A dieci anni dall’ultimo Congresso tenutosi a Palermo, si è appena concluso a Roma (5-7 luglio) l’ottavo Congresso Nazionale Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori dal titolo “Abitare il Paese”, che ha visto la partecipazione di oltre 3000 architetti che si sono riuniti presso l’Auditorium Parco della Musica, progettato dall’architetto e senatore Renzo Piano, grande assente di questi tre giorni di confronto e dibattito.

Il CNAPPC ha avuto il merito di riscrivere il copione del Congresso, superando il mortificante stereotipo corporativo che lo ha relegato, nell’immaginario condiviso, alla mera funzione di megafono nazionale per le rivendicazioni di categoria; attingendo alla sempre vigente lezione di J.F.Kennedy, è stato ribaltato il punto di vista: non ci si è interrogati su cosa i governi  dovrebbero fare per gli architetti, ma cosa gli architetti e l’Architettura – soprattutto in questa fase socio-economica – possano fare per il Paese. Un’impostazione che ha dato un impulso nuovo ad un Congresso che sembrava destinato – come i precedenti – alla replica infruttuosa di istanze inascoltate e di slogan consunti come “competitività e innovazione”.

Il tema proposto –  “Abitare il Paese” – ha chiamato a confrontarsi 55 relatori tra architetti, sociologi, urbanisti, politici, accademici;  invitando gli architetti, assieme alla società civile e alla politica, a prendere parte al cambiamento – un cambiamento non più derogorabile. L’Italia – ha affermato Giuseppe Cappochin, presidente CNAPPC nella sua relazione di apertura – ha bisogno di una politica pubblica per le città per superare l’inadeguatezza della strumentazione urbanistica vigente, il crescente peso della rendita nell’economia urbana e la più grave crisi del dopoguerra del mercato immobiliare: ecco perché il governo delle città deve diventare oggetto prioritario delle politiche pubbliche e del dibattito politico culturale perché quella che stiamo vivendo è una nuova stagione che richiede una grande capacità di pianificazione, di progettazione, di risposte concrete, di investimenti strutturali e non straordinari elargiti a pioggia”.

Male hanno fatto gli esponenti del nuovo governo a non intervenire (presente solo il ministro per i Beni culturali, Alberto Bonisoli) per recepire l’urgenza di una Legge per l’Architettura che favorirebbe una ripartenza del Paese; male ha fatto la sindaca di Roma Virginia Raggi a non essere presente: forse avrebbe finalmente capito che una città non è un condominio da gestire sulle emergenze; male, infine, ha fatto il senatore Renzo Piano a non dare il suo necessario e indispensabile contributo. Quando nel 2013 il Presidente Napolitano lo nominò Senatore a vita, Renzo Piano prese l’impegno di occuparsi del tormentato territorio delle periferie italiane, teorizzandone “il rammendo”: se ne è perso il filo.

Capire come ritrovarlo è un impegno che il senatore Piano potrebbe assumere assieme al Consiglio Nazionale Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori per poter arrivare ad una Legge per l’Architettura.

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