come non si tratti di condotte occasionali, deponendo, di converso, per comportamenti assunti dall’indagato a vero e proprio habitus costituente un allarmante indice sintomatico del pericolo di recidiva”.
Con l’inchiesta “Via col vento”, i carabinieri del comando provinciale hanno fatto luce sulla tentata estorsione alla “Gamesa Eolica Italia srl”. Più in generale, però, gli investigatori sono riusciti a monitorare la fase finale della realizzazione di alcuni parchi eolici come quello realizzato sui Piani di Lopa-Campi di Sant’Antonio (in provincia di Reggio Calabria) quello di Amaroni nel catanzarese, quello di Joppolo (in provincia di Vibo Valentia) e quello di Cutro. In tutti, secondo la Dda, è stata “accertata – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare – l’ingerenza estremamente invasiva della criminalità organizzata in diversi aspetti della costruzione del parco: dall’adeguamento delle arterie stradali attraversate dai mezzi di trasporto eccezionale, all’affidamento del servizio di vigilanza dell’area di cantiere, fino ad arrivare al trasporto ed al posizionamento delle turbine”.
Spesso, inoltre, “i lavori – scrive sempre il gip – erano affidati direttamente ad imprese collegate alle cosche competenti territorialmente”. E quando le cosche non riuscivano a mettere le mani sui lavori con le loro ditte, queste ultime “ottenevano i subappalti”. Chi non faceva lavorare la ‘ndrangheta e non corrispondeva una percentuale sull’importo dei lavori, subiva danneggiamenti e furti di materiale e dei mezzi di cantiere”. In sostanza, “l’affidarsi alle cosche ed ai loro referenti era comunque ‘vantaggioso’ per le società che realizzavano il parco eolico: le cosche garantivano loro un pacchetto ‘tutto compreso’ in cui ai lavori appaltati era associata la ‘sicurezza sul cantiere’ e la risoluzione di ogni intoppo burocratico con le amministrazioni comunali”. Un particolare di questa inchiesta è che nonostante i parchi siano stati realizzati in territori diversi per competenza mafiosa, i carabinieri hanno registrato quella che il gip definisce “una elevata capacità di coesione e collaborazione” tra le cosche “in nome del comune profitto generato dal business delle energie alternative”.
A proposito una figura centrale è stata quella dell’imprenditore Giuseppe Evalto che “si pone come collante tra mondo imprenditoriale e cosche mafiose, risultando un delegato della ‘ndrangheta collettivamente intesa nel settore della costruzione dei parchi eolici”. Il resto, le famiglie di ‘ndrangheta lo avrebbero svolto grazie a “vari imprenditori compiacenti operanti nel settore dei trasporti e del sollevamento della componentistica”. Attraverso questi, gli indagati riuscivano a “monopolizzare il mercato ed ottenere considerevoli cifre di denaro”. Un affare di milioni di euro a cui poi vanno aggiunte le “cifre estorte direttamente alle ditte costruttrici” (tra le quali si annoverano Gamesa, Vestas e e Nordex) e mascherate dietro sovraffatturazioni e pagamenti di indennità in realtà non dovute”. Tornando agli arresti, oltre all’imprenditore Giuseppe Evalto, in carcere sono finiti Antonino Paviglianiti, Rocco Anello, Giuseppe Errico, Romeo Ielapi, Giovanni Trapasso e il boss Pantaleone Mancuso conosciuto con il soprannome di “Luni Scarpuni”. Ai domiciliari assieme al sindaco di Cortale, invece, sono andati Domenico Fedele D’Agostino, Riccardo Di Palma, Mario Fuoco, Giovanni Giardino e Mario Scognamiglio”.
Le tredici persone colpite dal provvedimento del gip, sono accusatr, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, illecita concorrenza con violenza o minaccia e danneggiamento, aggravati dal metodo o delle finalità mafiose, e induzione indebita a dare o promettere utilità. I carabinieri, infine, hanno sequestrato anche 6 imprese per un valore di 42 milioni di euro. Durante le perquisizioni eseguire stamattina dai carabinieri, a casa del sindaco di Cortale sono stati trovati 30mila euro in contanti. “Via col vento”, per il procuratore Giovanni Bombardieri, è un operazione “importante perché dimostra gli interessi della ‘ndrangheta nella realizzazione dei parchi eolici con l’imposizione di lavori per poter svolgere le attività a ditte anche straniere. L’ingerenza delle cosche – spiega – è avvenuta in gran parte del territorio calabrese. L’inchiesta nasce dall’operazione “Ultima spiaggia” contro la cosca Paviglianiti di qualche anno fa. Ci sono intercettazioni in cui l’imprenditore Evalto si pone come interlocutore unico di cinque famiglie unite. Il vantaggio che aveva l’azienda è la risoluzione dei vari problemi. In sostanza era il facilitatore di tutte le pratiche per realizzare un parco eolico”.
“È emerso un rapporto molto stretto – ha sottolineato il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo – tra la cosca Paviglianiti e i Morabito di Africo e i Tegano di Reggio. L’indagine ha puntato a capire qual è l’operatività delle cosche in ambiti nuovi come le energie alternative. Antonino Paviglianiti è espressione della cosca di San Lorenzo e Bagaladi che rientra nella struttura mafiosa che fa capo alla famiglia Iamonte di Melito. L’imprenditore Evalto (che in passato è stato coinvolto in un’altra inchiesta antimafia, ndr) è espressione della ‘ndrangheta unitaria”. Nonostante questo però, ha ribadito il magistrato “Evalto cede rispetto al ruolo del sindaco Scalfaro. Abbiamo sempre più una ‘ndrangheta estremamente portata nella gestione di affari complicati che nel momento in cui ha rapporti con la pubblica amministrazione subisce le condotte di soggetti come il sindaco di Cortale. Purtroppo è un rapporto alla pari. Abbiamo tracce in generale di una relazione costante e continua”.