Decine di uomini sono stati arrestati nello Yemen meridionale dalle forze degli Emirati Arabi Uniti e dalle forze locali che agiscono fuori dal controllo del governo yemenita. Lo denuncia Amnesty International in un report sui crimini di guerra intitolato “Se è ancora vivo lo sa solo Dio”. Nel dossier si parla di decine di casi di arresti, torture e gravi violazioni di diritti umani. La coalizione tra i due stati nacque nel marzo 2015 per combattere il terrorismo, ma secondo Amnesty gli Emirati hanno aggirato il governo locale addestrando varie forze di sicurezza locali, tra cui la Cintura di sicurezza e la Forza di élite, che torturano con scariche elettriche, pestaggi e violenze sessuali gli arrestati.
L’associazione umanitaria ha coinvolto nel proprio report 51 testimonianze di uomini sopravvissuti che vennero arrestati tra marzo 2016 e maggio 2018 nelle provincie di Aden, Lahj, Abyan, Hadramawt e Shabwa e torturati nelle carceri: “Molti di questi hanno trascorso periodi di sparizione forzata e 19 di essi risultano tuttora scomparsi”. Detenuti che poi sono stati rilasciati al termine di lunghi periodi di carcere senza che gli fosse mossa alcuna accusa. “Non voglio mai più vedere quello che ho visto. In quel posto, non vedi neanche la luce del sole. Mi accusavano di qualsiasi cosa e mi picchiavano. Poi, una notte, mi hanno rilasciato dicendo che mi avevano confuso con un’altra persona” dichiara un ex detenuto di Waddah Hall, un famigerato centro informale di detenzione di Aden gestito da un’unità antiterrorismo locale. La maggior parte dei detenuti è stata “accusata” di aver criticato la coalizione a guida saudita e l’operato delle forze di sicurezza appoggiate dagli Emirati.
Secondo Amnesty sono stati perseguitati anche diversi leader locali, attivisti, giornalisti e simpatizzanti e militanti del partito al-Islah, fondato da membri yemeniti della Fratellanza musulmana. Nel mirino anche i parenti di presunti membri di al-Qaeda e dello Stato islamico: persone che inizialmente avevano aiutato la coalizione a guida saudita contro gli huthi e che adesso sono viste con sospetto. Secondo testimonianze oculari, gli arresti avvenivano per strada, sul posto di lavoro, durante terrificanti raid notturni nelle abitazioni e condotti da persone con il volto coperto e pesantemente armate.
Nell’inchiesta sono state riportate anche 75 testimonianze di ex detenuti, parenti di persone scomparse, attivisti e rappresentanti del governo, sono state raccontate anche le disperate e vane ricerche d’informazioni dei familiari delle vittime. Una battaglia portata avanti da madri, mogli e sorelle degli scomparsi che protestano da quasi due anni lungo il percorso tra gli uffici governativi e della procura, le sedi dei servizi di sicurezza, le prigioni, le basi della coalizione a guida saudita e vari altri luoghi per presentare denunce relative ai loro cari. Alcune famiglie hanno riferito di essere state avvicinate da persone che le hanno avvisate della morte in carcere di un loro parente, ma quando sono andate a chiedere conferma alle forze yemenite sostenute dagli Emirati queste hanno negato tutto.
“Crimini di guerra” su cui Amnesty International chiede approfondimenti perché cessino e vengano date risposte alle famiglie degli scomparsi. L’organizzazione chiede anche ai partner degli Emirati tra cui gli Usa di prendere una chiara posizione sulle denunce di tortura, indagando anche sul ruolo del personale statunitense nelle violazioni avvenute. Tutte accuse che gli Emirati Arabi Uniti negano.