Un piccolo sconto di pena ma la conferma della confisca degli ormai famosi 49 milioni di euro, frutto della ipotizzata truffa ai danni dello Stato da parte dell’allora Lega Nord. La richiesta del sostituto pg di Genova, Enrico Zucca già pm dell’inchiesta sulla Diaz nei giorni del G8, arriva a due settimane dal verdetto della Cassazione sulla legittimità della confisca stessa. “Nei conti della Lega c’era un caos totale, ma non si trattava di un caos primordiale e creativo, bensì di un caos voluto e funzionale a consentire ciò che è accaduto” sottolinea Zucca che ha chiesto un anno e 10 mesi e una multa di mille euro per l’ex segretario Umberto Bossi che era stato condannato in primo grado a due anni e sei mesi. L’accusa ha inoltre la condanna dei tre ex revisori, Diego Sanavio, Antonio Turci, a due anni e ottocento euro di multa (in primo grado 2 anni e ottomesi) e Stefano Aldovisi a un anno e tre mesi e 500 euro di multa (un anno e nove mesi).

Prescritto il caso di truffa del 2008, pg chiede pene più basse
Le richieste della procura generale sono più basse rispetto alla condanna di primo grado a causa della prescrizione di una parte dei fatti contestati come truffa aggravata e relativi all’anno 2008. Cuore del processo i rimborsi elettorali ai danni del Parlamento messa in atto tra il 2008 e il 2011 secondo l’accusa falsificando rendiconti e di fatto il bilancio. Zucca si è riservato di concludere per l’ex tesoriere Francesco Belsito in attesa della scadenza dei termini per la Lega di Matteo Salvini di presentare querela, come richiesto dalla nuova formulazione del reato di appropriazione indebita. I termini scadranno intorno ai primi di settembre: in assenza di querela l’appropriazione indebita decadrà e per l’ex tesoriere resterà in piedi solo il reato di truffa aggravata. In primo grado Belsito era stato condannato a 4 anni e 10 mesi.

La procura di Genova, per risarcire lo Stato, ha potuto sequestrare sui conti della Lega quanto trovato, circa 3 milioni, ma aveva chiesto il sequestro anche delle somme che confluiranno sui conti del Carroccio. Il Riesame aveva detto di no ma nei giorni scorsi la Cassazione ha dato ragione agli inquirenti e il Riesame deve di nuovo pronunciarsi. Il pg nella requisitori ha ricordato come il quadro del processo “sia già stato modificato e lo sarà ancora dalla prescrizione nonostante i pm non si siano certo tenuti i fascicoli nel cassetto” e dalle intervenute modifiche normative rispetto al reato di appropriazione indebita di cui è accusato Belsito e che prevede l’obbligo di querela, in questo da parte dell’attuale numero uno del Carrocci.

Il pg nel suo intervento ha sottolineato la “titubanza dei giudici di primo grado rispetto alla confisca globale dei proventi profitto di reato” in quanto il tribunale di Genova aveva decretato che le uniche somme sequestrabili erano quelle trovate nelle casse del partito al momento dell’esecuzione del provvedimento e non quelle che fossero sta depositate successivamente come invece richiesto dalla Procura e su cui a giugno si è espressa favorevolmente la Cassazione. Su questo passaggio è atteso un nuovo pronunciamento del Tribunale del Riesame.

Fondi Lega, legittimo sequestro conti Toscana
Proprio dal Tribunale del Riesame è arrivata una decisione su un altro capitolo della stessa vicenda. C’è una continuità patrimoniale tra la Lega federale e la Lega Toscana per cui il sequestro di 16mila euro da parte della Guardia di finanza di Genova (nell’ambito della ricerca di 49 milioni da confiscare), è legittimo. Come ha sottolineato la Procura di Genova nell’udienza che si è tenuta ieri la “continuità” viene in particolar modo dimostrata da una “successione a titolo universale” di 26mila euro che la Lega, tre anni fa, al momento dell’approvazione del nuovo statuto, versa alla Toscana per proseguire l’attività politica territoriale. Il pronunciamento del Riesame potrebbe essere un precedente giurisprudenziale decisivo per consentire alla procura di Genova di “aggredire” i soldi contenuti nelle casse delle altre diramazioni territoriali del partito di Salvini, ma affinché i sequestri ripartano in ogni caso occorre attendere un nuovo pronunciamento del Riesame per la confisca dei soldi al Carroccio anche di provenienza futura.

La storia dell’inchiesta e perché è stata decisa la confisca
Ma chi si chiede perché il Tribunale di Genovacondannando un anno fa Bossi&co per truffa aggravata allo Stato, abbia deciso la confisca di oltre 49 milioni di euro, è importante spiegare che non si tratta solo del pasticciaccio brutto dei soldi del partito spesi per “The family”: dalle mutande del Senatur alle multe e lauree del Trota (per cui a Milano c’è stata una sentenza di condanna in primo grado), ma della violazione delle leggi per l’erogazione di quelli che vengono chiamati “rimborsi elettorali” come si legge nelle 130 pagine delle motivazione della sentenza di condanna emessa a Genova un anno fa. E poco importa ai giudici che dalle casse del Carroccio sia usciti, tramite i magheggi del tesoriere Francesco Belsito, nel quadriennio 2008-2011, 2 milioni 598mila euro non autorizzati né giusticati.

