“Non li puoi denunciare, perché poi dopo passi i guai. Questi sono vendicativi. Sono quindici anni che ho paura di questa gente. Ti ci devi mettere d’accordo e basta”. E un altro: “Non mi rompessero il cazzo che devo andare a testimoniare lì davanti, io non vado da nessuna parte”. Terrore diffuso, altro che folclore. È il clima che emerge dalle parole delle vittime dei Casamonica nelle intercettazioni, confermato da Massimiliano Fazzari, il collaboratore di giustizia originario di Rosarno che ai pm dice: “Sono come la ‘ndrangheta, sono tanti”.
Diversi gli episodi emersi dalle indagini, come la minaccia di incendiare un pub “concorrente” del Quadraro, le botte inferte a un debitore a cui viene anche sequestrato “in pegno” un motorino o le intimidazioni all’orchestra durante il funerale di Vittorio Casamonica del 25 agosto 2015, costretta a suonare la musica de Il Padrino al grido di “qui comandiamo noi”. È stato il “prestigio criminale” dei clan sinti a determinarne il “successo” nella capitale, vantato e diffuso dagli stessi appartenenti al clan, ostentato attraverso lo sfoggio di armi e oggetti di grande valore. Fra leggende e realtà, “tutti i romani sanno chi siamo e tutti lo devono sapere”. “Sono degli animali e squartano le persone, lo sanno tutti, sparano in testa”, ripetono alcune vittime, spaventate,nelle intercettazioni. “Nessuno di loro ha denunciato. Anzi, alcuni di loro hanno anche fornito certificazioni false”, scrive il gip Gaspare Sturzo nell’ordinanza.
IMPRENDITORI E VIP – Decine le persone di ogni estrazione sociale cadute nelle grinfie dei Casamonica. Alcuni sono anche nomi noti. Il caso più eclatante è quello di Marco Baldini, il noto speaker radiofonico ex spalla di Fiorello a Radio 2, il quale ha ricevuto un prestito di 10.000 euro ed è stato costretto a restituire, per il tramite dell’imprenditore aquilano Enrico Migliarini, la bellezza di 600.000 euro, ad un tasso annuo che ha raggiunto quota 1000 percento. Baldini e Migliarini sono nell’elenco degli imprenditori insieme a Maurizio Viola, Cataldo Di Bartolomeo, Luca Di Bartolomeo, Simone Coppola, Patrizia Scano, Domenico Dell’Orefice. “Sentiti come informate sui fatti” , secondo gli inquirenti, “hanno preferito dichiarare il falso piuttosto che rendere dichiarazioni a carico dei Casamonica”. Altro nome noto è quello di Luciano Corsi Zeffirelli Bacchielli, figlio adottivo del regista Franco Zeffirelli, costretto a restituire i 30.000 euro ottenuti ad un tasso del 30%. “È importante sottolineare – si legge ancora nelle carte – che le poche persone offese che hanno fornito un contributo utile alle indagini lo hanno fatto previa contestazione di alcune conversazioni e, subito dopo, in preda ad un vero e proprio terrore” in seguito al quale “hanno cercato di mettersi in contatto con i Casamonica per ridimensionare, agli occhi di questi, la portata di quanto accaduto e per scongiurare ritorsioni fisiche ai loro danni”, come avvenuto per Zeffirelli jr e Marco Alabiso. Un altro imprenditore, Fabio Sulpizii, aveva chiesto che fosse messo a verbale “il timore di ritorsioni da parte di soggetti appartenenti dalla famiglia Casamonica” e il fatto di temere “per la mia incolumità e per quella dei miei familiari”. Situazione cui sono seguite, dopo pochi giorni, presunte intimidazioni a un suo “conoscente proprietario di un bar sito in piazza Re di Roma”, “contattato da un familiare di Pasquale Casamonica, il quale gli ha riferito di non frequentare il Sulpizii”.
IL RACKET DEI LOCALI – Il business estorsivo dei Casamonica si concretizzava anche con la gestione più o meno fittizia di locali e discoteche, nelle quali subentravano anche in seguito a episodi di usura e racket. Come riferito dalla testimone di giustizia Daniela Cerreoni, Massimiliano Casamonica, ad esempio, era “a disposizione” della discoteca O.M. Club ex Marylin, in via Libetta (Ostiense) nota zona della movida capitolina, all’interno della quale era entrato Guerino Casamonica, figlio del boss Giuseppe. La società Triss srl, appartenente a Daniele Laurito e Giuseppina Di Marzio era stata ceduta al 33% al clan, per un valore pari ad un debito che i due imprenditori avevano contratto in precedenza. Non si erano ancora creati gli stessi presupposti, invece, per il pub Sotto Sopra, al Quadraro, al cui proprietario, Riccardo Lupi, Salvatore Casamonica – secondo la procura – avrebbe offerto “protezione” previo la corresponsione di 500.000 euro a settimana, dietro minaccia di dare fuoco al locale. Racconta Lupi agli inquirenti: “Mi è stato riferito da un mio dipendente – si legge – che era stato avvicinato da un uomo appartenente alla famiglia Casamonica, il quali gli riferiva che a causa del disturbo che gli creavo con gli avventori del locale che si fermavano sulla piazza, lui non poteva svolgere la propria attività illecita, quindi aveva delle perdite economiche, in quanto vi erano più controlli da parte delle forze dell’ordine”. Infine, secondo il testimone Fazzari, i Casamonica “hanno sempre a che fare con il Palacavicchi”, nota discoteca di Ciampino, della quale “Luciano Casamonica si occupa anche della sicurezza”.
La società Roma Eventi e Congressi Srl, che gestisce il Palacavicchi e lo stesso Signor Cavicchi precisano di non conoscere e di non aver mai conosciuto il Sig. Fazzari. Precisano, inoltre, che il Sig. Luciano Casamonica non si è mai occupato della sicurezza del Palacavicchi o di altre società del Gruppo controllato dal Sig. Cavicchi. Quest’ultimo ha presentato più volte esposti e denunce per danni o altro da parte di soggetti Rom che non si esclude fossero connessi ai soggetti indicati.
Prendiamo atto della precisazione, ribadiamo di aver riportato le dichiarazioni rilasciate dal collaboratore di giustizia Massimiliano Fazzari agli inquirenti, durante l’interrogatorio del 25.11.2016
V.B.