Sorvoliamo momentaneamente, visto il caldo e la stagione vacanziera, sui pur stimolanti pittori dell’avanguardia russa, che si possono visitare più velocemente, utilizzando magari il “metodo sticazzi”, onde evitare il rischio dell’Alberto Sordi di “Vacanze intelligenti”. Sono ragguardevoli, scherzi a parte, le opere esposte di Iouri Pen, primo maestro di Chagall, El Lissitzky, Kazimir Malévitch, Natalia Goncharova, Vassily Kandinsky e altri.
Vogliamo invece concentrare la nostra attenzione su Chagall, il pittore dell’amore come forme che volano (parafrasando indegnamente Ezio Raimondi su Longhi), che ci accoglie già all’ingresso della mostra parigina con sua moglie Bella Rosenfeld, entrambi rappresentati nell’opera principale dell’esposizione, Au-dessus de la ville (Sulla città. 1914-1918), mentre fluttuano nel sogno, abbracciati, sui tetti di Vitebsk in Bielorussia.
Il quadro è notevole, anche se non è il più famoso e Chagall vi dipinge, ancora una volta, l’amore come coppia volante, come sogno e fiaba. Molti ricorderanno il più famoso La passeggiata, diventato anche un francobollo della Bielorussia, dove lui, piedi penduli come un bambino felice, tiene per mano lei fluttuante nell’aria, come fosse un seducente palloncino eliostatico. Amore come forme che volano, perché i corpi degli innamorati, sospesi, placidi nello spazio, rappresentano il distacco terreno, il supremo desiderio di fuga dalla realtà, dalla vita quotidiana, nonché il sentimento amoroso allo stadio superiore dell’amore platonico, quello iperuranico e “gassoso”. Volano sospesi nel cielo sopra i villaggi della Bielorussia, dove si trova la città natale di Chagall, Vitebsk, e dove Bella e Marc si sono incontrati e innamorati la prima volta.
Chagall piace a tutti. È come la Banana Yoshimoto degli anni Novanta in letteratura: è ecumenico. Anche chi non è pratico di mostre pittoriche e non conosce la storia dell’arte, forse lo capisce, certamente lo apprezza. Sarà perché parla soprattutto d’amore e raffigura le cose semplici della vita quotidiana, con uno stupore che si potrebbe dire con un po’ di audacia pascoliano. Racconta quella specie d’amore trasognato e da favola, che ti porta via, al di sopra degli orrori e degli oltraggi della realtà e della vita adulta. In uno stile pittorico tutto suo, semplice e diretto, attento e allo stesso tempo sordo a tutto quello che accade nel mondo dell’arte di quegli anni rivoluzionari, dal fauvismo, al cubismo e poi al futurismo.
Ha scritto Giovanni Arpino che tutti possono amare Chagall perché quello che svela è un mistero comprensibile: “Crea una giostra di elementi che un bambino, un deficiente, un genio, un sofista, un bruto, un colto, un ignaro debbano in ogni caso accogliere. Chi non ama gli oggetti cari a Chagall?” e chi non ama l’amore come lo raffigura Chagall, aggiungiamo noi. Chi non ha mai provato o chi non desidera provare quel sentimento popolare che nasce da meccaniche divine, come canta il maestro Battiato e lasciarsi rapire in volo “mistico e sensuale” dal proprio amato? E chi non si sentirebbe spinto, una volta innamorato, ad essere migliore? Ma poi davvero l’amore rende migliori? Bisognerebbe chiederlo a Battiato.
Vale la pena, a questo proposito, leggere nei diari sentimentali di Bella Rosenfeld Chagall (Stampa Alternativa) il primo incontro con Marc (Bella Chagall, Come fiamma che brucia, Donzelli). Ci sono 68 disegni di Chagall e una sua appassionata postfazione. Chagall chiede a Bella se le piace il suo quadro: “Oh! È bello. È bello come sei volato via… lo chiameremo il Compleanno… Il tuo cuore si placa. Tornerai domani? Dipingerò un altro quadro e voleremo via”. Comincia così semplicemente da Vitebsk, al tempo delle avanguardie russe, la storia d’amore volante fra Bella e Marc, un volo durato una vita che si interromperà bruscamente solo nel 1944 con la morte di lei. Nella sua autobiografia, scritta in russo tra il ‘21 e ‘il 22, tradotta da Bella in francese a Parigi nel ‘31 con il titolo “Ma vie” (in Italia edita da SE), Chagall racconta dell’amore con Bella con parole che sembrano essere pennellate di un quadro, come se fosse la trasposizione scritta del sopracitato dipinto parigino Sulla città: “Una casa coi tetti di legno a Vitebsk e poi una soffitta a Parigi sono il mondo intero, il massimo paradiso possibile, la felicità e la malinconia, il vero e il sognato, ciò che è e ciò che è passato, e sempre senza rimedio”.
Ps. Se si va di salire su in alto, come le anime belle e innamorate di Chagall, utilizzate le scale mobili del centre Pompidou fino al 6 ° piano. Al ristorante Georges troverete un servizio smart ma accurato, si mangia nella media, ma la vista a 360° sulla città è strepitosa. Potrete fingervi due personaggi dei quadri di Chagall e magari sognare la vostra personale fuga d’amore volante, nuotando nell’aria (cit. Marlene Kuntz) sui romantici tetti di Parigi.