Quello che conta è che alla Camera e al Senato, furono presentati rendiconti falsi basati, stando ai consulenti della procura, su “macroscopiche e numerosissime irregolarità contabili“. E grazie a quei documenti il partito che fu guidato da Bossi, che firmava i bilanci, ed è oggi guidato da Matteo Salvini che lo ha ricandidato e a Pontida 2018 lo ha pubblicamente ringraziato, ottenne in totale quasi 76 milioni di euro per gli esercizi del 2008, del 2009 e del 2010. La legge 157/99 (poi sostituita dalla 96/2012), stabiliva che la liquidazione dei fondi (costituiti dai contributi volontari effettuati tramite destinazione del 4 per mille e parametrati al numero di voti ottenuti) fosse subordinata alla regolarità del rendiconto. Che doveva essere sottoscritto dal legale rappresentante o dal tesoriere, doveva essere accompagnato da una relazione del tesoriere sulla situazione economico patrimoniale del partito e sull’andamento della gestione nel suo complesso.

Al rendiconto doveva essere allegata una nota integrativa (atti, tutti, da stilarsi secondo modelli predefiniti, allegati alla legge) e la stessa legge stabiliva l’obbligo di regolare tenuta del libro giornale e del libro inventari e di conservazione, per almeno cinque anni, della documentazione di rilevanza amministrativa e contabile: quindi, pezze giustificative, estratti conto. Il comma 12 prevedeva che il rendiconto doveva inoltre essere accompagnato da una relazione dei revisori dei conti.

I giudici: “Inferta ferita all’andamento della vita parlamentare”
Nelle motivazioni della sentenza di primo grado ifalsi e la truffa allo Stato, per i giudici, sono provati e “poiché i cosiddetti rimborsi elettorali sono parametrati ai voti ottenuti e cioè a quello che rappresenta il partito nella vita politica, lo scopo del rendiconto e della disponibilità delle pezze giustificative è quello di rendere trasparente e verifìcabile quello che è l’agire del partito nello svolgimento della vita politica: solo da un rendiconto veritiero, completo e trasparente consegue la possibilità di controllare che il denaro del partito, ivi compresi i rimborsi pubblici, non sia stato impiegato a fini illeciti (per corrompere, per fare compravendita di voti, o altre iregolarità) ai quali – per usare le efficaci parole di un difensore ‘la mano pubblica si ribella’”. Per i giudici “è pacifico che il movimento Lega Nord per l’indipendenza della Padania abbia percepito, attraverso l’accredito sui conti correnti a esso intestato, il profitto dei reati commessi dai suoi rappresentanti, Bossi e Belsito, con il concorso di Aldovisi, Turci e Sanavio (i revisori, ndr)”. E in base all’articolo 322 ter del codice penale in caso di condanna va “ordinata” la confisca. Senza dimenticare “il vulnus inferto al corretto andamento dell’attività parlamentare nella gestione di risorse pubbliche finalizzate a favorire il corretto esercizio della vita democratica, di cui i partiti e Parlamento sono diretta espressione”.

La nuova inchiesta per riciclaggio
In attesa degli esiti del processo di secondo grado un’altra inchiesta su quei soldi è stata aperta sempre a Genova. 
A gennaio scorso l’ex revisore Aldovisi si è presenta in procura a Genova a dire la sua sulla gestione di Maroni e Salvini e da allora gli inquirenti indagano per riciclaggio. Un’inchiesta che solo nei giorni scorsi è diventata di dominio pubblico quando i pm liguri hanno ordinato una perquisizione nella sede della banca Sparkasse a caccia di conti e del presunto tesoro. Per Salvini i soldi non ci sono perché sono stati spesi in 10 anni come del resto sembrano confermare gli stessi giudici. I magistrati nelle motivazioni della sentenza ribattono alla difesa Bossi, secondo cui non si sarebbe potuto procedere a confisca perché non più nella disponibilità della Lega, sottolineando che è vero che i soldi non ci sono più, ma anche se è una “circostanza compravata dalla produzione dei bilanci successivi a quelli del triennio 2008-2010 che evidenziano disavanzi di esercizio; si osserva, in primo luogo che un disavanzo di bilancio non corrisponde necessariamente a mancanza di disponibilità liquide…”. Per i giudici di Genova quindi la confisca è comunque consentita e lo è anche per le toghe della Cassazione che hanno stabilito che i soldi vanno sequestrati ovunque siano. Ed è per questo che la procura di Genova ha nominato come consulenti nei giorni scorsi gli ispettori della Uif, Unità di informazione finanziaria di Bankitalia.
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