Prezzi poco trasparenti, pratiche commerciali sleali, condizioni di utilizzo non conformi al diritto europeo: queste le accuse mosse dalla Commissione europea ad Airbnb. La società ha poco tempo – fino a fine agosto – per presentare alla Commissione e alle autorità per la tutela de consumatori dell’Ue delle proposte di adeguamento. Nel caso queste non siano ritenute sufficienti, potrebbe essere avviata “un’azione coercitiva“.
La direttiva sui diritti dei consumatori del 25 ottobre 2011 stabilisce che il prezzo di beni o servizi offerti deve comprendere – ed essere comunicati in anticipo – il costo di eventuali tasse e costi aggiuntivi. Nel caso in cui questi ultimi non possono essere calcolati in anticipo, il consumatore deve essere messo al corrente del possibile sovrapprezzo. Queste sono alcune delle norme che, secondo la Commissione, Airbnb non rispetterebbe, specialmente nel modo in cui presenta le informazioni sui prezzi nel proprio sito, dopo una prima ricerca iniziale. In aggiunta, da Bruxelles precisano che è necessario che la società che gestisce affitti online deve specificare anche quando l’offerta è fatta da un privato o da un professionista, perché potrebbero cambiare alcune norme relative alla protezione dei consumatori.
Vera Jourová, commissaria Ue per la Giustizia, i consumatori e la parità di genere sottolinea che “la popolarità non può essere una scusa per non conformarsi alle norme Ue di tutela dei consumatori”. E prosegue: “I consumatori devono capire facilmente quanto e per che cosa devono pagare quando acquistano servizi e nei loro confronti vanno applicate regole eque, ad esempio sull’annullamento dell’alloggio da parte del proprietario. Mi aspetto che Airbnb possa presentare rapidamente soluzioni adeguate“.
Intanto in Italia la società è ancora impegnata in una serie di ricorsi per la cosiddetta “tassa Airbnb“, introdotta lo scorso anno con la Manovra correttiva: per affitti al di sotto dei 30 giorni, invece che versare semplicemente l’Irpef sulla somma percepita, gli intermediari devono optare per la cedolare secca del 21%. Airbnb aveva fatto ricorso al Tar del Lazio, che aveva respinto le richieste cautelari della società. Dopo che anche il Consiglio di Stato ha rigettato la richiesta per questioni di competenza di merito, la società è attualmente in attesa di una nuova udienza al Tar, prevista per fine anno.