Pochi sanno che negli ultimi anni del suo episcopato partenopeo il cardinale Michele Giordano aveva maturato l’idea di proporre a tutti i vescovi della Campania (la regione italiana col maggior numero di diocesi) di abolire i loro settimanali per fondare un unico grande giornale. Una sorta di “Avvenire campano”, come lo definì lo stesso porporato, che facesse da collegamento tra tutte le diocesi delle regione. Idea senz’altro lungimirante che voleva combattere l’autoreferenzialità alla quale sono inevitabilmente costretti i settimanali diocesani, con le foto e le notizie sulle attività del proprio vescovo dalla prima all’ultima pagina.
Come ogni “rivoluzione”, però, la proposta del cardinale Giordano non ebbe seguito soprattutto perché essa contrastava il narcisismo di quei presuli che amano “specchiarsi” sulle pagine dei loro giornali. Poco importa se siano effettivamente letti oppure no. Un’idea, quella del cardinale Giordano, che era stata preceduta da un’altra “fusione”, quella della guida liturgico pastorale: una sola per tutte le diocesi della Campania. Ma al narcisismo dei vescovi è difficile dire di no.
L’idea dell’allora arcivescovo di Napoli, davvero profetica se la si riprende nell’attuale tempo dei social, torna a vivere nel prezioso volume di Angelo Scelzo intitolato La questione meridionale del quotidiano cattolico (Edizioni Santuario di Pompei). Scelzo – che in oltre 30 anni di carriera è stato protagonista della comunicazione dei media vaticani, da L’osservatore romano con Mario Agnes, a cui è dedicato il libro, al Grande Giubileo del 2000, al Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali fino alla Sala Stampa della Santa sede – ripercorre l’arrivo di Avvenire nel Sud Italia e lo fa in occasione dei 50 anni del quotidiano della Conferenza episcopale italiana.
Un documento storico è l’editoriale pubblicato sulla prima pagina del giornale l’8 aprile 1972. “Da oggi – si legge – Avvenire viene stampato contemporaneamente a Milano e a Pompei: diventa così l’unico quotidiano italiano che può raggiungere simultaneamente i propri lettori di tutta Italia fin dalle prime ore del mattino”. Scelzo sottolinea che “meno di quattro anni dopo l’uscita del primo numero del quotidiano cattolico nazionale, Avvenire Sud realizzò il completamento del progetto di Papa Paolo VI, che aveva voluto dare alla Chiesa italiana, impegnata nella costruzione del rinnovamento conciliare, un organo di informazione autorevole e moderno, capace di parlare ai cattolici e all’intera società, con una voce unica ma in grado di riflettere e amplificare la pluralità reale di un mondo differenziato geograficamente e culturalmente”.
Tutto questo sembrerebbe soltanto appartenere alla storia, ma non è così. La vicenda di Avvenire Sud ha, infatti, tanto da insegnare a chi oggi è chiamato a operare nel difficilissimo meccanismo della riforma dei media vaticani. Nei suoi primi cinque anni di pontificato Papa Francesco ha messo in cima ai problemi da affrontare proprio il ripensamento di tutti i mezzi di comunicazione della Santa sede. Una scelta, quella di Bergoglio, che si è affiancata agli altri due capitoli chiave di altrettante riforme: quella economica e quella del contrasto alla pedofilia del clero con le gravissime omissioni di molti vescovi.
Dopo cinque anni di pontificato l’orologio della riorganizzazione dei media vaticani riparte da zero con la nomina del nuovo prefetto del Dicastero per la comunicazione, Paolo Ruffini, primo laico a capo di un organismo della Curia romana. Finora la riforma è deragliata su due binari. Da un lato quello di un accorpamento immediato di realtà che nella loro storia non hanno mai dialogo tra loro, come Radio vaticana, il Centro televisivo vaticano e perfino la Sala stampa della Santa Sede da sempre alle dipendenze della Segreteria di Stato.
Dall’altro le dimissioni del primo prefetto dell’allora Segreteria per la comunicazione, monsignor Dario Edoardo Viganò, reo di aver taroccato una lettera di Benedetto XVI. Il compito di Ruffini è tutt’altro che facile anche perché riportare la riforma dei media vaticani sui binari giusti, come vuole il Papa, non è né facile, né immediato. Ma l’esperienza di Avvenire Sud, davvero un miracolo per la comunicazione dell’epoca, è un esempio di cui fare tesoro.