All’alba di venerdì 13 luglio la Polizia ha fatto irruzione nel centro sociale Askatasuna, a Torino, in corso Regina Margherita, per i disordini avvenuti il primo maggio del 2017, quando ci furono alcuni scontri con le forze dell’ordine. Quindici le misure cautelari emesse dal gip, tra cui 9 arresti domiciliari e 6 obblighi di firma in Questura. L’accusa è di resistenza pluriaggravata a pubblico ufficiale.
A svolgere le indagini è stata la Digos. Gli incidenti al corteo si verificarono quando lo spezzone antagonista, composto da circa 200 persone, cercò di raggiungere piazza San Carlo, dove erano in corso i comizi dei sindacati. Gli attivisti incontrarono uno sbarramento delle forze dell’ordine e dal loro gruppo partì un fitto lancio di uova, pietre e bastoni. Sui social network, Askatasuna definisce l’iniziativa della polizia una “grossa operazione repressiva. Una procura travolta dagli scandali – si legge su Facebook – sostiene un’operazione tutta politica contro chi in questi anni ha rappresentato l’unica voce di dissenso nella nostra città, la Questura fa la vittima dopo che ogni primo maggio cerca lo scontro con i manifestanti invisi al Pd e Salvini si toglie qualche sassolino dalla scarpa contro chi in questi anni ha contestato ogni sua apparizione pubblica mentre la sinistra cittadina chiedeva di restare a casa per non dargli visibilità”.
“Quel giorno – scrive Askatasuna – il nostro solo obiettivo era entrare in piazza per far sentire un voce contraria ed evitare che la manifestazione del Primo maggio fosse l’esclusiva da organizzazioni che più nulla hanno a che vedere con la difesa dei diritti dei lavoratori. La procura, per giustificare gli arresti, dice che lo spezzone sociale era ‘estraneo alla manifestazione e ai valori da esse espressi’. Rivendichiamo con forza che sono le burocrazie sindacali e il Pd a essere estranei alla festa dei lavoratori e ai suoi valori”.
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